2222
10 Dicembre 2008

Parisi non sarà un caminetto e neppure una direzione a decidere del Pd in Europa

Autore: Arturo Parisi
Fonte: La Stampa

Mentre
l’eventuale lettore mattutino legge questa nota, da qualche parte della
sede centrale del Pd é riunito un caminetto che dovrebbe definire la
posizione del partito circa la sua collocazione politica in Europa. E’
una riunione alla quale son stato gentilmente invitato e tuttavia una
riunione alla quale non ritengo di poter partecipare. Non certo perché
condivida il giudizio di quanti considerano il tema ozioso, e in parte
secondario. E neppure perché dopo la sottoscrizione di Fassino del
Manifesto politico del Pse, in quanto segretario dei “dissolti” Ds, e
il successivo altolá di Rutelli in quanto Presidente della “dissolta”
Margherita contro una “confluenza nel Pse” senta il dibattito
pregiudicato da un passato che pensavo superato. All’opposto, la mia
assenza vuole sottolineare ancora un volta che un caminetto puó anche
essere un luogo adatto per istruire un tema di questo rilievo ma non é
un caminetto al quale puó essere affidata neppure in via ipotetica
nessun orientamento al riguardo. Se il Pd vuole essere all’altezza
della pretesa sua radicale novitá, e non invece finire per proporsi
come la continuazione di un passato o la proiezione di un altrove,
l’unico modo per assumere una scelta di questo rilievo é a partire da
un largo confronto sulla nostra idea e solo sulla nostra idea di
Europa. Se il Pd vuole scegliere il suo futuro in modo libero e
spregiudicato l’unico luogo un organo capace di assumere decisioni
 politiche forti perché assunte con la forza della democrazia dalla
comunitá dei suoi aderenti.

Purtroppo di questo organo il Pd, se
non per decisione certo per responsabilitá del suo Segretario, non
dispone piú e forse non ha mai disposto. Non é certo la Direzione, la
mitica Direzione del 19 dicembre prossimo,
in vista della quale Veltroni ha lanciato la sua ennesima sfida contro
i suoi anonimi oppositori. Illuminante al proposito una intervista di
quattro giorni fa di Rutelli, proprio quella nella quale rinnovava il
suo altolá al Pse in nome di un noi che immagino riconducibile alla
“dissolta” Margherita. All’intervistatore che gli chiedeva se “alla
prossima direzione ci sarebbe stata una resa dei conti?”

Rutelli
rispondeva “Walter Veltroni é stato scelto da due milioni e mezzo di
cittadini che lo hanno votato alle primarie solo un anno fa. Le pare
possibile che lo possano mettere in minoranza duecento dirigenti di
partito?” Il fatto é che Rutelli ha ragione. Peccato che “i duecento
dirigenti di partito” sono appunto la Direzione del Partito.

Ecco la
prova provata delle ragioni degli Ulivisti e della sospensione della
democrazia nel partito, la vera questione morale, quella del Pd, non
quella berlingueriana degli excomunisti, una questione assolutamente
politica. Ne riepilogo l’origine. Prima Veltroni si fa incoronare dalle
primarie, non con un voto disgiunto diretto, ma in connessione alla
contemporanea elezione dei delegati di una Assemblea Costituente. Poi
scioglie di fatto la Assemblea costituente e la sostituisce con una
Direzione da lui nominata. Considerata, come dice Rutelli, la assenza
di legittimitá di questo organo rivendica l’esclusivitá del suo potere
di direzione. Cosa si direbbe se questo invece che in un partito fosse
successo nello Stato? Ecco perché ogni sfida a contarsi nella Direzione
é la sfida a una conta impossibile e quindi prova della assenza di
democrazia nel partito. Ecco perché mai nessuna scelta forte e nessuna
scelta veramente nuova potrá essere adottata dal Pd: né a riguardo
della scelta europea e neppure riguardo a nessun altra scelta cruciale.
Possiamo continuare cosí?

Arturo Parisi