24 Aprile 2013
PRESIDENZIALISMO, POI VOTO NEL 2014. I CITTADINI DEVONO SCEGLIERE IL CAPO DELLO STATO. Arturo Celletti, Avvenire
«Aspetti ho appuntato una frase di Giorgio Napolitano…». Arturo Parisi apre il cellulare e legge solo sei parole “strappate” all’ultimo discorso del capo dello Stato: “la
maturità del tempo dell’alternanza”. Per qualche istante l’inventore dell’Ulivo resta in silenzio. Poi usa la prima immagine forte per provare a spiegare il suo no a un governo che nasce con il sostegno di Pd e Pdl: «Quello che vedo non mi fa pensare a un’evoluzione verso un’alternanza matura. Mi fa venire in mente un’alternanza marcita. E allora dico: la sfida vera non è un governo di larghe intese, ma un quadro nuovo dove ci sia rispetto per l’avversario». Siamo in un bar a piazza San Silvestro. Parisi aspetta di capire l’esito della direzione del Pd e la conclusione delle consultazioni al Quirinale, ma l’ombra di Giuliano Amato avanza e l’ex ministro della Difesa non nasconde la sua contrarietà: «Lo voglio dire con forza e con chiarezza: un governo così è un tradimento. Non ha un consenso sufficiente e soprattutto non ha uno scopo riconoscibile. Se sarà davvero un governo politico con ministri di Pd e Pdl dovrà avere un progetto politico chiaro. Non basterà e non potremo accontentarci di un ordine del giorno».
Che vuol dire progetto politico chiaro?
Che dobbiamo sapere in anticipo che legge elettorale hanno in testa, non semplicemente che va fatta una legge elettorale. E potrei andare avanti a lungo con le richieste. La verità è che si doveva uscire dallo stallo con un governo a garanzia di tutti, capace di non perdere il contatto con nessuno. Per dirla con una formuletta un governo del Presidente. Un governo politico fondato sulla partecipazione di Pd e Pdl oggi è una follia: lasciare il monopolio dell’opposizione a Grillo è come innescare una bomba a orologeria.
Parisi non esageri in Friuli Grillo ha già cominciato a perdere colpi
Due riflessioni. Uno: la mancata partecipazione è anch’essa una forma di partecipazione. Questa non è apatia, non è estraneità, questa è protesta che spesso è la forma più intensa di partecipazione. Il no all’urna non è molto diverso dal no nell’urna. Due: un conto è quando c’è Grillo a trainare e un altro quando i Cinque Stelle vanno al voto con le controfigure. E allora inserisco un altro elemento di riflessione: se ci fosse stata una legge elettorale con il voto nei collegi oggi la storia sarebbe un’altra.
In Friuli vince Debora Serracchiani: per la sua campagna elettorale aveva voluto solo Renzi. È il sindaco il futuro?
Si sa che Renzi vuole qualcosa e che la vuole subito, ma non è altrettanto chiaro che cosa voglia. Ha detto cose sufficienti perché io votassi per lui alle primarie, ma non ancora abbastanza perchè si capisca che cosa lui pensa di fare per il Paese. Non basta dire lavoro. Non basta aggiungere tasselli sulle riforme istituzionali. Ci sono domande ancora senza risposta. E poi Renzi non può fermarsi all’io. Dire io è un inizio importante, una assunzione di responsabilità personale che ho apprezzato da subito. Ma la frase che inizia con l’io deve continuare fino a incontrare un noi.
Gli dia un consiglio
A Renzi non posso che confermare la mia simpatia, ma proprio per questo gli giro le domande di quelli che come me credono nella sua leadership. E gli ricordo il modo con cui esordì Prodi vent’anni fa: Romano seppe trovare il giusto mix tra l’assunzione personale di responsabilità nella sfida a Berlusconi e l’evocazione di un progetto collettivo per l’Italia che vogliamo. Quello accese il motore che oggi si è spento.
Renzi è stato in corsa per Palazzo Chigi?
Renzi è l’uomo delle primarie, se avesse accettato un patto d’apparato avrebbe rischiato di uscire massacrato dalla scena politica. «Al punto nel quale siamo arrivati vedo solo una strada: un governo di scopo che porti il Paese al voto in pochi mesi. Entro la prossima primavera. Insomma il voto politico insieme a quello per le europee».
Parisi un anno per fare che cosa?
Per importare in blocco il sistema francese: semipresidenzialismo e doppio turno. Proprio i fatti di questi giorni mostrano la necessità e l’urgenza della elezione diretta del capo dello stato. Non è più possibile che il presidente della Repubblica venga deciso con riti medioevali da mille grandi elettori chiusi nel palazzo mentre poche decine pretendono di guidare le loro mani nel segreto dell’urna, e fuori dal Palazzo i cittadini che urlano la loro voglia di incidere in quella che vedono come una scelta cruciale per il futuro della Repubblica. È arrivato il momento di voltare pagina. Di lasciare a loro la decisione. La rete ha fatto esplodere una voglia di partecipazione già cresciuta negli anni: il fatto che ogni giorno ci siano sulla rete centinaia di migliaia di persone che leggono, dibattono e scrivono di politica è un dato enorme che non possiamo ignorare.
Con il presidenzialismo Berlusconi può essere il nuovo capo dello Stato
Il presidenzialismo lo scegliamo per l’Italia. Come possiamo vivere all’infinito col terrore di Berlusconi: dobbiamo raccogliere la sfida e batterlo.
È un nuovo messaggio a Renzi?
È un messaggio a chi nel Pd pensa ad accordi con gli avversari contro i quali abbiamo chiesto il consenso dei cittadini. Larghe intese difficili da intendere. Proprio chi come Renzi ha cercato il consenso a tutto campo senza escludere nessuno, a cominciare dai delusi di Berlusconi, si può alleare con tutti all’infuori che con lui.Sarebbe come dire restate dove siete. Sono perciò sicuro che non cadrà nella trappola. Che sarà coerente con la sua visione bipolare e dirà semplicemente: no. Dirà no perchè non è questo il tempo e non è questo il modo. Solo nuove primarie, questa volta veramente aperte, possono offrirgli l’occasione per ripartire.
Sarà ancora Berlusconi a guidare il centrodestra?
Nel 2008 avvertii Veltroni: “Attento Walter! Berlusconi non è solo il padrone di Mediaset e il Paperone che conosciamo. Se leader è chi guida e si porta dietro la gente, anche se ci è avversario Berlusconi è un grande leader politico…purtroppo”. Bastò questo perchè, alla chiusura della festa dell’Unità di Firenze, fossi accusato pubblicamente come un nemico della sinistra… Oggi ne abbiamo ancora una volta la prova: dopo aver portato il Paese sull’orlo del baratro Berlusconi è di nuovo al centro della scena. Penso alla triste giornata in cui passò il porcellum mentre noi Ulivisti vegliavamo in piazza per la democrazia. Nonostante il voto segreto per centinaia di volte lui riuscì a far votare centinaia di parlamentari che pur sapevano che da quella legge sarebbero stati danneggiati personalmente. Mentre noi, il mitico collettivo vantato da Bersani, nella scelta per il Quirinale siamo riusciti ad esibire in pubblico una unanimità corale e poi nel segreto dell’urna abbiamo visto com’è finita. Con Prodi fucilato da 101 franchi tiratori e Bersani pugnalato alle spalle.