A stare agli atti, (vedi la Direzione regionale del Pd di sabato), e ai fatti, (vedi il Patto per la “città metropolitana di Cagliari” concordato dal Governo con Zedda) sembra che la riforma degli enti locali sia ormai alle nostre spalle. Sembrerebbe. Purtroppo.
Che sia un destino compiuto, una decisione aperta, o l’annuncio di una battaglia che inizia, conviene fermarsi un momento per capire e valutare un pò meglio la cosa.
Non penso al giudizio sul suo rilievo complessivo da tutti considerato giustamente storico. Penso invece a quello sulle sue distinte componenti. Bene riorganizzare l’assetto interno della nostra comunità regionale incoraggiando i comuni ad associarsi autonomamente in unioni. Non invece riconoscere tra queste unioni ad una e ad una sola il titolo, la funzione e i poteri che a nessun altra sono riconosciuti.
Conviene essere chiari. Che all’interno della nostra isola Cagliari disponga di quel primato che normalmente è associato alla città capoluogo è fuori discussione. E lo stesso deve dirsi per la qualità del suo profilo urbano.
Ma da qui al riconoscere a Cagliari il profilo sociale di Metropoli ce ne passa.
Attribuire a Cagliari e solo a Cagliari la qualifica di Città Metropolitana non potrebbe mai farne una Metropoli, ma può contribuire a fare un deserto del resto della Sardegna.
La verità è che dietro il riconoscimento di Cagliari come unica Città Metropolitana sta in troppi la scelta di trasformare quello che finora appariva solo come uno spontaneo processo, in un deliberato progetto.
Se è così, si abbia allora il coraggio di dirlo. Non basta dire: se una Città Metropolitana ci deve essere quella non può essere che Cagliari, perchè solo Cagliari ha una densità sufficiente. Si dica: è bene che la Sardegna disponga non di una Città Metropolitana, ma di una vera Metropoli. Approfittiamo della occasione che ci viene offerta dal nuovo disegno costituzionale, che ci consente di istituire una Città Metropolitana per concentrare in un polo solo il massimo della popolazione, il massimo delle risorse, e il massimo delle strutture perchè interagendo tra loro virtuosamente portino i sardi e la Sardegna nel Nuovo Mondo, perchè il Mondo Nuovo è fatto di Metropoli o, come dicono gli scienziati sociali di “città globali”.
A chi, come me, non lo condivide, sarebbe finalmente possibile confrontarsi a viso aperto con quel processo che va trasferendo ogni giorno di più a Cagliari funzioni enti e risorse e impoverendo di vita e di vitalità il resto della Sardegna.
E ci faremmo anche una ragione della scelta di concentrare in quella che è di certo la posizione geograficamente più eccentrica, come in nessun’altra regione, funzioni e servizi che dovrebbero essere allocati in una posizione equidistante da tutte le componenti della nostra comunità regionale.
Una scelta in totale controtendenza dalle scelte di altre Regioni. Si guardi alla Sicilia con le sue 3 città metropolitane. Si guardi alla Calabria che pur prevedendo Reggio Città Metropolitana si guarda bene dal mettere in discussione il policentrismo che riconosce a Catanzaro la funzione di Capoluogo. Senza considerare il Friuli Venezia Giulia che, pensando ai contraccolpi interni, si è ben guardato dal chiedere per Trieste, già capoluogo, lo statuto di Città Metropolitana.
E ci faremmo infine anche una ragione del rischio che l’istituzione di una Città Metropolitana, e ancor più di una sola, apra un processo di divaricazione con lo stesso Ente Regione visto, che nel nuovo ordinamento essa non è una articolazione organizzativa interna alla Regione ma un’articolazione costituzionale della Repubblica che interagisce direttamente con soggetti nazionali ed europei ad essa esterni.
Ma per svolgere queste ragioni, e confrontarle con le contro ragioni, di tutto avremmo bisogno all’infuori di questo diktat che con la scusa infondata di scadenze perentorie vuole costringerci a fare delle scelte che decideranno del futuro dei nipoti dei nostri nipoti.