Mi consenta Franceschini, quando é troppo é troppo.
Leggo oggi sui giornali D’Alema che “sferza il Pd” ricordandoci che
“manca ancora l’identitá”, perché “finora si é fatta solo la festa
delle primarie” ma il Pd “é ancora tutto da costruire”.
A proposito della decisione di sostenere nel prossimo
referendum il “sí” adottata dalla direzione con un dibattito la cui
profonditá é inversamente proporzionale alla misura turkmena della sua
estensione, vedo poi da giorni un tiro al bersaglio crescente da parte
di organi e dirigenti di partito di primo piano. Sul tema della
collocazione europea assisto infine oggi sul quotidiano del Partito ad
una polemica surreale tra chi come Berlinguer sostiene che questa
scelta é stata giá fatta e chi invece, come Bianco e Gentiloni,
rispondono che l’accordo era che sarebbe stato deciso e prudentemente
comunicato agli elettori solo dopo il voto. Primarie, fondazione del
Pd, referendum e assetto istituzionale, collocazione europea: tutti
argomenti di rilievo politico assoluto che si sarebbero giovati di un
trasparente confronto sanzionato da una autorevole decisione
democratica. In occasione dell’Assemblea che ha eletto Franceschini gli
italiani hanno visto invece i protagonisti di questi giorni allineati e
coperti e soprattutto taciturni, cosí come si erano ben guardati dal
sollevare questi problemi in occasione delle festose primarie che
avevano eletto Veltroni. Possiamo continuare cosí? Lo dico preoccupato
a Franceschini che ha accettato di farsi eleggere alla Segreteria,
ancora una volta senza un dibattito reale concluso da un voto turkmeno.
Lo dico per rispetto del quasi 9% di delegati che, indirizzando il loro
voto su di me, hanno voluto rendere manifesto il loro disagio. Possiamo
continuare cosí?