ROMA – “L’invito che mi hanno recapitato a tempo scaduto è stata una sciatteria colposa. Però mi ha tolto dall’imbarazzo perché alla festa del Pd sarei andato, ma con la faccia triste”. Arturo Parisi, ideatore dell’Ulivo e fondatore con Prodi del Pd, è stato uno dei grandi assenti all’anniversario del partito. Critica aspramente la nuova legge elettorale Rosatellum e avverte: “Il centrosinistra è un progetto ormai concluso, superato. Non temo un inciucio dopo il voto, ma alleanze che con il centrosinistra non hanno più nulla a che vedere”. Testardamente comunque voterà Pd.
Professor Parisi, Renzi l’ha delusa o è ancora disposto a sostenerlo?
“Non è il gioco “m’ama-non m’ama. Io semplicemente non condivido il modello di legge elettorale alla quale il Pd ha associato il suo nome. A deludermi è stato tutto il partito”.
Dieci anni di Pd si sentono tutti. Siete partiti dalla fusione di Ds e Margherita e siete arrivati alle scissioni.
“Diciamo che quei due partiti si sciolsero per consentire la nascita di un altro che si voleva e si diceva “nuovo”. Ma nel solo fatto che dopo dieci anni si può presentare ancora il Pd come la somma di Ds e Margherita, e questi come la reincarnazione di Pci e Dc, sta la risposta del ritardo di oggi. Del ritardo nell’incontrarsi e nei continui addii”.
Lei ha portato la sua “tenda” come Prodi lontano dal Pd?
“Di Prodi so solo che la sua tenda è, come ha detto, arrotolata nello zaino come di chi si sente in marcia. Lungo lo stesso sentiero che dall’Ulivo ci portò al Pd come avanguardia di tutto il campo di centrosinistra dentro una nitida competizione col centrodestra per il governo. Di me posso solo ripetere che per la nostra democrazia il Pd è una cosa troppo importante perché lo si possa lasciare solo nelle mani dei dirigenti di turno. Si chiamino Veltroni, Bersani o Renzi, che scelsi sperando che mettesse la sua nuova novità al servizio del paese”.
Renzi resta per lei il candidato premier?
“Nella misura in cui quello che io ritengo null’altro che un apparentamento elettorale e che lui chiama coalizione, sia veramente una coalizione, anche gli altri rivendicheranno il diritto di dire al riguardo qualche cosa”.
Ha detto che vedere i parlamentari del Pd festeggiare l’ok al Rosatellum equivale al brindisi per la sconfitta al referendum costituzionale fatto dagli ex dem di Bersani: perché?
“Sì, lo ripeto, un lutto. E per me una provocazione come fu quel brindisi per Renzi e per tutti coloro che come me si erano riconosciuti nella battaglia per il Sì. Un lutto a causa della loro festa. Una festa che chiamava vittoria quella che ritengo la più cocente sconfitta, dando alla legge il nome del più autorevole dei suoi parlamentari e rivendicando la guida della conduzione dell’impresa “.
Con Veltroni leader sarebbe più facile ricostruire il centrosinistra?
“Che come persona Walter sia un leader inclusivo e accogliente è fuori discussione. Peccato che Veltroni abbia associato il suo cognome a quella rottura di continuità che ha proposto il Pd come l’unico partito del centrosinistra come se fossimo in un sistema bipartitico – la vocazione maggioritaria – e non come avanguardia di tutto il campo di centrosinistra in un sistema bipolare”.
Il centrosinistra è un progetto ormai concluso?
“Purtroppo sì. Superato. Prima che la risposta, la legge Rosato ha cancellato la domanda. Il quesito che l’elettore troverà sulla scheda non è più “chi e su quale programma vuoi che guidi il governo dell’Italia”, ma qual è il partito a cui deleghi questa risposta. Io voterò Pd, facendo sentire la mia voce. Finirà inevitabilmente per allearsi con qualcuno di quelli dei quali in campagna elettorale si è detto di tutto”.