2222
10 Novembre 2013

PARISI: IO SCEGLIERO’ MATTEO. E’ NELLO SPIRITO DEL NOSTRO ULIVO. Jacopo Iacoboni, La Stampa

Romano? Non può interessarsi ad anguste vicende partitiche.
Il sindaco è quello che più avvicina la meta per la quale nel ’96 noi ci mettemmo in cammino.
 
intervista a Jacopo Iacoboni
La Stampa, domenica 10 novembre 2013, p.2
 
Professor Parisi, qual è il suo atteggiamento verso la vicenda-Prodi? Lei fu il suo più stretto compagno di viaggio.
 
Se dicessi che mi ha sorpreso direi di certo una bugia. E’ da tempo che Prodi va ridislocando la sua passione civile su un orizzonte diverso dalla scena politica nazionale. Figuriamoci quando questa si riduce ad anguste vicende partitiche. Dire che ha lasciato la politica forse non era quello che intendeva. Comunque non è questo il mio caso.
 
E del Pd oggi che pensa?
 
Dopo la consegna in Cassazione delle firme contro il Porcellum – con cui disattendevo il voto pressocchè unanime richiesto da Bersani alla stessa direzione – mi presentai in Direzione dicendo a Bersani: “Se il Pd fosse quello che ho in mente io, tu oggi di fronte a questo fiume di firme di democratici che hanno firmato contro la tua linea dovresti presentarti dimissionario.
Se fosse invece il partito che tu hai in mente, dovrei essere deferito ad un organo di disciplina per aver contravvenuto alla linea del partito”. Dissero che avevo chiesto le dimissioni del Segretario. Invece quello che speravo era di essere sottoposto a giudizio. Naturalmente non successe nulla. In questo Pd si può dire infatti oggi tutto e domani il contrario di tutto, senza che succeda nulla.
Purtroppo le parole contano infatti sempre meno. Ma in un partito nel quale la parola non conta, non conta niente neppure il confronto politico. Non mi videro più. Fu così che mi allontanai dal partito. Ma lasciare la politica è un altra cosa. Una scelta che fino a quando sarò cittadino non ritengo nella mia disponibilità.
 
Ritiene che dalla ferita dei 101 il Pd possa in qualche modo riprendersi?

Solo quando ognuno dei 101 riuscirà a dar conto del suo voto a viso aperto. Un partito nel quale ci si divide solo quando il voto è segreto e si vota in modo più o meno unanime quando il voto è palese,di tutto è casa ma non della democrazia . (Democrazia è discutere in pubblico delle cose pubbliche. Nel rispetto delle regole convenute e delle decisioni prese sulla base di quelle regole.)
 
Cosa pensa di fare lei alle primarie, voterà? E, se sì ha voglia di dirci per chi?

Se dovessi stare a quello che vedo e leggo la tentazione di tenermi alla larga sarebbe forte. Certo per l’inaccettabile spettacolo delle tessere finte, ma molto molto di più per lo scandalo di un voto privato del suo senso politico. (Se politica è confronto e scelta tra le soluzioni alternative ai problemi comuni tutto si è visto all’infuori della politica.
Chiaro era a tutti per chi ognuno votava. Totalmente oscuro il perchè. Niente sul governo. Niente sulla legge di stabilità. Niente su come siamo finiti qua. Niente su come uscirne.) Qua non si parla di politica. Nei cosiddetti congressi, la regola che ai tempi del fascismo ammutoliva le osterie sembrava ridiventata la regola dei circoli del partito. E tuttavia.
Come potrei astenermi da quelle primarie che io stesso ho immaginato per aprire ai cittadini le porte finora barrate? Lei mi chiede per chi? E io a domanda rispondo. Come a domanda dovrà rispondere l’8 dicembre chi come me vota ancora Pd e vuole influire sulla destinazione del suo voto. Per Renzi.
Esattamente come lo scorso anno. E non certo perchè sono renziano, visto che lo stesso Renzi considera uno scemo chi così si definisse. Ed aggiungo: con crescente imbarazzo. Perchè non posso non vedere quanti e quali stiano andando ora in soccorso della sua vittoria senza spiegare il perchè lascino il fronte a lui finora opposto. Per Renzi, non perchè non stimi anche altri candidati, ma perchè oggettivamente è quello che più avvicina la meta per la quale venti anni fa ci mettemmo in cammino.
 
Quali sono le prime cose che il nuovo segretario dovrà fare?

Battersi per approvare una legge elettorale che innanzitutto restituisca agli elettori il diritto rubato di scegliere i propri rappresentanti, e per un sistema che ridia all’Italia un governo fondato sulla scelta dei cittadini. E poi andare alle elezioni per consentire all’Italia di riprendere il cammino.
 
Confida che il vecchio gruppo dirigente abbia compreso che è forse giunta la stagione del ritiro – il ritiro che Prodi ha compiuto, a differenza degli altri?

Quello che mi auguro non è il loro ritiro, ma la vittoria della linea opposta a quella che ha finora impedito all’Italia di scegliere il futuro. Le persone contano perchè è sulle loro gambe che camminano le idee. Ma è meglio disporre di gambe malferme che camminano verso il futuro, piuttosto che di gambe robuste che ci riportano al passato.