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8 Giugno 2016

PARISI:”VERDINI? STA PER SCADERE. E MATTEO SI CONCENTRI SUL PARTITO”
Intervista ad Arturo Celletti, Avvenire p.6

(testo originale, successivamente ridotto parzialmente nella versione a stampa)

Chi ha vinto e chi ha perso in questo primo turno di amministrative?
Con così pochi comuni decisi al primo turno sarebbe più prudente darci appuntamento al 19. Solo il risultato finale potrà infatti decidere del racconto dominante. Anche a stare alle congetture sulle sole metropoli le assicuro che il verdetto è aperto come mai. Tuttavia

Tuttavia?
Tuttavia, anche se lo ritengo sbagliato, poichè la domanda prevalente non riguarda il presente dei comuni, ma il governo e direi la governabilità futura del Paese, le elezioni del 5 qualche informazione l’hanno già data.

Quali?
Che il M5S va trasformandosi in una presenza stabile sia dal punto di vista elettorale che politico, che il Centrodestra come aggregato continua ad essere una base elettorale ma al momento priva di una adeguata altezza politica, che il Pd è l’unico polo con un sicuro e stabile rilievo politico ma soffre dal punto di vista elettorale.

È a causa di errori di Renzi? E di quali?
Anche. Si è troppo concentrato sul governo centrale e sull’obiettivo del referendum e troppo poco sui passaggi e gli strumenti intermedi.

E poco male. Bisogna scegliere. Tutto non si può avere. Il guaio è che invece di dichiararlo esplicitamente e spiegarlo coerentemente dentro una idea plurale di azione politica, ha dato ad intendere di volerlo fare e di averlo fatto. Peggio: ha troppe volte ricondotto le diverse difficoltà al fatto che delle diverse situazioni non si è interessato abbastanza. Personalmente. Le cause che sono a lui ricondubili vengono appunto da questa eccessiva personalizzazione e centralizzazione a parole, e dalla diversa forza dei fatti. Penso alla conduzione della crisi di Roma, alle primarie di Napoli, alla stessa decisione finale di coprire le elezioni locali con una anticipazione della campagna referendaria. All’atteggiamento verso l’astensionismo svalutato alle regionali emiliane, celebrato nell’ultimo referendum, di nuovo paventato pensando al prossimo ottobre.

Il progetto “Partito della nazione” é già fallito?
Se si intende, come io intendo, un Partito che si rivolge a tutti gli elettori senza esclusioni è più attuale che mai. Ma fa fatica. Perde a sinistra più di quel che guadagni a destra, perde cioè più tra chi si sente perdente di quello che guadagni tra chi si pensa vincente. E penso alla collocazione degli elettori nella società, non a quella dei politici che li vorrebbero rappresentare.

Verdini è di troppo nel centrosinistra? Ma senza Verdini si complica il cammino parlamentare?
Di certo conta di più in parlamento di quanto pesa nella società. Troppo di più. Ma penso che il suo tempo stia per scadere.

Come si rifonda un partito nei territori? Da dove deve ripartire il Pd?
Dalle periferie: da quelle territoriali e da quelle sociali. Mi sembra che la cartina del voto di Roma col Pd asserragliato nel centro lo dica meglio di ogni altra cosa.

Renzi può continuare a essere premier e segretario del Pd?
Deve. Non è semplice, ma non ha alternative. La divisione del lavoro tra i dirigenti di Palazzo Chigi e quelli del Nazareno non può mettere in dubbio l’unicità della leadeshirp e della guida politica.

Se Renzi perde Roma Milano Napoli e Torino che succede?
Che gli avversari interni ed esterni si sentiranno incoraggiati nella prova che ci attende ad ottobre. Ma i quattro mesi che ci attendono sono destinati a riempirsi di fatti della società, della economia e della politica che peseranno non meno di questo voto di giugno. Pensi solo al voto britannico sul Brexit.

Il vero avversario di Renzi nel Paese é il centrodestra unito o M5S?
Quando il centrodestra ritornerà unito attorno a una linea e a una guida riconosciuta sarà in politica di nuovo il primo competitore. Ma nella società la sfida viene dalla protesta contro le promesse deluse delle nuova generazione che uscendo dalla scuola condivide le frustrazioni della mobilità ascendente bloccata. Nella misura in cui il  M5S riuscirà a rappresentare questa frustrazione sarà lui il vero avversario.

Crede che ai ballottaggi e poi al referendum gli elettori dei partiti “antisistema” voteranno compattamente contro Renzi?
Difficile a dirsi. Di certo Renzi è per loro il primo avversario. È difficile non riconoscere nella sua proposta l’idea di una Italia che nella globalizzazione vince grazie alla iniziativa dei vincenti. Dall’altra parte sta invece il sentimento di una Italia destinata a perdere e dentro questa la domanda di protezione e di chiusura dei perdenti fondata sui valori della solidarietà e della uguaglianza.

Come si puó vincere la battaglia referendaria?
Ricominciando dalla scelta tra il Sì e il No che attende quel giorno l’elettore e concentrandosi sulle conseguenze che verranno dalla vittoria del Sì o del No. Le conseguenze politiche a breve e quelle a medio e lungo termine. Correggendo cioè profondamente la forte personalizzazione data finora da Renzi col linguaggio verbale e ancor di più col linguaggio non verbale. Facendo appello alla più larga partecipazione e al più largo senso di responsabilità. A prescindere da Renzi.

Come possiamo definire questa fase? Tripolarismo o bipolarismo tra forze tradizionali e antisistema?
Ricordando il titolo di un libro nel quale negli anni ’60 Giorgio Galli sintetizzò un ciclo di ricerche dell’Istituto Cattaneo, lo definirei “tripolarismo imperfetto”. Come le ho detto prima troppi sono gli aspetti che contrastano con l’idea di considerare i tre poli simili tra loro. Penso che l’assetto confermato dal voto di domenica confermi tuttavia ancora per un pò la presenza di tre polarità. Quale sia, tra il M5S e un Centrodestra di nuovo unito, il secondo polo che, grazie all’Italicum, accederà al ballottaggio è difficile da prevedere. È invece meno, ripeto meno dubbio che ad attenderlo sarà il Pd. Di più non possiamo chiedere come risposta ad un voto locale.