«Ulivo! É nei momenti di disperazione che tornano in mente i nomi dei
tempi della speranza. Ma se i nomi sono d’aiuto e possono essere di buon
auspicio, quello che conta davvero sono le cose che ci stanno dietro.
La sostanza, i fatti….». Arturo Parisi è stato uno dei padri fondatori
dell’Ulivo e una delle teste pensanti della stagione prodiana. Guarda
con attenzione alla proposta di Bersani. «Come potrei ignorarla?». E’
pronto dare credito al segretario, quindi, ma non a scatola chiusa.
Professor Parisi, a che condizioni il Nuovo Ulivo può candidarsi alla guida del Paese?
«La
cosa-Ulivo è per me una alleanza politica, larga abbastanza da poter
credibilmente aspirare alla maggioranza dei consensi ma allo stesso
tempo stretta da un patto a tempo indeterminato.
Questo non impedisce un confronto con forze che stanno oggi
anche oltre i nostri confini, per dare anche vita ad una più ampia
coalizione elettorale, o, come la chiama Bersani, ad una Alleanza
democratica. Ma essa potrá proporsi come alternativa di governo solo se
animata da un soggetto coeso con un progetto di lunga durata, si chiami
Ulivo o in altro modo».
Ma chi dovrebbe entrarci nel Nuovo Ulivo?
«Un tempo avremmo detto tutti quelli che ci stanno. Oggi
direi: tutti coloro che ci stanno e che guardandosi negli occhi siano
capaci di dirsi una stessa idea di politica e di società, o almeno idee
tra loro non compatibili. Ho perció difficoltá a capire come possano
starci partiti come l’Udc, con una visione profondamente diversa della
politica ispirata ad una democrazia parlamentare di tipo tradizionale
fondata su una legge elettorale proporzionale. Quanto alla cosiddetta
sinistra radicale, vedo in campo posizioni diverse, un tavolo pieno di
macerie, ma allo stesso tempo il dovere del confronto».
Ma nel Pd — da Veltroni a Franceschini — c’è tutto un fiorire di proposte. Questo non rischia di confondere i vostri elettori?
«In
democrazia la diversità di posizioni dovrebbero appartenere all’ordine
delle cose. Certo è che dobbiamo partire dalla presa d’atto del
fallimento delle due soluzioni che sono alle nostre spalle: quella che,
pur di battere Berlusconi, ai tempi dell’Unione è sembrata accontentarsi
della quantità senza riuscire a far crescere e portare a nuova sintesi
politica il rapporto tra i partiti dell’Ulivo e Rifondazione, e quella
che all’opposto si é illusa che la qualitá della proposta avrebbe
attratto da sola i consensi che avremmo perso andando da soli: la prima
non ha funzionato, la seconda non poteva funzionare. L’arte della
politica é in democrazia quella di mettere assieme la qualità necessaria
con la quantità indispensabile…».
Ciò detto, come dovrebbe nascere la leadership del Nuovo Ulivo?
Consigli a Bersani?
«Che il
progetto sia guidato da una visione e da una tensione di lunga durata.
Non é tempo di governi a scadenza e neppure di legislature di
transizione. I governi e le legislature che hanno giá in partenza una
data di scadenza sono per definizione scadenti. Ma, soprattutto,
evitiamo le parole che non siano seguite da fatti. Il terreno di coltura
del qualunquismo e del crescente distacco dalla politica è lo spazio
che abbiamo aperto tra le parole e i fatti»