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11 Ottobre 2009

Parisi, non vado alla convenzione del Pd. Ho un’idea diversa del partito e del paese che ha in mente D’Alema

Autore: Monica Guerzoni
Fonte: Corriere della Sera

Roma – “Avevo già la valigia in mano, poi ho letto
D’Alema…”. Tra le sedie vuote dei leader, oggi alla Convenzione nazionale del Pd, ci sarà quella di Arturo Parisi. Alla fine di una tormentata vigilia, in cui ha rifiutato un posto nella Assemblea federale, l’inventore dell’Ulivo (e delle primarie e il più tenace sostenitore del Pd quando invece gli
attuali leader del Pd erano contrari allo scioglimenti dei loro partiti Ds e
Dl) ha deciso di restarsene a Bologna, a meditare su quella che “ritiene
l’ennesima occasione sprecata: “Il Pd è ridotto a un tubetto dal quale
siamo riusciti a spremere quasi tutto il dentifricio. Rimetterlo  dentro
ora sarà difficile, molto difficile”.

Al Marriot Park l’aspettano,
professore.
“Avevo già il  biglietto del treno in tasca. Poi, già sconvolto
dalle parole di D’Alema, ho letto sull’Unità la nota che descriveva lo svolgimento del congresso. Due colonnine a pagina 23 da lasciare increduli. Il congresso per il quale sono stati eletti mille delegati, ridotto ad “una
convenzione lampo” da liquidarsi entro le 13,00 in tempo per i
telegiornali”.

Il dibattito no, diceva Nanni
Moretti.
“Ma quello era il cineforum. Questo invece doveva essere il
congresso dei mitici iscritti del partito degli iscritti, non una assemblea di delegati portati lì ad applaudire altri deliberati precotti. Ancora una volta mi ritrovo a contrastare, in solitudine, la mancanza di riguardo verso gli organi eletti con tanta enfasi e il mancato rispetto che rendeincomprensibili le regole”.

Ha scelto tra Franceschini,
Bersani e Marino?
“In questi mesi è avvenuto di tutto. L’Afghanistan, l’assalto
alla unità del Paese, la crisi economica e quella morale… Ma tutto ci è
passato di fianco. Non dico ai candidati come singoli, dico al partito come corpocollettivo. E ora alla Convenzione ci annunciano di nuovo tre monologhi”.

Possibile che non abbia maturato
una preferenza?
“Franceschini ha su di sé l’eredità di Veltroni, ma è il
partito nel suo insieme a trovarsi schiacciato tra Di Pietro e Casini. Provo solo
imbarazzo a distinguere tra le responsabilità”.

Dice D’Alema che in un Paese
normale Berlusconi sarebbe stato già sostituito dal suo partito.
“Nel mio Paese normale sono gli elettori che eleggono e mandano
a casa i premier. Ma purtroppo il nostro non è un Paese normale”.

Se la vittoria di Franceschini è
uno scenario “paradossale”, controbattono i fedelissimi del segretario, le primarie a cosa servono?
“E’ una domanda che mi farebbe piacere rivolgere a D’Alema, a
lui che considera gli iscritti, quelli rappresentati domani, più importanti degli elettori. Ma intanto gli ricordo che gli iscritti votanti sono meno di quattro su cento elettori, noi invece ci auguriamo ben altra
partecipazione alle primarie. E non meno inquietante ritengo la sua affermazione che i dirigenti rispetteranno le regole, ma non può garantire lo stesso per gli iscritti”.

Teme un effetto negativo sulle
primarie?
“Ora mi preoccuperei più della qualità che della quantità. Portare milioni di persone a votare contro Berlusconi è più facile che centinaia
di migliaia attorno a un progetto. Quella che serve è una alternativa a Berlusconi. Ma il Pd, oggi purtroppo ancora non lo è. Abbiamo spinto gli elettori nel pieno di una crisi di nervi. Denunciamo fatti ma non
riusciamo a dar seguito alle nostre denunce”.

Anche per questo Rutelli guarda al centro.
“Di Rutelli posso solo dire che negli anni passati non è stato certo sulla luna. Se il Pd non è nato, lui è uno dei pincipali responsabili.
Non possiamo scambiare le vittime con gli assassini”.