ROMA – Onorevole Parisi, incredibile a dirsi, il tormentone Prodi-Margherita sembra concluso. Dopo mesi di scontri è bastato un giorno per trovare l´accordo. Come siete riusciti a sbloccare la situazione? Cosa è successo?
«Semplicemente ci si è resi conto che nel partito c´era un problema politico che non poteva ridursi a questione personale tra Prodi e Rutelli. E devo dare atto a Franco Marini di avere avuto il coraggio e l´onestà intellettuale di riconoscere che le cose stavano in questi termini, così come ai leader dell´Ulivo, da Fassino a Boselli, di aver riaperto il cammino».
E questa presa di coscienza è stata sufficiente?
«Era la precondizione perché si sgombrasse il campo dall´equivoco di una guerra personale. Perché si cominciasse a ragionare per davvero e senza ipocrisie sulla linea politica e la natura della Margherita. Una riflessione che ci ha riportato nella direzione giusta. In politica gli scontri servono a crescere. Nascondere le divergenze complica la ricerca delle soluzioni».
Per la verità Rutelli sostiene che la direzione è stata sempre giusta.
« Nei documenti ufficiali e nelle riunioni di partito, effettivamente nessuno ha messo in discussione le scelte compiute. Ma alle parole, poi, non seguivano i fatti».
Quali?
«Le ricordo che il 20 dicembre i partiti dell´Ulivo hanno preso atto nella concordia della loro discordia che alle prossime elezioni regionali non ci sarebbe stata la lista unitaria. Non le sembra un fatto? E´ bastato questo ad illuminare mesi di divergenze nascoste dietro parole di buona volontà. A mostrare a tutti che l´albero non dava più frutti. Potevamo noi lasciare la pianta avvizzire?».
E Rutelli? Come giudica il ruolo svolto in quest´ultima fase? Avete approvato la sua relazione..
«Certo. Ha fatto la sua parte di presidente del partito, ruolo che non abbiamo messo in discussione. E infatti lo ha svolto correttamente, come è dimostrato dal documento finale votato quasi all´unanimità».
E ora dichiarate la vittoria ulivista…
«Non ci sono vinti né vincitori. La Margherita è un partito nuovo, nato dall´Ulivo e per l´Ulivo. Ecco chi ha vinto: il progetto della Margherita per l´Ulivo».
Dopo tanti scontri comprenderà che resti qualche dubbio sulla possibilità che la pace tenga. Le sembra davvero un chiarimento definitivo?
«Ogni uomo fino a quando è vivo è un caso dubbio. Diceva Camus. Si figuri un partito. Fino a ieri avevamo invece la certezza negativa di aver smarrito la via».
Archiviata questa partita, ci sono nuovi passaggi delicati da affrontare.
«Certo. Non mi illudo che il cammino sarà facile. Ci troveremo di fronte nuove salite e molti tornanti. Ma almeno oggi sappiamo dove stiamo andando».
Lo spieghi ai nostri lettori.
«Vogliamo costruire un progetto politico alternativo a Berlusconi in grado di tradurre in azione coerente e di governo nella prossima legislatura e anche oltre. Questo è il nostro obiettivo».
Gli elettori ricordano che avete già fallito nel ´98…
«Proprio per questo dobbiamo costruire un soggetto all´altezza del progetto e che sia in grado di fare una sintesi delle proposte in campo rispondendo agli elettori della loro realizzazione. E´ il compito primario della politica. Altrimenti, la stessa moltiplicazione delle idee rischia di creare confusione. La differenza tra un politico ed un intellettuale è questa: non è nell´intelligenza che c´è dietro una proposta ma nella capacità di tradurla in atto di governo. Senza ciò restiamo nel campo delle formulette, del politichese».
Mi perdoni la formuletta, ma lei sta parlando della Fed?
«La federazione sarà motore della coalizione. E la Margherita si è impegnata anch´essa d essere il motore della federazione. Lo dico con orgoglio di partito».
Non parla più del partito democratico?
«Il problema è stato accantonato quando Veltroni dichiarò nel 2000 la non disponibilità dei Ds a mettere in discussione il proprio partito. Entrate voi da noi ci rispose…Da quel ?no´ nacque con i Democratici il progetto che oggi prende il nome di Margherita».
La Federazione resta dunque il progetto. Prodi la guiderà?
«La Federazione è la formazione politica del leader. Ma la sua leadership sull´alleanza sarà fondata non sul mandato della federazione dell´Ulivo ma sulla scelta degli elettori di tutto il centrosinistra».
Eccoci alle primarie. Mi sta dicendo che serviranno a legittimare Prodi. Ma ha senso una competizione tra due candidati se già si conosce il risultato finale?
«Le primarie servono ad allargare la partecipazione dei cittadini. A rendere trasparenti le scelte e dare forza alle decisioni della politica. Perciò dovranno avere un forte carattere programmatico, legato alle proposte delle persone in lizza. E´ facile immaginare che Prodi, Bertinotti per limitarci alle candidature finora annunciate saranno portatori di priorità diverse».
Assisteremo a faccia a faccia pubblici tra i candidati?
«Mi sembra inevitabile. Si confronteranno davanti ai nostri elettori. Poi ci saranno le urne».
E Bertinotti accetterà passivamente la sconfitta?
«Innanzitutto saranno gli elettori a decidere della vittoria e poi perché parlare di sconfitta? Chi perde nelle primarie cede il passo alle priorità dell´altro. E in nome di una idea condivisa del paese e del bipolarismo resta coerentemente nell´alleanza. E aggiungo che come accade negli Stati Uniti chi vince deve tener conto delle istanze portate avanti dai concorrenti. E qui rientra in gioco la politica vera, la capacità di indicare la strada ma allo stesso tempo di fare sintesi. Un lavoro complesso che finisce con la definizione del programma di tutta la coalizione su cui chiederemo il mandato di governare».
Negli Stati Uniti il vincitore sceglie anche il suo vice tra gli sconfitti alle primarie. Prodi farà anche questa volta il ticket?
«Gli Stati Uniti e l´esperienza del ´96 sono contesti diversi. Negli Usa c´è un sistema presidenziale profondamente differente. E in Italia, nel ´96, la coalizione era segnata ancora da una logica partitica. Vogliamo fare ora un passo avanti: la coalizione riconosce come fondamento della sua unità il programma segnato dalle priorità che gli elettori indicheranno come qualificanti. Se un ticket deve esserci, sarà quello tra il candidato prescelto e il programma della coalizione. Leader unitario e programma unitario».
Professore, non abbiamo parlato di Berlusconi. Il presidente del Consiglio non esclude l´ipotesi di andare al Quirinale mettendo di fatto il Colle sul ring delle prossime elezioni politiche…
«Berlusconi non va preso sotto gamba. Ha reso esplicito un progetto che mette in gioco la nostra democrazia, i valori costituenti che hanno guidato finora il suo svolgimento. Ha una concezione feudale e patrimoniale che noi rigettiamo. Pratica le riforme costituzionali che vuole per dargli solo dopo forma legale. Io continuo a pensare che il Capo dello Stato non vada eletto con logiche di schieramento, come abbiamo dimostrato nel 2001 con Carlo Azeglio Ciampi. E se dovessimo vincere penso che non cambieremo idea».