L’allontanamento dei cittadini dalle istituzioni? «Non è più un campanello d’allarme. Ma una campana che suona a martello. Per tutti». Il professor Arturo Parisi, già ministro della Difesa e per lunghi anni presidente dell’Istituto Cattaneo, mette il dito nella piaga dell’astensionismo, che ha davvero raggiunto livelli di guardia.
Professore, qualcuno però ricorda che queste amministrative non hanno avuto il traino delle elezioni politiche, come avvenne invece cinque anni fa…
Che, per la partecipazione, il confronto con le amministrative precedenti sia per più versi fuorviante, è fuori discussione. Nella maggior parte dei Comuni al voto il precedente turno di amministrative si era svolto infatti in concomitanza delle elezioni politiche, che, essendo normalmente un tipo di consultazione di maggior interesse, avevano trainato la partecipazione per le comunali. Senza questa avvertenza, la caduta di più di 16 punti registratasi lunedì nei Comuni maggiori, che nei Comuni capoluogo ha superato i 19 punti, corrisponderebbe ad un vero e proprio tracollo. Detto questo, anche scorporando (grazie alle analisi del Cise della Luiss) dai Comuni che hanno votato domanica e lunedì quelli che avevano votato assieme alle politiche, nella affluenza alle urne l’arretramento resta comunque più vicina a 9 punti che a 8.
Questo cosa significa?
Che se nelle ultime elezioni non aveva votato un elettore su quattro, ora le defezioni sono diventate una su tre. Anche se questa è la conferma di una tendenza che si va manifestando da tempo, resta che il dato rappresenta il risultato di gran lunga più importante emerso ieri dalle urne.
Uno dei dati più evidenti è che nessun candidato del M5S è riuscito ad arrivare al ballottaggio. La stella di Grillo sta già tramontando?
Senza dubbio, se il conseguimento del suo obiettivo fosse stato affidato al numero di amministrazioni conquistate o anche solo contese. Ma l’errore sarebbe stato per lui essersi dato un obiettivo impossibile. E la sconfitta è comunque già nel solo averlo dato ad intendere. Tutto nella competizione comunale era infatti contro di lui: la mancanza di una classe dirigente locale; l’assenza di liste e quindi candidati quantitativamente sufficienti e qualitativamente capaci di contrastare la competizione delle coalizioni di liste a lui opposte; l’assenza di una adeguata dimensione propositiva di governo che integrasse quella oppositiva. Non vorrei che qualcuno avesse scambiato l’Italia con Parma.
I due partiti principali, Pd e Pdl, perdono complessivamente voti, ma mantengono un certo primato. Il governo Letta con la sua strana maggioranza ha influito sul voto?
Non mi sembra che da nessuna parte fosse in campo una coalizione che proponesse un governo di larghe intese. Anzi! La verità è che se qualcuno arretra, e di certo i 5 Stelle sono quelli indietreggiati di più, è inevitabile che rifulga il primato di altri. Non mi riferisco al Pdl, che ha subito nel complesso una dura sconfitta, ma al Pd che in contrapposizione al fenomeno Grillo rappresenta per eccellenza la “forma partito”, fornito per definizione di una classe dirigente locale, capace di costruire attorno a sé una alleanza di liste, portatore di una cultura di governo, comunque la si voglia definire. Detto questo non vorrei che qualcuno scambiasse una tenuta per una avanzata.
Non è soddisfatto del risultato del Pd?
Ho letto che Epifani ha detto che «malgrado la scarsa affluenza i nostri elettori hanno voluto premiarci». No. È proprio grazie alla scarsa affluenza e alla frammentazione generale che, pur ridotti, i voti sono apparsi nelle percentuali maggiori di quelli reali. Un dato per tutti, quello di Roma. Anche attribuendo al Pd i voti raccolti dalla lista per Marino, sia che si guardi alle politiche che alle Regionali di qualche mese fa, manca all’appello del partito un elettore su quattro.
La campagna elettorale è stata caratterizzata da un confronto abbastanza astratto, lontano dai problemi delle città e dei cittadini. È in crisi anche l’elezione diretta del primo cittadino?
Non lo credo e di certo non lo spero. Se il dibattito è astratto anche quando riguarda direttamente la scelta tra le proposte di governo e le persone che dovrebbero realizzarle, figuriamoci cosa diventerebbe se si tornasse al bel tempo antico nel quale i cittadini si limitavano a delegare ai consiglieri perché formassero e disfacessero a loro scelta i governi locali. Nel quadro di frammentazione e moltiplicazione delle proposte dei partiti che questa volta ha battuto ogni record, e di riduzione delle risposte dei cittadini, una cosa almeno ci consola. Tra quindici giorni, come gli altri 8.092 Comuni, anche Roma avrà il suo sindaco, una persona chiamata ad ascoltare le domande dei cittadini e a dare conto fra cinque anni delle sue risposte. C’è stato un tempo nel quale la vera partita iniziava solo oggi. Dopo qualche mese forse avremmo conosciuto il nome del sindaco, e dopo, magari ogni dieci mesi, quello di uno nuovo.