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12 Giugno 2008

Parisi, il Pd rischia la balcanizzazione, abbiamo bisogno di un congresso vero

Autore: Carlo Bertini
Fonte: La Stampa

Veltroni dice che un congresso servirebbe solo se fosse messa in discussione l’idea di fondo del Pd per tornare indietro a Ds e Dl. Lei è d’accordo?
«E come si fa a vedere se questa idea è messa o no in discussione senza fare un congresso? Ci vuole un congresso per verificare la leadership e la linea politica del partito. Un congresso che approdi a delle primarie il 14 ottobre prossimo, come appunto aveva proposto Veltroni poco più di un mese fa dopo la sconfitta. Mi sembra logico che se il Pd perdesse voti alle europee si porrebbe un problema di leadership e per questo è meglio confrontarsi prima, affinchè il partito possa ritrovare quella sicurezza che gli consenta di affrontare le Europee con una linea condivisa».

Che ne pensa di questo fiorire di correnti e associazioni?
«Tutto il male possibile sul piano del giudizio, ma senza alcuna sorpresa sul piano dell’analisi. Di tutto un partito nuovo ha bisogno tranne che della balcanizzazione in correnti accomunate ognuna dall’istinto di difesa piuttosto che da una linea politica. E’ evidente che la crisi di unità e di identità del partito non può che produrre questa balcanizzazione. In una giornata mi è capitato di contare cinque incontri fondativi o rifondativi di correnti che facevano capo a Fassino, a Letta, a Franceschini, alla Bindi, a D’Alema. Senza dimenticare i cosiddetti “coraggiosi”, i liberali, i teodem…Fate voi».

Lei ha evitato di farsi una sua corrente. Perchè?
«A ogni corrente che nasce la mia tentazione si riduce».

La collocazione in Europa in gruppi diversi prefigurerebbe di fatto una scissione e un ritorno indietro anche in Italia?
«La sola idea che ci si collochi in Europa in gruppi diversi mi sembra la più balzana, il segno di un fallimento. E’ già sufficiente il dibattito che si è aperto su dove collocarsi uniti. Noi dovremmo esportare in Europa la nostra novità piuttosto che importare dall’Europa le categorie e le divisioni del passato. La proposta che avanziamo noi è nuova ma non mi sorprende che Schulz ci risponda così: vuol dire che non ha preso sul serio la nostra novità. Chi si sentirebbe di attribuire la colpa a lui invece che a noi?».

Dove sta sbagliando il Pd, secondo lei, ad un mese dalla sconfitta? Veltroni è caduto nell’insidia di farsi stringere troppo dall’abbraccio di Berlusconi?
«Non è un errore, ma una scelta. Una scelta che nasconde una scommessa: come se il riconoscimento di Berlusconi come opposizione esclusiva perchè rispettosa fosse costitutivo della nostra esistenza. Poichè il riconoscimento viene dagli elettori, il Pd si trova a rincorrere l’opposizione più dura di Di Pietro perchè sa che all’interno del suo seguito elettorale il numero di elettori che condividono quella linea invece di diminuire è addirittura cresciuto. E’ l’esito di un risultato che ha conquistato voti a sinistra mentre li cercava a destra».

Stando così le cose che risultato si può attendere il Pd alle prossime tornate elettorali e alle europee?
«Non mi azzardo a fare previsioni e preferisco ragionare sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Mi spiego: se avessimo preso il 30%, ma il risultato fosse stato corrispondente alla proposta del partito, si sarebbe potuto dire che la quantità avrebbe prima seguito la nuova qualità. Ma poichè non è venuto da destra un solo voto, non si capisce bene quali voti potrebbero seguire il primo che non è arrivato».

A che servirà l’assemblea del Pd del 20 e 21 giugno?
«Non lo so. Una delle caratteristiche del Pd è purtroppo lo scarso rispetto delle regole. Nell’ultimo organismo che si è riunito, la direzione, il segretario si è presentato ancora una volta con un fatto compiuto, avendo già nominato governo ombra e nuovo vertice del Pd. In questo momento il segretario ha il dovere di portare il partito ad un congresso, un congresso vero, che non può proporre solo come una minaccia di fronte a chi, dissentendo da lui, è accusato di volerlo logorare. Servirebbe almeno a verificare se esistono linee e candidature contrapposte».

Accetterebbe se le venisse proposta, la presidenza del Pd?
«Prima bisognerebbe mettersi d’accordo su quale sia il partito di cui uno dovrebbe diventare presidente. Le sembra che questa domanda abbia già trovato la risposta?».