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8 Dicembre 2007

Parisi: “La Sardegna impari a essere centrale”

Autore: Filippo Peretti
Fonte: La Nuova Sardegna

Per due giorni, domani e lunedì, Cagliari sarà la capitale mediterranea della difesa e il padrone di casa sarà il sassarese Arturo PARISI. Che come per il summit italo-argentino svoltosi ad Alghero e il GB di La Maddalena, in programma nel 2009, ha certamente contribuito, come ammette con un po’ di campanilismo nell’intervista alla Nuova, a scegliere la sua isola anche per questo D-l0.

In verità, l’acronimo D-l0 è una recente invenzione, perché, sino a questo appuntamento sardo, l’annuale incontro tra i ministri della Difesa di 5 paesi europei e 5 paesi africani per la «sicurezza del Mediterraneo occidentale» appunto si chiamava (e ufficialmente continua a chiamarsi così) 5+5. I 5 paesi europei sono l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e Malta, i 5 paesi africani sono Marocco, Mauritania, Algeria, Libia e Tunisia.


Ministro Parisi  prima l’incontro ad Alghero con l’Algeria, ora il D-l0 a Cagliari, poi il G-8 a La Maddalena: perché la Sardegna è stata scelta come sede di appuntamenti internazionali.
«E’ la geografia che fa sentire la voce della storia. Solo i sardi che sanno che la Sardegna è parte di un mondo sempre più unito e allo stesso tempo più complicato possono riconoscere in questi appuntamenti questa voce. E la Sardegna è e deve sentirsi al centro di questo nuovo modo di essere del mondo allo stesso titolo delle regioni che un tempo si sentivano il centro per eccellenza».


Una nuova sfida a cui la Sardegna, secondo lei, è preparata?
«Capisco che la passata condizione di periferia ci propone questa centralità come un sentimento nuovo. Anche io fatico a riconoscere che la Sardegna è centro esattamente con Roma e Milano. Non è un sentimento che appartiene alle nostre abitudini. D’estate e per quel che riguarda il turismo ci stiamo abituando. E’ giunto il momento che ci abituiamo a sentirci centro anche d’inverno e per le attività che chiamano m causa il governo del mondo. E’ anche per questo che ritengo che incontri internazionali come quelli che ha citato possano essere messi a frutto. E’ anche per questo da sardo ho sostenuto queste scelte».


Quali sono, a suo avviso, gli obiettivi strategici del D-10 di Cagliari?
«Gli obiettivi del 5 + 5 sono quelli che tutti assieme abbiamo scritto esattamente tre anni fa a Parigi nella Dichiarazione di intenti: realizzare una “iniziativa di cooperazione volta a promuovere la sicurezza nel Mediterraneo occidentale».


Siamo più vicini o più lontani dal sogno di “Mediterraneo mare di pace”? Questo tipo di incontri aiuta a migliorare il rapporto tra Paesi europei e Paesi islamici per isolare 11 terrorismo?
«IL fatto che 10 paesi si incontrano per ragionare su come far crescere la loro capacità di cooperare nel settore della sicurezza, è il modo più concreto per dire e dirsi che nessuno pensa più che l’altro sia all’origine della sua insicurezza. Non è certo una cosa da poco. Sia che guardiamo al passato recente, sia a quello lontano. La nostra bella bandiera da sola può darci peraltro un aiuto a ricordare e a sognare».


Ci sarà una svolta nei rapporti di collaborazione tra paesi transfrontalieri, ad esempio per quanto riguarda il fenomeno dell’immigrazione clandestina in Europa?
«Non è certo l’immigrazione né il centro né il tema più rilevante. Questo tema è per la difesa solo un tema laterale. Al centro dell’incontro sta la consapevolezza di quanti e crescenti siano le reti di relazione che ci legano. Ad Alghero abbiamo appunto appena condiviso con l’Algeria scelte importanti per quello che riguarda l’energia. La prospettiva di una maggiore unione tra i paesi mediterranei deve essere riempita di contenuti concreti in modo che possa convivere con la idea di una unione europea nel mediterraneo. Il 5+5 è una iniziativa che aiuta a riempirla di contenuti».


E’ preoccupato dal corteo di oltre sessanta sigle che si svolgerà nella giornata di domenica a Cagliari? Sarà un ulteriore strappo a sinistra?
«Perché dovrei essere preoccupato? La democrazia vive grazie alla libera manifestazione del pensiero nel rispetto delle regole che ci siamo dati per parlare e per ascoltarci. Spero che il corteo sia una occasione per parlare ma questo non impedisca a nessuno di ascoltare e pensare».


L’addio della base Usa dalla Maddalena era stato chiesto anche per dare alla Sardegna il ruolo di “terra di pace”. L’organizzazione di questi vertici internazionali nell’isola può indebolire questo ruolo?
«Tutte le terre sono e sono chiamate ad essere “terre di pace”. Ma nessuna terra è purtroppo definitivamente al riparo dalla guerra. In ogni terra perciò mentre costruiamo la pace dobbiamo interrogarci come difendere e rafforzare la pace, non solo quella nostra ma anche quella degli altri. Chi potrebbe mai sentirsi al riparo dagli incendi, se questi raggiungono il campo del vicino? T sardi antichi sapevano che il mare era una via di comunicazione più forte e aperta di quelle che ci univano all’interno, Venne poi il tempo che dire isolani fu equivalente ad isolati, Ora è tornato il tempo della riscoperta del mare. Chiedetelo ai ragazzi algerini».


Sul piano della sicurezza internazionale legata ai fenomeni dell’immigrazione clandestina sono previsti vertici allargati ad altri ministeri?
«Come le ho detto il tema della immigrazione interpella tutte le dimensioni di governo e innanzitutto le competenze del ministero dell’interno, Nello svolgimento delle funzioni di sorveglianza marittima, la difesa è tuttavia chiamata ad interrogarsi sul contributo che la nostra Marina può dare alle attività di Ricerca e Soccorso così come al contrasto dei traffici illeciti».


Di fronte a politiche complesse, come quelle di cui si parlerà a Cagliari nel vertice del D-l0, un governo ha bisogno di avere davanti a sé un periodo di tranquillità. La situazione politica del governo Prodi è invece ogni giorno più traballante. Lei è ottimista o pessimista?
«E’ quello che molti purtroppo non vogliono capire. Non sono i rischi che corre il governo Prodi a rendermi pessimista ma quelli che corre l’Italia. Quello che più di tutti va crescendo sembra il partito dell’amnesia. Appena ieri alla prima riunione del coordinamento nazionale del Pd ho sentito De Mita motivare il suo totale accordo con Veltroni sul ritorno al proporzionale ricordando con orgoglio De Gasperi che col proporzionale risanò il Paese».


In effetti era quello il sistema elettorale.
«Peccato che De Mita dimenticasse che proprio grazie alla lezione appresa sulla sua pelle quel proporzionale De Gasperi provò a cambiarlo anche se fu sconfitto. Peccato che dimenticasse, i conti economici degli anni del proporzionale: non quelli di De Gasperi, quelli di De Mita. E non lo dico per mancare di rispetto a De Mita che fece soggettivamente del suo meglio, ma per rinfrescare la memoria di chi ne ha ancora la possibilità sulla situazione oggettiva nella quale il Paese visse per decenni». 

Rinfrescare la memoria per fare cosa?
«E’ bene che chi ha ancora ancora memoria contrasti il crescente partito della amnesia facendo sentire la sua voce fin che si è in tempo».


La nascita del Pd avrebbe dovuto rafforzare il governo Prodi. Perché è successo esattamente il contrario?
«Perchè difronte alla nuova legge elettorale pensata da Berlusconi per dividerci indebolire così il governo invece ai reagire costruendo l’Unione svolgendo in un campo più grande quella che era stata l’ispirazione ulivista, ci siamo appunto divisi. Quello che Berlusconi non aveva messo in conto è che la nostra divisione avrebbe alimentato la loro».


IL dialogo con Berlusconi e le altre opposizioni favorisce la durata del governo o no?
«La sciagurata idea di tornare al proporzionale non è altro che la tentazione dì rendere stabile questa divisione: sia nel campo di centrosinistra che in quello di centrodestra. Forse è il caso di fermarsi a riflettere. Se il dialogo ha un senso è meglio che abbia al suo centro il bene del Paese. Che significa non come fare grosso il mio partito, e neppure il mio assieme al tuo ai danni degli altri, ma come fare grande il Paese, assicurargli cioè un governo stabile e autorevole capace di guidarlo difronte alle sfide e alle chiamate che vengono dal mondo».