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29 Agosto 2010

PARISI, BERSANI SCELGA TRA L’ULIVO E D’ALEMA

Autore: Teresa Bartoli
Fonte: Il Mattino

«Non si  sfugge al fango rifugiandosi sulle nuvole»: Arturo Parisi, tra i
padri dell’Ulivo doc, chiama il Pd a fare scelte sin qui rinviate.

Nuovo Ulivo: ha rivendicato con Bersani il copyright?
«È l’ultima cosa che mi viene in mente! Se son rose!».

Viste le premesse, cosa sarà?
«Fosse per i nomi – nella lettera di Bersani ci sono tutti:
Pd,
Alleanza democratica, Primarie, Ulivo. Dovrei esultare. Quello che
conta é quel che ci sta dietro. Se si dice di tornare allo spirito
dell’Ulivo farebbe piacere capire perché ce ne siamo allontanati. Non
vorrei che, ahimè, molte delle condizioni che furono alla sua origine
non esistono più mentre ci sono ancora quelle che ne causarono la
fine».

Cosa non c’è più, cosa rimane?
«Non ci sono il clima di entusiasmo – e come poteva
sopravvivere al logoramento e le delusioni di questi anni – e l’unotá prodotta dall’unico candidato di
collegio. Resta la logica del proporzionale: Ulivo e Unione morirono perché la
nuova legge elettorale pensata per dividerci trovò chi fece di tutto per
agevolarne il compito».

Questa leadership del Pd, nata attorno
all’idea del ritorno al proporzionale, torna all’Ulivo…?
«É un nome di speranza riscoperto in un momento di disperazione. Ma non posso
dimenticare che la linea di riferimento del gruppo dirigente del Pd resta quella di
D’Alema,
sostenitore dichiarato delle ragioni della restaurazione. Tocca a
Bersani decidere se seguirlo fino in fondo o fare finalmente sua la
missione per cui sono nati prima l’Ulivo e poi
il Pd».

Ha assicurato che si faranno le primarie.
«L’Ulivo e le primarie, alludono a una
forma di democrazia che nella testa degli elettori è chiarissima. Ma mentre se ne parla si opera nello stesso
tempo per raggirarla nei fatti. Come si può, ad esempio, pensare di costruire una coalizione e
scegliere
un leader di coalizione con una competizione che vede in campo
candidati pensati come rappresentanti dei partiti? Sarebbe una gara tra
partiti e non la competizione per trovare il leader della coalizione.
Perché non dire semplicemente ”il leader è Bersani,
fatevene una ragione”».

Condivide l’appello per il maggioritario
lanciato da uno schieramento bipartisan?
«Ogni iniziativa che va in quella direzione troverá in me un sostenitore convinto. Ma a partire dalla
lezione
che abbiamo appreso appena un anno fa, al referendum. Sarà pure stata
l’esito di una congiura degli oppositori ma è anche figlia
della stanchezza dei cittadini».

Però il «cerchio largo» immaginato da Bersani servirebbe anche a cambiare la legge
elettorale.
«Onestamente, si può chiedere a Casini di
aiutarci a tornare al maggioritario di collegio, sapendo che quel che lui ha in mente è accentuare il
connotato
proporzionale della legge attuale? In questo agosto il centrodestra ha
portato ad una crisi di nervi i suoi elettori e il paese alla paranoia. E
noi pensiamo di rispondere a questa crisi con un percorso fatto di
passaggi e compromessi a
termine? Quanto ci può aspettare l’Italia?
Berlusconi ha sicuramente aggravato i nostri problemi, ma essi sono
purtroppo antichi. Chiedono un progetto di lunga durata
e una
alleanza a tempo indeterminato, non governi a scadenza seguiti da
legislature di transizione. La veritá e che viviamo di rinvii perché,
con pseudo-primarie e
pseudo-congressi, il Pd continua a cambiare i suoi leader senza mai scegliere una linea».

La via d’uscita?
«Certo
non nella politica del centrodestra che cerca la forza negli scontri
personali ai quali siamo costretti ad assistere. Nonostante tutto
preferisco la mia parte che nasconde la sua debolezza dietro nominalismi
retorici e architetture astratte. Ma non si sfugge al fango
rifugiandosi sulle nuvole. Bisogna dare alle parole il loro significato e fare finalmente le scelte
sin qui evitate. Accettando l’idea di mettersi in gioco, e a rischio. Avendo il
coraggio di dire quel che si pensa. Lo dico a D’Alema che certo é il piú coraggioso. Prendiamo le primarie. Non
ci crediamo? Abbiamo il coraggio di dirlo. Invece no, diciamo di averle
inventate
ma ci applichiamo immediatamente a trovare il modo di svuotarle. Ecco
perché, nei Comuni e nelle Regioni come a Roma, finiamo a tre mesi dal
voto a dover scegliere assieme  regole, persone e programmi. O, per le
cariche di partito, con primarie che invece di rafforzare la leadership
la
indeboliscono perché assieme al leader vincente ne escono quattro sottoleader perdenti con seguito di
correnti e sottocorrenti che invece di farsi da parte chiedono il riconoscimento dei voti della loro sconfitta.».