17 Maggio 2004
Parisi: la nostra determinazione non è fuggire dall’Iraq ma uscire dalla guerra
La nostra posizione è esattamente opposta a quella esposta da Frattini a nome del governo. Al governo che dice “se gli iracheni ce lo chiederanno noi andremo via” noi rispondiamo “noi resteremmo solo se, su richiesta degli irakeni, l’Onu assumesse la guida di un intervento al servizio della pacificazione dell’Iraq”: al servizio della pace in unione con l’Europa e con i paesi arabi moderati, in un quadro istituzionale e sotto una catena di comando radicalmente diversa da quella che ha guidato la guerra. La nostra determinazione non è a fuggire dall’Iraq, ma ad uscire subito dalla guerra nella quale siamo coinvolti. Definire la nostra posizione, come l’ha definita il governo, di “alleati non belligeranti” e’ una grave ipocrisia. Così come è impossibile uscire da una guerra se non si riconosce di esserci finiti dentro.
I drammatici fatti nei quali sono coinvolte le nostre truppe a Nassiriya sono la prova di quanto andiamo ripetendo da tempo: che una cosa era non partire per una guerra ingiusta nella quale il governo ci ha coinvolto, una cosa è tornare dopo che l’incendio è stato purtroppo appiccato. Nonostante la nostra avversione al governo e alla sua politica di sudditanza alla amministrazione Bush, non possiamo dimenticare che i nostri soldati sono là perchè mandati da un governo che resta nonostante tutto, nostro. Anzi proprio i limiti della linea del nostro governo che sembra nascondere le proprie responsabilità dietro l’argomento che i nostri soldati sono andati lì volontariamente ci fa sentire responsabili della loro vita e impegnati al loro fianco perchè escano al più presto dalla guerra col minor numero di sofferenze per loro e per gli iraqeni innocenti. Tutto il resto è dettaglio inutile. Ripeto: l’obiettivo è uscire dalla guerra non fuggire dall’Iraq. Solo in questo contesto i rischi ai quali i nostri soldati sono stati esposti dal nostro governo possono trovare un loro senso.