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16 Gennaio 2014

PARISI: UN DRAMMA VOTARE CON QUESTA LEGGE
Intervista ad Arturo Celletti, L’Avvenire

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale possiamo dire definitivamente che ormai tornare al voto con il Porcellum non si può, ma tornarci con la legge del ’92 (l’unica volta che si votò con il proporzionale e la preferenza unica) non si deve». Arturo Parisi mette in guardia il Paese: «Sarebbe un dramma. Di nuovo in balia del proporzionale. Di nuovo governi fatti, disfatti e rifatti in Parlamento ogni 10 mesi». L’inventore dell’Ulivo guarda la politica con distacco e fatica a cogliere uno scatto di responsabilità. Allora lo sfidiamo: professore, si farà una nuova legge elettorale? Lui scuote la testa. «Non consiglierei a nessuno di scommettere che una nuova legge sia a portata di mano».

Chi rema contro e perché? E chi spinge perché l’obiettivo venga centrato?
A volere una legge esattamente opposta a quella risultante dalla sentenza, e soprattutto a volerla subito, vedo solo Renzi: è l’unico che ha scommesso sulla conquista di una responsabilità di governo fondata su una investitura diretta dei cittadini. Tutti gli altri si differenziano da lui o sul come o sul quando e non vorrei che finisse solo. Fortunatamente ha dalla sua la paura degli attuali parlamentari nominati, che sarebbero certo travolti da una gara per le preferenze alla quale non sono preparati. Purtroppo però non sempre la paura aguzza l’ingegno.

Di fronte al rischio stallo, è giusto un patto Renzi-Berlusconi?
Sul dovere del patto, posso solo ripetere ancora una volta la prima riga della prima scheda del programma dell’Ulivo del 1996, quella dedicata alle riforme che seguii personalmente. «Un patto da scrivere assieme», scrivemmo allora. Riscriverei lo stesso anche ora. Purtroppo ricordo anche come finì. La verità è che Berlusconi cambia continuamente la sua posizione, perché continuamente cambiano le sue convenienze. Fino a ieri pensava che la convenienza massima fosse per lui andare ad elezioni subito. Ora potrebbe pensare che gli conviene far logorare il governo un altro anno e assieme al governo lo stesso Pd.

Renzi scuote il governo: non è che sta pensando di prendere il posto di Letta senza passare dal voto?
No. Questo mi sentirei di escluderlo. Renzi sa che la sua forza è nella sua novità. E la sua novità sta nel poter rivendicare un mandato popolare diretto, un mandato a cambiare i politici e le politiche. Esattamente l’opposto di Letta che, non disponendo di questo mandato, affida il suo rafforzamento alla durata della permanenza nella carica.

Qual è il suo giudizio sul lavoro fatto da Letta? 
Sul lavoro inteso come fatica, credo che il riconoscimento è d’obbligo. Lo stesso non si può dire se invece che alla fatica guardiamo ai risultati. 

E che cosa dovrebbe fare il premier? Il rimpasto lo salverebbe? 
Altro che rimpasto. Se proprio non si riuscisse ad andare al voto – che considero la prima opzione – è di un nuovo governo che ci sarebbe bisogno. Un governo che prenda atto che la maggioranza è cambiata, e che a partire da questo riconoscimento mettesse a punto un nuovo programma.

Il patto per il 2014?
Appunto. Quel patto alla tedesca fatto di impegni precisi e di risultati verificabili. Quello che non è accettabile è il galleggiamento, il navigare senza una meta riconoscibile. È questo che sta distruggendo il Paese. Non le difficoltà oggettive e neppure i sacrifici soggettivi. La paura di essere ancora nel pieno di una guerra perduta, invece che nella fatica della ricostruzione.

Esiste l’ipotesi di un voto a maggio? E il semestre europeo è un motivo per cancellarla? 
È quello che a lungo ho sperato: solo un voto può offrirci la prospettiva di una ripartenza. È per questo che ho considerato il semestre europeo null’altro che un pretesto per continuare. Un pretesto per qualche verso prezioso fino a quando serviva a portare a compimento il programma fondato sulla sequenza “riforma istituzionale, ripresa, legge elettorale”. Ma ora? O qualcuno pensa che per gli interlocutori che incontreremo nel semestre europeo un governo che muore possa apparire più affidabile e autorevole di un governo che nasce?

Martedì Saccomanni diceva che un’affermazione delle forze populiste in Europa  potrebbe anche essere uno choc salutare per i partiti che continuano a non capire.
Anche se in forma provocatoria, credo che Saccomanni abbia voluto ripetere semplicemente quello che dicono in molti: che così non si può continuare. L’affermazione delle forze populiste sarebbe tuttavia letale. Salutare sarebbe invece solo una vittoria che nasca da un confronto a viso aperto con la sfida populista e abbia il coraggio di unire le forze autenticamente europeiste attorno alla convinzione che anche questa volta, come per l’Italia di Garibaldi nel 1860 a Calatafimi “si fa l’Europa o si muore”. Un altro modo per dire che o le prossime elezioni europee riusciranno a trasformarsi in un vero referendum per dire si o no all’Europa o saranno perse per tutti.