«L’assemblea di venerdì scorso va annullata. Presto formalizzerò la mia richiesta. Il problema non è soltanto l’80% di assenti. O il Pd apre un confronto vero, in cui si misurano apertamente le diverse opzioni politiche e alla fine si prendono decisioni sulla base di regole democratiche, oppure il partito si cristallizzerà in gruppi e gruppetti dominati dai vari capicorrente». Arturo Parisi non demorde. Dopo la rinuncia di venerdì ad entrare in direzione, dopo la clamorosa sortita sul «cambio del leader», lancia un nuovo messaggio al loft: «O si convoca una nuova assemblea o si fa subito il congresso straordinario. Lo dico per il bene del partito. Già il fatto che qualcuno mi chieda se stavamo peggio nella Margherita o è peggio nel Pd, la dice lunga sulla situazione nella quale siamo finiti».
I vertici del Pd le hanno dato dell’irresponsabile. Cosa risponde?
«Ah, sarei io l’irresponsabile… Solo perché dico in pubblico una piccola parte di ciò che tanti dicono in privato. E perchè mi batto per salvare ciò che resta di quel grande processo di partecipazione che sono state le primarie. Al posto dei tre milioni e mezzo di elettori e dei 2800 eletti ai quali non hanno mai dato la parola, vorrebbero ora sostituire una direzione di 150 persone nominate da un caminetto di 10. L’assemblea è stata cancellata. La domanda di partecipazione sbeffeggiata. E l’attesa è che ora parta un tesseramento con i criteri e difetti di sempre».
Secondo lei la colpa è di Veltroni? Cambiando il leader si risolverebbe il problema?
«La forza di Veltroni erano le primarie. Quando lui ha proposto il congresso sono stato il solo ad appoggiarlo. E nella richiesta di riconvocare quell’assemblea non vedo cosa Veltroni dovrebbe temere. Ma non si capisce più quale linea abbia. Ecco perché dico: o cambia il leader o cambia la leadership, come modalità di condotta del leader, della sua capacità di enunciare gli obiettivi e perseguirli».
Non è un problema anche il proliferare delle correnti?
«Certo che è un problema. Il partito avrebbe bisogno di grande concretezza e di grande trasparenza. Alcuni preferiscono invece piegarsi come il giunco sotto la piena, altri nascondersi dietro maschere improvvisate. Ma il moltiplicarsi delle correnti è anche il riflesso dell’incapacità del Pd di assumere un chiaro progetto per il futuro, o comunque di aprire un dibattito coinvolgente. Senza luoghi di confronto, nella durezza della sconfitta, è inevitabile che le persone cerchino protezione nei gruppi, nelle abitudini e nelle frequentazioni del passato».
È nata Red, l’associazione vicina ad Italianieuropei. D’Alema assicura che non sarà una corrente. Gli crede?
«Se non è una corrente quella… Dò atto a D’Alema che non è la sola, né la prima corrente ma non saprei come altro definirla. D’Alema evoca il modello americano di partito. Ma non possiamo prendere dall’America tutto tranne le cose che contano davvero. In campagna elettorale abbiamo copiato slogan e modelli comunicativi non curandoci neppure di quanto fossero diverse la realtà e le aspettative del Paese. Almeno prendessimo ad esempio dalle primarie: lì sono state vere, come tutti hanno potuto constatare, e non semplici imitazioni come da noi».
D’Alema propone riforme costituzionali ed elettorali sul modello tedesco.
«Sono contrario. Condivido l’analisi sull’inadeguatezza di questo premierato di fatto privo di contrappesi. Ma la soluzione non può essere un ritorno alle coalizioni che si formano in Parlamento. La via d’uscita passa da un rafforzamento della democrazia governante: il presidenzialismo o il semi-presidenzialismo. Avevo capito che questa era la linea del Pd e di Veltroni: un bipolarismo a vocazione bipartitica. Ora non so. È un punto centrale della nostra strategia futura».
Intende dire che su questo si dovrebbe fare un congresso?<
«Se Veltroni sostiene ancora quello che ha sostenuto in passato, D’Alema o chi è d’accordo con lui dovrebbe candidarsi in alternativa. Così sarebbero vere le primarie. E il Pd si rianimerebbe».
Ma con un sistema tendenzialmente bipartitico il centrosinistra non si condanna alla sconfitta permanente?
«Il Pd perderà se non cambia, se continua a pensare che il futuro è la semplice continuazione del passato con qualche camuffamento».