Di Daniele Paladini, del Maresciallo Capo Daniele Paladini, del 2º Reggimento del Genio
Pontieri, al quale oggi abbiamo detto arrivederci, possiamo dire che era un soldato, un
soldato che costruiva ponti. E abbiamo detto tutto. La causa per la quale è morto è quella
per la quale è vissuto. La mano che ha spento la vita di Daniele assieme a quella di 3
bambini afghani e di altri 5 uomini compresa quella dell’attentatore suicida, era invece
purtroppo guidata da una cultura di morte, dalla idea che il nemico è la vita e non invece
la morte. Daniele era invece là al servizio della vita là dove la Repubblica lo aveva inviato,
là dove con consapevolezza aveva accettato di andare, là dove per anni si era preparato.
Daniele era da pontiere là tra la gente afghana per aiutare la vita a riprendere il suo
corso, per aiutare gli afghani a superare le loro divisioni costruendo ponti nuovi e riattando
gli antichi. Daniele era là da soldato per rafforzare il quadro di sicurezza senza il quale
nessun ponte può essere pensato, nessun ponte può essere attraversato. Daniele era orgoglioso della missione che gli era stata affidata. Noi dobbiamo essere all’altezza del suo orgoglio.