E cosa bisogna fare per cambiare questo rischio?
«Già,
cosa bisogna fare? Bella domanda. Noi referendari la nostra parte
l’abbiamo fatta, adesso tocca ai partiti e ai capipartito. Non vorrei
essere nei loro panni. É arrivato il momento nel quale debbono dar
seguito nei fatti alle troppe parole fin qui pronunciate. Basta guardare
i giornali degli ultimi giorni zeppi di impegni, promesse,
rassicurazioni che l’attuale legge sarebbe stata comunque cambiata. Con
l’aggiunta che una volta liberati dal referendum si sarebbe potuto
procedere alla riforma inquadrandola e anzi facendola precedere da
riforme istituzionali ben più importanti. Nientemeno che il superamento
del bicameralismo perfetto; la modifica dei regolamenti di Camera e
Senato e, udite, udite, la riduzione del numero dei parlamentari. Come
escludere che una legge elettorale annunciata come il logico approdo di
un disegno di tale portata possa non dico non arrivare mai, ma neppure
riesca a partire».
Insomma lei è decisamente pessimista.
«Assolutamente
sì. Bene o male il referendum avrebbe costretto all’azione, o comunque
nel permanere dell’inazione delle forze politiche, avrebbe lasciato ai
cittadini la possibilità di decidere al posto di un Parlamento
bloccato».
Sta accusando che i giudici si sono fatti condizionare dal pressing politico contrario al referendum?
«Voglio
sperare di no. Resta tuttavia sui giornali l’annuncio del verdetto
negativo. In modo così diffuso, ripetuto e convergente che il minimo che
si può dire è che si erano proposti di prepararci, almeno dal punto di
vista psicologico».
Di Pietro sostiene che la Consulta ha detto non per fare un favore a Napolitano. Condivide?
«Non
mi permetterei. Non ho alcun elemento che mi autorizzi a dirlo.
Tuttavia una volta che uno legge ripetutamente sui giornali di sentenze
annunciate, guidate dalla preoccupazione di non disturbare i buoni
rapporti tra i partiti che miracolosamente si sono uniti a sostegno del
governo Monti, è comprensibile che qualcuno possa fare proprie le
discutibili, discutibilissime congetture che sono state ripetutamente
avanzate sui quotidiani».