Arturo Parisi, fondatore dell’Ulivo con Romano Prodi, è anche il padre delle primarie. Lei chi ha votato, professore?
“Renzi. Ancora una volta perchè era l’unico, più che il migliore. L’unico che alludeva alla mia idea di democrazia e dentro questa metteva al centro il tema del governo, più che quello del partito. Ma tutto questo è ormai cosa di ieri”.
Qual è lo stato di salute delle primarie?
“Sicuramente vitali. La domanda di partecipazione resta alta, nonostante tutto. Anche Sabino Cassese, che verso le primarie è tutt’altro che tenero, ha dovuto riconoscere che esse non saranno un toccasana, ma sono comunque preferibili alle scelte esclusivamente interne ai gruppi dirigenti”.
Il congresso-lampo tradisce lo spirito originario?
“Semmai è stato indetto in ritardo. Già il 5 dicembre era evidente che un chiarimento era diventato indilazionabile, cosi come una verifica sulla strada da prendere. E’ anche per questo ritardo che di queste primarie straordinarie si è perso il senso e dimenticato il vero oggetto”.
Teme un’altra scissione?
“Addirittura! Nonostante le primarie? Non ho sentito voci in questo senso. Né da Cuperlo, né dallo stesso Emiliano, che pure ha annunciato una linea di opposizione”.
A sentire i suoi sfidanti, Renzi perderà le Politiche, perchè non vuole unire il centrosinistra. Condivide?
“D’ora innanzi il problema centrale sarà solo questo. Senza il Pd il centrosinistra non esiste. Ma il solo Pd continua a non essere sufficiente. Se la vittoria di oggi non sarà usata dal vincitore per fare di una unità interna lo strumento e la garanzia di una unità più grande, il controllo del partito da solo non serve a niente”.
Renzi punta a tornare premier con le larghe intese?
“Spero proprio di no. La sola prospettazione di una alleanza tra il Pd e Fi, dopo il voto e alle spalle dei votanti, sarebbe il mezzo più sicuro per impedire ai due partiti di raccogliere una somma di voti sufficienti a produrre una maggioranza. M5S finirebbe per stabilizzare il suo primato e tutti gli altri partiti sarebbero spinti a radicalizzare irresponsabilmente le proprie posizioni. L’esito inevitabile sarebbe un ulteriore avanzamento della frammentazione, che aggraverebbe l’ingovernabilità”.
La vocazione maggioritaria del Pd renziano ha senso in un quadro proporzionale?
“Mi auguro che la nuova legge non si trasformi in una resa al proporzionale, disprezzando il lascito con cui la Consulta ha ribadito la piena costituzionalità del premio di maggioranza. Detto questo mi sembra difficile puntare al 40% senza che il Pd apra un largo confronto. Che senso avrebbe avuto altrimenti l’insistenza di Renzi sul Mattarellum, visto che questa legge è ispirata a una logica coalizionale?”.
Se vuole battere Grillo, il Pd deve allearsi anche con Bersani e D’Alema?
“Il confronto è difficile, ma bisogna provarci. Dopo che ognuno è andato là dove lo hanno portato il cuore e gli organi circonvicini, è arrivato per tutti il momento di tornare alla ragione. Come già è nei Comuni e nelle Regioni, va verificata la possibilità di un’unità almeno con le forze politiche, nazionali e locali, con cui il Pd condivide alleanze di governo strette davanti agli elettori”.
Lei si sente più vicino a un nuovo Ulivo o al Pd di Renzi?
“Io sono dalla stessa parte di sempre, per un Pd che non si accontenta di fare il centro in un ‘centro trattino sinistra’ ma sta ‘al centro del centrosinistra’. Vuole chiamarlo Ulivo? Faccia lei. Ma, per favore, non lo chiami nuovo”.