Quando ha visto il bollettino di guerra provocato venerdì scorso dalla neve, Arturo Parisi stava per alzare bandiera bianca: «Mi è presa l’ansia. Ho pensato: non possiamo aspettarci un esito delle primarie nemmeno lontanamente paragonabile a quello di quella splendida domenica di sole che è stata il 16 ottobre», data dell’incoronazione di Romano Prodi da parte di oltre quattro milioni di italiani. Ma l’accurato monitoraggio delle immagini dei Tg, ieri, via via che passavano le ore, lo ha rassicurato: «C’era quella partecipazione tranquilla che avevo visto ad ottobre e mi sono sorpreso anch’io: le primarie si confermano come la risposta ad una domanda che è stabile, profonda e condivisa nell’elettorato di sinistra», spiega l’ideatore di questa forma nuova di partecipazione alla vita politica.
Vista la conferma di ieri, forse si poteva essere più coraggiosi sul Partito democratico? Parisi si prende la vittoria e concede l’onore delle armi a quanti nella coalizione sono contrari: «La connessione tra le primarie e gli assetti elettorali non è così immediata. Abbiamo la certezza che esiste una domanda di unità che coinvolge tutta l’Unione e non solo la sua locomotiva, l’Ulivo. I voti di ieri sono lì a dimostrare la disponibilità dei cittadini a superare le divisioni che vengono dal passato: vince la coalizione sulle identità di partito. Le primarie sono pietre miliari che ci segnalano dove stiamo andando: i partiti da soli non sarebbero stati in grado di fare questo cammino».
In questo anno di vita in realtà le primarie hanno avuto vicende alterne: in Puglia, nel gennaio dell’anno scorso, rischiarono di mettere a soqquadro l’intera coalizione, «per un risultato imprevisto anche da Vendola». Poi quelle di ottobre: un successo. A dicembre la Sicilia: «Nei mesi più di una voce preoccupata nella coalizione chiedeva che si considerassero come un’eccezione e non come una regola». Nella Margherita soprattutto: «Ma non solo. In Sicilia ci furono poi dei problemi specifici, si temeva che fossero lo strumento per far emergere proposte radicali, che incrociassero una concezione movimentista, ostile alla concezione che riconosce ai partiti il ruolo che gli va riconosciuto».
E adesso Milano, Cagliari, Grosseto, Gorizia. Su quelle milanesi in particolare grava ancora un’incognita: hanno indicato, dopo più di vent’anni, un candidato vincente per il centrosinistra? Ma intanto stanno diventando la norma, «anche se – spiega Parisi – ci saranno delle eccezioni: penso a Roma, lì non si faranno visto che c’è un sindaco uscente». L’ostacolo più grande alle primarie è la legge elettorale proporzionale appena approvata: «Sarà molto difficile cambiarla, ma non possiamo arrenderci. In qualche modo dovremo portare a sintesi la rappresentazione delle distinzioni e il riferimento comune al governo, che altrimenti non è stabile».