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6 Ottobre 2011

Per il Paese questa è sicuramente la stagione peggiore

Autore: Silvia Zingaropoli
Fonte: Lettera 43

Innanzitutto, mettiamo le cose in chiaro: Arturo Parisi non ha chiesto a Pier Luigi Bersani di dimettersi. “‘Bersani aveva appena
indicato come modello per il governo del Paese un sistema
flessibile che consenta e costringa il premier a dimettersi
anche nel corso della legislatura senza tornare al voto degli
elettori, secondo queste regole allora vale  lui avrebbe dovuto  «presentarsi  dimissionario» per poter così verificare il
postulato in base al quale «ad azzoppare il Partito sia stato lui» e,
 soprattutto, per capire se l’accusa sia condivisa, oppure no, dalla
maggioranza Pd. Invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non è che
cambi tanto.
UNO SPIRITO DISOBBEDIENTE. Sottigliezze stilistiche a
parte, l’ex ministro della Difesa è apparso quantomai battagliero,
all’indomani del “suo” trionfo della raccolta firme per
l’anti-porcellum.
E quel milione e duecentomila no popolari, urlati su carta contro
l’attuale sistema elettorale, sembrano non aver affatto acquietato il
suo spirito disobbediente a qualsiasi segretario, da Walter Veltroni in
poi.
MAGGIORANZE QUASI BULGARE. Quanto ai colleghi di
partito, ci ha spiegato Parisi, non si esprimono sulla querelle
tra lui e Bersani. O meglio. Quello che hanno da dire, lo dicono in
corridoio: «non prima di aver votato», in vesti ufficiali,
tributando «maggioranze bulgare» al Bersani-pensiero. Del resto, finché a
decidere i destini dei politici sarà solo ed esclusivamente il  “capo”,
la bulgara situazione è destinata a perdurare. Perché, volenti o
nolenti, il porcellum è anche questo.

DOMANDA. Siete riusciti a raccogliere una valanga di firme.
RISPOSTA. I complimenti vanno fatti ai cittadini che,
nonostante le poche forze, sono riusciti a trovarci per lasciare a
verbale la loro rabbia e la loro speranza sui moduli che avevamo
predisposto.

D. Quante sono state le firme, comprese quelle siglate fuori
tempo massimo?

R. Parliamo sicuramente di più di 1 milione e mezzo.

D. Numeri a parte, pare che questo risultato abbia sconquassato
la politica: dal centrodestra al centrosinistra.

R. Accadrà che tutti dovranno dare seguito nei fatti
alle loro parole. È bene che il parlamento si affretti a cambiare il
Porcellum.

D. Altrimenti?
R. Se si dovesse andare a elezioni senza aver cambiato
la legge o, peggio, per non cambiare la legge, sappiano che i cartelli
da portare in piazza sono già pronti. Con su scritte le loro parole.

D. Dopo che lei ne ha chiesto le dimissioni, Bersani ha
replicato che «
c’è chi vuole azzoppare il Pd».
Pare si riferisse proprio a lei.

R. Non ho chiesto le sue dimissioni. Semmai ho detto
che nel tipo di partito che la dirigenza ha in mente, io dovrei essere
deferito per aver contraddetto con la nostra iniziativa una delibera
sbagliata, ma tuttavia adottata su invito del segretario col voto del
96% della direzione.

D. Però lei ha parlato anche di dimissioni.
R. Ho detto che se nel Partito, invece di un sistema
presidenziale con elezione diretta quale è quello attuale, ne vigesse
uno che consente di revocare il leader anche in corso d’opera, (come
quello che Bersani auspica ritorni nel Paese), sarebbe stato il
segretario a doversi presentare dimissionario.

D. Perché?
R. Per verificare se l’accusa che, «ad azzoppare il
Partito sia stato lui», è condivisa dalla maggioranza.

D. Qualche collega le ha per caso esternato solidarietà, dopo
lo scontro con Bersani? E soprattutto, se sì, lo ha fatto alla luce del
sole?

R. Come sempre. Prima negli organi si vota, purtroppo
da diverso tempo, con maggioranze bulgare. Dopo è nei corridoi che
ognuno prende le distanze dalle cose che ha votato.

D. Bersani stringe il patto di Vasto con Nichi Vendola e
Antonio Di Pietro, qualcuno strizza l’occhio a Gianfranco Fini. Ma dove
va questo Pd?

R. Io le posso dire solo dove preferirei andare o
almeno da dove partire: da una alleanza tra i partiti che governano
assieme gran parte dei governi locali. Per promuovere poi un confronto
con tutti quelli che dopo Berlusconi vogliono dare all’Italia un futuro
diverso da questo tragico presente.

D. In molti vedono in Vendola il futuro della nostra politica.
R. Prima bisogna mettere a bando il posto di leader
della coalizione. Poi vericheremo le disponibilità e sceglieremo infine
il migliore.

D. Pure Moody’s ora declassa l’Italia. Ma in vita sua ne ha mai
viste, di stagioni politiche peggiori?

R. No. Questa è sicuramente la peggiore.

D.  «Tira una brutta aria, sembra il ‘94» ha
detto il premier.

R. Per lui, tira sicuramente una brutta aria. Ma ancor
peggiore, molto peggiore, è l’aria che tira per chi perde il lavoro,
magari a cinquant’anni e  con una famiglia sulle spalle.