ROMA – Dopo tre giorni di attacchi incrociati e di tensione nel Pd, Arturo Parisi e’ convinto che la sua offensiva contro la linea del segretario e gli assetti interni abbia colto nel segno e contribuito almeno ad aprire un confronto.
Il problema, dice interpellato dall’ANSA, ”non e’ la mia solitudine nel partito, ma la solitudine crescente del partito tra gli elettori”. Secondo Parisi, dopo le sconfitte elettorali seguite al 14 aprile, il gruppo dirigente Democratico assomiglia al Toto’ della gag in cui prende schiaffi da uno che lo chiama Pasquale e non reagisce: ”Mica so’ Pasquale io…”.
Il problema non sono i voti, ma il fatto che ”sono venuti dalla parte opposta rispetto a quella da cui li abbiamo cercati”, con il risultato che ”l’incidenza della componente di sinistra e’ ora nella base del partito maggiore di quello che era prima”.
L’esponente ‘ulivista’ chiede dunque di ”ripensare” le scelte del Pd, ”inseguendo gli elettori in fuga verso l’astensione e verso Di Pietro”. Altrimenti, dice, ”saremo costretti ogni volta a fare della iniziativa di Berlusconi lo spartiacque e il paravento delle nostre giravolte” e ”ad assumere la sua agenda a guida dei nostri no, dopo aver cantato per mesi la canzone del si”’.
Parisi vede in alcune interviste di oggi le prime risposte alle questioni sollevate nel partito. ”Anche se Veltroni ha preferito mandare avanti i secondi in attesa che magari intervengano in sua difesa i primi – afferma – devo riconoscere che gli interventi di partito scesi in campo hanno qua e la’ riconosciuto l’esistenza di temi da approfondire. Penso soprattutto a Morando che onestamente su l’Unita’ di oggi ha riconosciuto l’esistenza di piu’ linee politiche nel Pd e la necessita’ di andare al congresso”.
Altri, osserva l’ex ministro della Difesa, ”preferiscono insistere sulla unanimita’ dei consensi verso Veltroni e quindi sulla mia solitudine nel partito, alla quale l’esperienza della Margherita mi ha addestrato abbondantemente. Lascerei da parte anche l’originale difesa di Rutelli e Fassino, come se io dimenticassi il loro contributo determinante nello scioglimento dei rispettivi partiti”.
Dunque, il problema, secondo Parisi, ”non e’ la mia solitudine nel partito, ma la solitudine crescente del partito tra gli elettori. La maggioranza continua a girare a vuoto sul dato centrale della sconfitta politica del Pd, anzi della gragnuola di sconfitte subite dal Pd in questi mesi.
Se i dirigenti si riguardassero, magari in privato, la gag esilarante di Toto’ su Pasquale che sta girando da ieri sulla rete, forse la purezza di cuore di qualche familiare potrebbe aiutarli a capire”.
E il problema non e’ la sconfitta elettorale perche’ il paradosso di Parisi e’ che ”di voti il Pd ne ha al momento anche troppi, in assoluto e ancor piu’ in percentuale sul pressoche’ dissolto schieramento di centrosinistra”.
Il problema e’ invece ”che i voti son venuti dalla parte opposta a quella nella quale li abbiamo cercati. Cioe’ la nostra proposta e’ stata rifiutata proprio dagli elettori ai quali ci siamo rivolti, e l’incidenza della componente di sinistra e’ ora nella base del partito maggiore di quello che era prima.
Nei voti successivi al 14 aprile, quello di Roma su Rutelli e Veltroni del 28 aprile e quello di domenica in Sicilia (12,5%), quella componente si sta riallontanando andando verso l’astensione che ha rappresentato la perdita principale nel voto politico nazionale”.
L’invito ai dirigenti democratici e’ dunque a ragionare su questo dato: ”Se non ripensiamo le nostre scelte, inseguendo gli elettori in fuga verso l’astensione e verso Di Pietro – dice Parisi – siamo costretti ogni volta a fare dell’iniziativa di Berlusconi lo spartiacque e il paravento delle nostre giravolte, siamo costretti a continuare ad assumere il suo calendario e la sua agenda a guida dei nostri no, dopo aver cantato per mesi la canzone del si”’.