Oderzo, 16 febbraio 2008
Caro Walter, come ti avevo preannunciato questa mattina non potrò essere con voi a Roma.
Proprio martedì pomeriggio scorso mentre a piazza S.Anastasia noi ragionavamo ancora una volta su come aprire al nostro Paese un futuro con il metodo della democrazia in vista delle prossime elezioni, in una lontana valle dell’Afghanistan ai confini col Pakistan altri lavoravano a progetti di morte per tornare al passato con la sola forza delle armi al di fuori e contro le regole della democrazia.
A seguito della realizzazione di quei progetti mi trovo ancora una volta da Ministro della Difesa a prendere commiato da un italiano che in nome dell’Italia e su mandato della Repubblica è caduto in una terra nella quale non era nato.
Giovanni Pezzulo non era in Afghanistan per una scelta occasionale. Egli era lì per dar seguito alla missione alla quale aveva dedicato la sua vita. Come tutti i cittadini che hanno deciso di mettere la propria vita al servizio della sicurezza della nostra convivenza egli era lì per dar seguito ad una missione scelta con la consapevolezza della sua esposizione al rischio del sacrificio estremo. Egli era lì da soldato esattamente come da servitori dello Stato di giorno e di notte vigilano sulle nostre vite tutti i componenti delle forze dell’ordine, come vegliano sul nostro sonno, anche se non ce ne rendiamo conto, nei cieli e nei mari le donne e gli uomini della nostre forze aeree e navali. Era lì per dare esecuzione ad una missione che la Repubblica gli aveva affidato in adempimento del mandato lasciatoci in eredità dai nostri Padri costituenti che con l’art. 11 ci hanno chiesto di ripudiare la guerra e allo stesso tempo di impegnarci attivamente per costruire la pace partecipando al governo del Mondo all’interno delle istituzioni internazionali. Era lì per aiutare il popolo afghano a riprendere il cammino nel quadro di uno stato diritto guidato da autorità liberamente scelte dai propri cittadini e dalle proprie cittadine così come è nel diritto di ogni donna e di ogni uomo. Era lì da soldato che sa che la sicurezza non è una condizione sufficiente perchè la convivenza sociale deve essere riempita di tutta la ricchezza della vita, ma sa anche che senza un quadro di sicurezza nessun progetto di vita comune può essere realizzato nè pensato.
E per questo motivo è stato ucciso.
Del mandato che noi gli avevamo affidato, del mandato che stava svolgendo, del mandato per il quale è morto Giovanni Pezzulo era orgoglioso anche perchè sapeva che noi eravamo orgogliosi di lui. Ce lo ha ripetuto ancora una volta attraverso la voce di sua figlia che tutti hanno sentito. Ce lo ha ripetuto attraverso la determinazione della sua ragazza a prendere il posto del padre. Ce lo ha ripetuto attraverso la richiesta della sua famiglia di esporre alla finestra il tricolore per rendere manifesto che il loro caro era morto per l’Italia e in nome dell’Italia, e che il lutto che oggi qua celebriamo non è un lutto privato ma un lutto comune. Io sono qua oggi ad Oderzo per ascoltare ancora una volta le sue parole, per ascoltarle assieme ai suoi familiari, e commilitoni.
Anche se lontani io so che sono parole che ascoltiamo assieme, e assieme a tutti gli italiani, da democratici ma soprattutto da italiani.
Son sicuro che saprai rappresentare ai componenti della assemblea costituente che sono ora con te riuniti questi sentimenti, così come saprai rinnovare la nostra determinazione a pensare il nostro futuro dentro il futuro del mondo, e il nostro governo come parte del governo del mondo.
Con amicizia