Ministro Parisi, lei finora si è visto poco in campagna elettorale. Troppi dibbi sui primi passi del Pd?
No. Il fatto è che anche se siamo in campagna elettorale io non posso dimenticarmi di essere ancora il Ministro della Difesa. Questo mi impone una misura che ad altri non è richiesta. La Difesa è difesa di tutti, ed io ho il dovere di testimoniare ai soldati che rischiano la vita che alle loro spalle sta un Paese unito, che a differenza delle situazioni nelle quali si trovano ad operare in difesa della pace può discutere e scegliere il proprio futuro secondo le regole della democrazia, ma un Paese unito. Auspicare come io auspico almeno nella politica estera e di difesa l’unità più ampia mi chiede una coerenza anche in un tempo di propaganda e di distinzioni qual è quello delle elezioni.
Alle urne dopo solo due anni: forse con qualche errore di meno avreste evitato la caduta di Prodi.
Non è la prima volta che una legislatura si conclude prima della scadenza naturale, nè la prima volta che una legislatura dura solo due anni. E’ tuttavia la prima volta che dopo un governo nato dagli elettori si torna dagli elettori. Questo è dovuto non al caso, ma ad una scelta e ad una concezione della democrazia nella quale mi riconosco, quella che considera i cittadini e solo i cittadini come i sovrani della Repubblica.
Cioè meglio votare che tirare a campare?
Si, così come nel 1998, ho condiviso e sostenuto la scelta di Prodi di rifiutare di sopravvivere grazie a soluzioni pasticciate e di consentire invece ai cittadini di vedere direttamente con i loro occhi i parlamentari che hanno rispettato il patto stretto con loro due anni fa e quelli che lo hanno violato.
Quanto alle innegabili difficoltà del governo dell’Unione che sono all’origine della crisi qualcosa evidentemente non ha funzionato ma soprattutto qualcosa ha funzionato troppo. Penso alla legge elettorale introdotta, nella prospettiva della nostra vittoria, che ha esaltato all’interno delle coalizioni la gara per la visibilità e impedito al senato la costituzione di maggioranze solide. Pensata per dividere il centrosinistra la legge ha finito per dividere anche il centrodestra. Pensata per rendere difficile a noi il governo, la legge ha reso difficile il governo dell’Italia.
Come ministro sulla base di quali risultati chiederà ai sardi il voto?
Guardi io non sono mai stato tra quelli che pensavano che i problemi del Paese li abbia creati Berlusconi, anche se sicuramente ci ha aggiunto del suo. I problemi che abbiamo difronte vengono da un lungo passato e allo stesso tempo dal processo di globalizzazione che attraversa il Mondo. Risolverli o almeno governarli è un lavoro di lunga lena affidato ad una visione chiara ed ad una guida stabile. Quello che posso dire è che abbiamo fatto più noi in 20 mesi che i due governi Berlusconi in 60. E’ quello che cercheremo di spiegare agli elettori in questi giorni. Quanto al mio settore potrei dar conto di quello che ho fatto per la difesa e la sicurezza della Repubblica e quello che in questo quadro ho fatto per la sicurezza della Sardegna e perché il carico sulle spalle della Sardegna cominciasse a ridursi.
Sulle servitù qualcuno sperava in risultati più rapidi.
In 20 mesi difficilmente si sarebbe riusciti a fare di più. Basti considerare la dismissione dei numerosi beni della Difesa e il loro trasferimento alla Regione, alla chiusura della Base americana a La Maddalena, alla azione di sostegno a favore dei malati di tumore in servizio a prescindere dalla riconoscibilità del nesso causale con l’uranio impoverito, alla avvio di un nuovo insediamento militare a Nuoro in accordo con le richieste della comunità locale, alla cessione dell’aereoporto di Elmas alla Aviazione Civile, all’avvio del monitoraggio ambientale a Salto di Quirra. Questo per limitarmi alle principali realizzazioni. Non credo sia infatti necessario aggiungere iniziative che hanno posto della Sardegna al centro dell’attenzione internazionale come il vertice bilaterale con l’Algeria ad Alghero, il vertice dei Paesi del Mediterraneo Occidentale a Cagliari, e il prossimo G8 in programma alla Maddalena con la valorzzazione degli immobili resi disponibili.
Con il PD e Pdl nasce una reale semplificazione del quadro politico, o solo apparente?
Semplificare significa unire. Ma unire è tutt’altro che semplice. La grandezza della politica sta tuttavia proprio in questo. Portare ad unità posizioni diverse combinandole non semplicemente sommandole per un momento col rischio che passate le elezioni tutto torni come prima. In questo cammino posso solo dire che noi siamo sicuramente più avanti. Il Pd è l’approdo di un processo di fusione che sotto il segno dell’Ulivo si svolge con continuità da anni. Il PdL è invece una alleanza troppo recente tra due partiti che ancora sopravvivono in quanto tali. Mi auguro, anche per noi, che il PdL tenga. Tuttavia non ci scommetterei.
Dei 12 punti del programma di Veltroni, qual è prioritario?
Più che uno dei 12 punti quello che considero prioritario è quello che li riassume tutti. L’assunzione della crescita come la priorità delle priorità. La liberazione delle potenzialità represse che sono presenti nel Paese, la riduzione dei pesi rappresentati dalle disfunzioni della amministrazione pubblica. Ma allo stesso tempo la difesa dei giovani dal destino di precarietà che incombe sul loro futuro. Se non ci facciamo carico della loro ansia, che è anche la nostra di genitori, è inevitabile la spinta verso l’aumento della occupazione pubblica e quindi della spesa e della tassazione con tutto quello che ne consegue.
Trova anche lei che Veltroni marchi troppo la discontinuità con Prodi?
Penso che questo sia dovuto alla confusione tra il governo e la coalizione che lo ha sorretto. Cert, la tentazione della visibilità esasperando le identità dei partiti e in particolare della sinistra, ha coperto i risultati conseguiti. La necessità di rompere con questo stato di cose ha fatto credere che si prendessero le distanze dall’azione di governo. Ma la confusione si sta chiarendo. Non si spiegherebbe se no la candidatura di quasi tutti i ministri del Pd, me compreso.
In caso di pareggio quale soluzione auspica? Il Veltrusconi è un rischio concreto?
Come le ho detto la legge elettorale, il famoso porcellum del quale non si potrà mai dire male abbastanza, è stata pensata esattamente per questo, per rendere difficile il governo del Paese. E’ per questo che con Segni e Guzzetta, e da noi con Cabras e Fantola mi sono speso e intendo continuare a spendermi per la sua abrogazione. Spero non si ripeta il risultato dell’altra volta. E’ per questo che chiediamo agli elettori sardi di dare a chi contro quella legge si è battuto credito e forza, punendo chi invece l’ha voluta. Del futuro parleremo in futuro. Se si dovesse ripetere lo stallo, non credo si possa aspettare due anni. Bisognerà approvare una nuova legge e tornare dagli elettori.
L’operato di Soru aiuterà la corsa del Pd sardo, o prevarrà lìeffetto del caso Saatchi e delle sentenze che hanno colpito alcune decisioni della giunta?
Tutti sanno il ruolo che ho avuto per la affermazione di Renato Soru. Anche se gli addendi non hanno tutti lo stesso segno il saldo è abbondantemente positivo. Lavorare in questi anni con lui a favore della Sardegna non è stato semplice. I risultati che abbiamo ottenuto sono tuttavia il frutto del nostro confronto così della nostra collaborazione, nel rispetto della diversità dei nostri ruoli e delle nostre diverse responsabilità, e nel comune riferimento agli interessi dei sardi.