Arturo Parisi co-fondatore dell’Ulivo, ministro del governo Prodi, ne ha visto di tutti i colori nel corso degli anni. Su quello che sta accadendo in Senato un’idea se l’è fatta. Non si punta tanto alle Riforme, quanto ai loro sostenitori, dice. Vogliono sconfiggerli.
Presidente, partiamo da qui, 515.450 emendamenti possono considerarsi un vero e proprio sabotaggio della Riforma?
“E’ una domanda? Non credo ci siano dubbi. Mai come prima più questa volta si son date appuntamento tutte le opposizioni. Quella antisistema, quella contro la maggioranza di governo, quella contro la guida del governo, e quella contro la guida del partito. Ognuna a partire dai suoi sentimenti prima ancora che dai suoi ragionamenti. A tenerli insieme non è tuttavia la prospettiva di un Senato elettivo ma la sconfitta della Riforma e prima ancora dei suoi sostenitori.”
Nel Pd, in realtà, fa molta più paura un altro numero: 28. Tanti sono i senatori dem “dissidenti”. Altro numero: 177 voti per il Senato elettivo, cioè più della maggioranza. Secondo lei è possibile una mediazione?
“Prima ancora che possibile, doverosa. Soprattutto con la minoranza interna. Se venti anni fa nella prima riga della prima scheda dell’Ulivo scrivemmo che le regole sono un patto da scrivere assieme al polo a noi contrapposto, come potremmo mai dubitare della necessità che esse debbano essere condivise innanzitutto tra noi? E le assicuro che tra di noi la convergenza sulla scheda n.4, quella sulla Camera delle Regioni non fu allora una passeggiata. Mi farebbe piacere che l’Unità la ripublicasse. Essa anticipava infatti alla lettera la proposta sul Senato ora in discussione. Discutemmo per mesi, ma alla fine raggiungemmo un accordo. E l’Ulivo era allora una Coalizione, non un Partito come ora il Pd. Come è accaduto che dopo questo lungo cammino comune ci troviamo ora così divisi?”
Che cosa consiglierebbe in questo momento a Renzi?
“Non certo di cercare un compromesso qualsiasi ma di aprire un confronto reale, esigente, paziente e rispettoso. Anche se dovesse essere l’ultimo. E men che mai arrendersi nei fatti ad una fatale rottura coperta magari da un riconoscimento della libertà di voto. O c’è qualcuno che si sente di sostenere che in un partito politico le riforme costituzionali sono un tema da lasciare alla coscienza? Lo ripeto, è di un confronto reale che abbiamo bisogno, di parole di verità. Sono otto anni che viviamo di assemblee di sordi fatte di interventi preordinati di pochi minuti concluse da voti supermaggioritari che applaudono le proposte contenute nella relazione introduttiva del segretario di turno.
Forse è il caso di fermarci un momento non per cercare una mediazione ma per individuare l’origine della smagliatura e ritrovare le ragioni della nostra convivenza”.
Questo passo indietro è colpa del combinato disposto Italicum-Senato di secondo grado?
“Di certo alcuni limiti dell’Italicum hanno aperto problemi e prodotto gravi squilibri che vanno corretti. Anche io non riesco ad arrendermi al fatto che la stragrande maggioranza dei parlamentari siano nominati. Ma penso che l’elezione distinta dei rappresentanti delle regioni potrebbe snaturare il profilo della seconda Camera senza risolvere nella prima Camera la gravissima ferita dei deputati nominati ereditata dal Porcellum. Anche se penso che l’Italicum è sempre meglio del Consultellum che la sentenza della Consulta avrebbe altrimenti introdotto, preferirei nel caso correggere l’Italicum. Magari con un provvedimento distinto che consenta ai cittadini almeno di scegliere i candidati capilista predestinati dai capipartito ad una elezione sicura. Tutti problemi che ci saremmo evitati se tre anni fa la Corte avesse accolto la richiesta di referendum per la reintroduzione del Mattarellum che le sottoponemmo a nome di 1 milione e mezzo di cittadini”.
C’è chi sospetta dietro questa convergenza sul Senato elettivo il trntativo da parte di Berlusconi il tentativo di un governissimo. Fantapolitica?
“Governissimo con chi? E, soprattutto, per-chè? Non vorrei che si finisse come sempre in un governicchio. Quello di cui abbiamo bisogno è un Governo stabile perchè forte di un mandato diretto dei cittadini. E’ per questo che dobbiamo ritrovare le ragioni dell’unità e portare finalmente a termine il percorso riformatore”.