ROMA – Nel Pd ‘si e’ perso il bandolo della matassa’. Il Pd si e’ trasformato, ‘per di piu’ per iniziativa dei principali dirigenti, in un modo di essere ‘partito’ e di stare nel partito che non corrisponde piu’ alle forme evocate in passato dal termine partito e allo stesso tempo, promesse in nome di un partito nuovo per il futuro’.
Con una lettera aperta Arturo Parisi e i ‘prodiani’ del Pd si rivolgono al segretario Pier Luigi Bersani per sancire un diverso atteggiamento nei confronti della direzione del partito da parte di questa componente:’concorrere d’ora innanzi alla vita del partito valutando occasione per occasione, cominciando dalla prossima Direzione nazionale’, fissata per il 13 gennaio.
Insomma i ‘prodianni’ avranno ‘mani libere’ nel partito e decideranno volta per volta.
L’iniziativa e’ annunciata in una lettera inviata al segretario che e’ pubblicata stamane sul ‘Corriere della Sera’.
A firmarla, oltre a Parisi, Mario Barbi, Antonio La Forgia, Fausto Recchia, Andrea Papini, Albertina Soliani e Giulio Santagata, parlamentari tutti vicini a Romano Prodi. Nel Pd, lamentano, c’e’ stata una ‘mutazione’, si sono formate ‘associazioni con propria autonoma e formale membership’ che non riconoscono ‘le sedi ufficiali come luogo di analisi e valutazione dei principali passaggi politici ed elettorali’.
‘Non riteniamo piu’ produttivo – sottolineano Parisi e i colleghi – continuare con la pratica di riunioni che precipitano in frettolosi voti unanimistici chiamati a confermare decisioni gia’ assunte’, ‘patti decisivi stretti durante un pranzo’ e poi messi in discussione ‘in una successiva intervista’, ‘illustrazione sui media della linea del partito da parte di dirigenti pur autorevoli che non rivestono, tuttavia, nel presente responsabilita’ formali’. E ancora:’Non meno rilevanti sono poi gli episodi che hanno segnato la vita parlamentare.
Valga per tutte la clamorosa dissociazione dall’indicazione del gruppo di un’intera filiera della dirigenza, a cominciare da te, in occasione dell’emendamento sul finanziamento pubblico dei partiti. Senza la forza assicurata alla struttura di comando dal controllo delle risorse messe a disposizione dal finanziamento pubblico e senza il potere che viene ai vertici dirigenti dal conferimento di incarichi e posizioni, del partito resterebbe ben poco’. ‘Piuttosto che attardarci, come e’ capitato in passato, a recriminare sul mancato rispetto di forme ormai superate e di cambiamenti promessi, tanto vale prenderne atto’.