Pur associato all’annuncio di una mia assenza da una imminente riunione dei cattolici del Partito democratico prevista per il pomeriggio, trovo sui giornali il mio nome incasellato in categorie nelle quali rifiuto di riconoscermi, a cominciare dalla categoria di “cattolico adulto”, che per il contesto, non posso che definire ridicola.
Chi mi conosce sa che mai lungo tutta la mia vita ho speso in politica il nome cristiano, nè mai mi sono riconosciuto come appartenente a gruppi che di questo nome si sono fatti scudo.
Dirsi cristiano è per ogni battezzato riconoscersi impegnati ad una testimonianza, una testimonianza esigente e rischiosa. Ma questa testimonianza è affidata innanzitutto ai comportamenti personali, a scelte che affidano la loro verità ai costi che personalmente si è disposti a pagare per esse. Per questa testimonianza il tempo elettorale, e soprattutto quello della designazione dei nuovi parlamentari da parte dei partiti, non è certo il tempo più propizio. Quello che oggi si può e si deve dire, e spero proprio venga detto, è solo che il Partito democratico non può che dirsi e soprattutto essere un partito laico promotore di un confronto che consenta ad ogni democratico di testimoniare personalmente i propri valori. Un partito laico che anticipa al suo interno lo Stato laico che intende costruire: non un partito confessionale, cattolico o laicista che sia, ma neppure un partito multiconfessionale come sarebbe appunto una sommatoria di confessioni che annoverasse tra le sue componenti una che spende in politica il nome cristiano.