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14 Aprile 2006

Parisi: “Cari Fassino e Rutelli, servono senza indugi i gruppi dell’Ulivo”

Autore: Fabio Martini
Fonte: La Stampa
Erano le 3 della notte, da pochi minuti era maturata la rocambolesca
vittoria elettorale dell’Unione, nello studio di Romano Prodi il segretario ds
Piero Fassino incrociò Arturo Parisi e, abbracciandolo, gli disse: «Arturo,
abbiamo vinto! Nonostante noi…».

Battuta scherzosa sull’autolesionismo della
sinistra italiana ma certo il professor Parisi, l’ideologo del bipolarismo
italiano, delle liste unitarie dell’Ulivo e delle primarie è uno dei sicuri
vincitori del 10 aprile. Eppure in queste ore la ripetuta evocazione del partito
democratico da parte dei leader Ds e Dl si accompagna nei fatti ad una prudenza
che mette in dubbio la strombazzata nascita dei gruppi parlamentari
dell’Ulivo.

Professor Parisi ma lei crede davvero che alla riapertura del Parlamento il
28 aprile nascano i gruppi unitari dell’Ulivo?
«Ho cessato di essere un analista, sono un attore e quindi il verbo
“credere” lo pratico in modo diverso: ci credo».
Lei deve crederci ma su «Europa» si legge di gruppi federati mentre i Ds
fanno sapere che formalmente non si può partire subito…
«Io dico che bisogna partire subito, senza tergiversare. E’ la promessa che
io ha fatto agli elettori sardi, la stessa fatta da Prodi e dagli altri
capilista dell’Ulivo, a cominciare da Fassino e Rutelli».
E invece a Prodi è stato prospettato di iscriversi intanto al gruppo misto:
non è un paradosso per un presidente del Consiglio in pectore?
«Prodi è certo il presidente in pectore, ma è stato il capolista dell’Ulivo
in 15 regioni».
Ma prima del 28 aprile, bisognerà rifare i conti, come invoca Berlusconi:
perché vi scandalizzate tanto? Il precedente americano non vi dà torto?
«Il fatto è che a Berlusconi piace fare l’americano soltanto a Washington
per farsi applaudire dal Congresso, ma in Italia lo fa solo nel campo della tv
commerciale. Gli è difficile riconoscere che noi lo precediamo non di 4000 voti
come accadde a Bush in Florida, ma di 25.000. O meglio di 65.000, se
considerassimo i consensi al centrosinistra in Val d’Aosta. E Berlusconi
dimentica che Gore, pur avendo avuto 500.000 voti in più a livello nazionale,
poco dopo rinunciò a portare avanti la sua azione legale».
La contestazione così aspra di un risultato elettorale quali precedenti o
Paesi le fanno venire in mente?
«Berlusconi sta tenendo un atteggiamento da caudillo sudamericano degli
Anni Settanta. O, per evocare un precedente temporalmente più vicino, direi che
lo spettacolo di questi giorni fa venire in mente alcuni Paesi dell’Est europeo
alle fasi iniziali dell’esperienza democratica: l’Ucraina, la Bielorussia. Con
la differenza che lui contesta dal governo, perseverando in quel paradosso che
ha segnato tutta la campagna elettorale: Berlusconi, con la sua celebratissima
faccia, pretenderebbe di farsi passare per opposizione».
Condivide chi evoca addirittura un golpismo bianco?
«Questa è sembrata l’intenzione iniziale. Nelle ultime ore mi sembra ci sia
stata una de-escalation. Ora non si parla più di brogli ma di irregolarità, che
dunque non sono dettate da un disegno ma da fattori oggettivi. Certo, è grave
che il ministro dell’Interno abbia consentito a Berlusconi di delegittimare il
voto, senza difendere il proprio operato e quello del suo ministero».
Voi in qualche modo avete autoproclamato la vittoria…
«Ma no. Abbiamo festeggiato le informazioni che il Viminale metteva a
disposizione. Una festa come quella che i tifosi fanno a 4 giornate dalla fine,
quando la vittoria è matematica».
In 17 anni il Pds-Ds non è diventato adulto, la Margherita esce
ridimensionata: per due forze incompiute la strada per il partito democratico
sembrerebbe obbligata…
«Un’iniziativa come quella programmata in Parlamento ha come conseguenza
quasi inevitabile una ristrutturazione dei partiti, un percorso non molto
dissimile da quello della Margherita, che nel 2001 si presentò come cartello
elettorale, impegnandosi per un gruppo parlamentare unito e successivamente
diventò partito. I tempi e i modi possono essere diversi. L’importante è partire
subito e bene: con i gruppi».
L’Ulivo più forte della somma Ds e Dl: per lei è una rivincita
personale?
«Se penso agli ulivisti della Margherita costretti a sfilare nell’Assemblea
federale per difendere a fronte alta le proprie convinzioni; se penso alla
supponente tiritera che in politica due più due non farebbe mai quattro ma
sempre tre; se penso alle nostre parole rivendicate come proprie da bocche che
prediligevano altre canzoni, come non gioire che l’Ulivo è tra i cittadini più
forte delle nostre distinzioni?».
Prodi, contraddicendo un precedente annuncio, chiude sulle presidenze delle
Camere, ma una maggioranza risicatissima come la vostra non avrebbe l’interesse
a tenere aperto il campo con i moderati del centrodestra?
«Spero che le “tre punte” non siano servite solo a moltiplicare i consensi
ma anche a mettere in moto un’emulazione a chi è più responsabile.
L’accettazione formale e sostanziale del risultato elettorale è la precondizione
minima che un confronto sulle regole poggia su basi comuni».