Capisco che può sembrare di gran lunga più grave che i soldi del partito finiscano in spaghetti al caviale. Ma dal
punto di vista democratico è più grave se in una competizione interna o
esterna sono spesi per far prevalere una componente sull’altra o un
candidato sull’altro. Per le conseguenze che produce e per l’idea di
politica che c’è dietro”. Arturo Parisi, l’inventore dell’Ulivo
e delle primarie, il solo a denunciare nel 2011 la gestione opaca della
Margherita, sposta il tiro: dalla vicenda giudiziaria dell’ex tesoriere
rutelliano Lusi alla lotta di potere, tutta politica, che ha segnato
quindici anni di vita del centrosinistra.
Una guerra. Tra i
vecchi partiti che lottavano per sopravvivere e un popolo nuovo che non
si riconosceva nei simboli del passato, che era più grande e troppo
autonomo per farsi guidare docilmente ancora da quei vertici. Non
riuscendo a dire no a questa domanda, ma rifiutandosi di dire sì, i
partiti si sono illusi di cavarsela con tattiche dilatorie fondate sul
raggiro. Il finanziamento pubblico è stato decisivo. Penso al luglio 2002
quando i rimborsi elettorali furono più che raddoppiati: da 4 mila lire
a elettore a cinque euro. La legge doveva risolvere in particolare i
problemi caricati dal passato sui Ds. Ha invece moltiplicato quelli del
futuro della nostra democrazia. Con Rutelli cercammo di bloccarla al
Senato. Ma la legge passò grazie al soccorso bianco dei popolari di
Marini, storico alleato di D’Alema”.
Cosa c’entra con il caso Lusi?
“Già
allora nei Ds vinse il vecchio e nella Margherita fu sconfitto il
nuovo. Certo, nessuno immaginava che quel fiume di soldi sarebbe finito
in ville o al ristorante. Ma anche grazie a quel veleno la Margherita
divenne un partito tradizionale, diversa dai Ds solo per la collocazione
spaziale: i Ds facevano la sinistra, la Margherita il centro”.
Una differenza c’era: la Margherita era un partito personale, era di Rutelli.
“Forse
all’apparenza. Nell’impossibilità di farne il suo partito personale,
invece che a un progetto forte, Rutelli preferì appoggiare la sua
leadership zoppicante alle stampelle della cassa e della comunicazione,
gestite da Lusi e da Gentiloni, l’hard power e il soft power, come
allora si diceva”.
La cassa influì sulla scelta di Ds e Margherita di correre separati per il Senato nel 2006? “Di
sicuro separati prendemmo quattro punti in meno rispetto alla Camera
dove c’era l’Ulivo e il Senato fu perso: la scelta segnò la vita del
governo Prodi. Dire però che lo fecero per prendere i rimborsi è una
semplificazione. Tra i due partiti c’era un accordo parasociale capace
di spartire qualsiasi unità: dalle risorse alle candidature. La domanda è
un’altra: perché i partiti che nel 2006 si erano opposti all’Ulivo, a
costo di perdere le elezioni, un anno dopo all’improvviso sostennero il
Pd? La mia risposta è che il Pd è stato al nascere un nuovo raggiro, un
boicottaggio del progetto dell’Ulivo e non il suo inveramento”.
Perché Lusi oggi fa tremare il Pd?
“Perché
una volta che si distraggono risorse di tutti per obiettivi
inconfessabili, può capitare che si finisca per distrarle anche per
spaghetti ed attici. Ecco perché distrarre fondi per “attività
politiche” non dichiarabili può essere un’aggravante. Un disordine che
alimenta altro disordine”.
Le bastano i chiarimenti dei vertici della Margherita, di Rutelli?
“L’unico
vertice riconosciuto è l’Assemblea. Rivendicare l’autonomia della
responsabilità politica nella gestione interna del partito apre più
questioni di quelle che chiude. Questa responsabilità va infatti ora
esercitata da chi ne è titolare. E titolare è l’Assemblea. Hai voglia a
dire che la Margherita è morta. Il partito ha ancora oggi
ha una proiezione internazionale (il Pde) e un quotidiano (“Europa”),
esattamente come i Ds con il Pse e con l'”Unità”. Mi chiedo se il
desiderio e la fretta di coprire con un velo pietoso la stagione della
Margherita nasca dall’affetto e dall’entusiasmo per il Pd. Oppure
dall’imbarazzo di essere costretti a ritornare tutti insieme in un luogo
che ci ricorda un delitto”.
L’appropriazione indebita di Lusi?
“No, un delitto politico. Il delitto di non essere vissuti come avevamo promesso a noi stessi e ai cittadini”.