— Professor Parisi, perché ha sfidato Berlusconi a un confronto pubblico in Sardegna?
«Perchè sfida? È il minimo che dobbiamo ai cittadini. Berlusconi si presenta in Sardegna come capolista di FI? E allora perchè non confrontarsi almeno col capolista dell’Ulivo che certo è la maggior forza del centrosinistra?».
— Su quali temi sfiderebbe Berlusconi?
«Sul malgoverno di questi cinque anni, sui danni prodotti alla Sardegna che tra le parti deboli del nostro Paese è stata certo di questo malgoverno una delle principali vittime. Ma ho paura che non accetterà».
— Perché non vuole parlare del suo governo?
«Beh certo, vorrebbe parlare di tutti i governi, da Cavour in poi, tranne che del suo. Ma non solo per questo».
— E allora perché?
«Forse anche ricordando come finì quando si confrontò con me a Porta a Porta qualche anno fa».
— Quale sarebbe la sua prima domanda?
«Come mai, visto che non ha rispettato i cinque impegni del contratto con gli italiani, non rispetta almeno il sesto?».
— Il ritiro dalla politica in caso di fallimento?
«E invece si è ripresentato come se avesse chiuso in modo trionfale».
— A proposito di confronto, come giudica il duello Prodi-Berlusconi in tv?
«La vittoria di Prodi è stata netta. Il giudizio registrato tra i telespettatori dai sondaggi ha confermato le impressioni iniziali, e ha avuto ragione dei timori della vigilia».
— Aveva dei dubbi?
«No. Ma non posso negare un minimo di ansia per una prova che era stata presentata come un giudizio di Dio».
— Come interpreta i giudizi negativi di Fini e Casini su Berlusconi?
«Un tentativo di presa di distanza. Lo stesso che aveva suggerito la trovata del gioco a tre punte».
— Una presa di distanze dalla leadership berlusconiana?
«Soprattutto dal disastro di cinque anni di governo».
— Forza Italia ha invece criticato il suo ruolo di capolista in Sardegna. Dicono che lei non è sardo.
«Mi consenta di sorridere. Chi mi conosce sa che la Sardegna non è mai uscita né dal mio cuore né dalla mia testa. Capisco che chi pensa di diventare sardo moltiplicando le sue seconde case non riesca a capire che cosa stia sotto il mio rifiuto di chiudere quella che è stata ed è la mia prima casa da sempre».
— Ma la sua attività si è svolta altrove.
«E allora? Se fosse una colpa aver cercato lavoro altrove in una terra di emigrati come la Sardegna mi sentirei certamente in buona compagnia».
— La vogliono sfidare sui temi sardi.
«E io l’accetto. Visto che la sfida a nome di Berlusconi me la lancia Pili posso almeno dire che non sono mai arrivato a confondere la Sardegna con la Lombardia».
— Dicono che lei si ricorda della Sardegna solo per cercare voti.
«Voti per il progetto dell’Ulivo. Esattamente come fanno a favore della loro causa i capilista
del Centrodestra che in Sardegna si chiamano Berlusconi, Fini, Casini e Cirino Pomicino…».
— Quali sono i principali impegni che da capolista lei prende per la Sardegna?
«Innanzitutto quelli che abbiamo rappresentato sfilando a Roma: la compartecipazione della Regione alle entrate tributarie. Non chiediamo altro che quello che ci tocca».
— E le servitù militari?
«Certo. Serve una presa d’atto che un periodo storico è finito e che la Sardegna non può continuare a sopportare da sola il sessanta per cento del peso nazionale».
— Un conto è dirlo dall’opposizione, più difficile sarà quando si governa.
«Certo, è più difficile, ma non ho detto parole che non possono essere onorate».
— Saranno onorati i diritti dei sardi?
«Sì, all’interno del progetto nazionale».
— Come e in che tempi?
«Non è mio compito indicare oggi né scadenze né date, ma sicuramente assumiamo un impegno preciso».
— Senza fare sconti al governo anche se il presidente sarà Prodi?
«Quando si rappresentano interessi legittimi non si guarda al colore del governo, né a Cagliari né a Roma».
— E’ ancora valida l’Intesa istituzionale per la Sardegna preparata dal governo Prodi?
«Tutti i dossier sulla Sardegna erano stati direttamente seguiti da me nel rapporto con la giunta Palomba, dalle entrate fiscali alle servitù militari, dal caso dell’Asinara che risolvemmo
in pochi mesi alla faticosissima questione della metanizzazione».
— Perché non realizzati?
«L’Intesa è stata abbandonata dalla giunta regionale e dal governo di Centrodestra. E poi Pili e Massidda hanno il coraggio di fare l’esame a noi come se loro fossero stati all’opposizione.
Sono loro che dovrebbero dare conto ai sardi delle cose non fatte».
— Ci saranno sardi nel governo Prodi?
«Penso di sì. Mi auguro di sì. Sono sicuro di sì».
— Cosa ricorda della sua esperienza di sottosegretario alla presidenza?
«Il recupero del senso del futuro. Lavoravamo come se il mandato fosse a tempo indeterminato, pensando oltre la stessa sopravvivenza del governo».
— Sarà di nuovo sottosegretario alla presidenza?
«Al momento sono impegnato a rappresentare il progetto dell’Ulivo. Del futuro parleremo in futuro».
— E il Partito democratico?
«È molto più di un decennio che lo vado ripetendo: i grandi progetti sono di lungo periodo e devono esser guidati da grandi soggetti capaci di durare nel tempo».
— C’è invece il rischio della frammentazione?
«Purtroppo potrebbe ripetersi a causa di questa infame legge elettorale. Ma noi abbiamo fatto una scelta in controtendenza proponendo sotto l’antico segno dell’Ulivo un soggetto che aspira a tradursi in una struttura politica permanente, in un vero partito in grado di progettare il futuro oltre la durata della legislatura ».
— Cosa pensa del fatto che anche il Centrodestra parli di partito unico?
«È una aspirazione che guardiamo con favore. Il sistema politico si avvantaggia se in entrambi i campi ci sono forze che assicurano la stabilità».
— Solo che dal Centrodestra la fuga è già iniziata.
«Non possiamo non vedere con qualche preoccupazione le tendenze dissolutive di chi abbandona la barca che si sente affondare».
— Non sarebbe un vantaggio per il governo?
«Ogni governo ha bisogno di una solida opposizione che si proponga come alternativa di governo. Esattamente come abbiamo fatto noi dopo la sconfitta del 2001, quando iniziammo a
lavorare da subito per il rilancio senza perdere più neppure un’elezione».
— Teme ribaltoni?
«E’ un rischio permanente, la politica è vita e la vita è movimento. Ma il senso di coesione del Centrosinistra è tale da metterci al riparo da questo rischio».
— La lezione del 1998, con la crisi del governo, è almeno servita?
«E’ stata appresa da tutti. All’epoca il campo del centrosinistra non era governato da un patto politico, ma da un semplice patto di desistenza elettorale che aveva consentito a forze lontane di unirsi in nome della comune opposizione al comune avversario, ma non più di questo».
— E oggi?
«C’è un accordo politico solido e c’è un programma definito nei minimi dettagli».
— Teme Rifondazione comunista?
«Il rapporto è totalmente diverso da allora, grazie a due scelte fondamentali che ci uniscono».
— Quali?
«La prima è che in caso di divisioni si rimetterà il mandato agli elettori».
— La seconda?
«Che il leader di tutti è scelto da tutti attraverso elezioni primarie».
— Sono impegni assolutamente vincolanti?
«Assolutamente sì».
— Perché nel 1998 non si andò a elezioni anticipate?
«Non c’erano le condizioni per l’assenza di un patto preliminare».
— Lei era favorevole.
«Per una questione di principio.
— Sicuro di vincerle?
«Non posso certo dire che la vittoria fosse a portata di mano. Non sarebbe stato facile trasformare in pochi giorni una divisione profonda in una proposta vincente».
— L’ex ministro Calderoli, che l’ha scritta, dice che la legge elettorale è una porcata. Cosa ne pensa?
«Quella di Calderoli è, tra virgolette, una irresponsabile spudoratezza. Dice che mai si era divertito nella vita come nella stesura di una legge pensata con l’unico obiettivo di rendere la vita difficile al governo Prodi».
— Perché sapevano già di perdere?
«Sì, e volevano indebolire il governo del Paese».
— Cioè hanno ammesso di lavorare contro l’interesse dell’Italia?
«Questo totale disinteresse per la “Re-pubblica” è certamente l’aspetto peggiore della vicenda. Arrivo a dire, e guardi a che punto ci hanno portato, che rispetto a questo peccato
d’origine anche la norma più sciagurata contenuta della legge non è che un dettaglio».
— Come mai è saltato l’accordo tra il Centrosinistra e le liste civiche?
«Era un’ipotesi percorribile se ci fosse stato il tempo e la possibilità di verificarne l’utilità, ma anche da questo punto di vista la legge elettorale che spinge le coalizioni a chiudersi non ci ha aiutato. La lista civica evoca comunque la competizione civica, cioè locale, se si fa promotrice di una proposta nazionale diventa un partito nazionale ed è sul quel piano che va valutata».
— E il rapporto con il movimentodi Renato Soru?
«E’ positivo, tanto che aveva fatto sperare nella possibilità che esponenti di questa
esperienza nata nella competizione regionale potessero partecipare non solo alla lista unitaria
dell’Ulivo, ma anche alla lista unitaria al Senato».
— Perché non è stato possibile?
«Per gli orientamenti che purtroppo hanno prevalso a livello nazionale».
— Soru si trasferirà a Roma?
«Non l’ho mai sentito».
— Si è vociferato di un incarico di governo.
«Soru farebbe bene in molti ruoli. Ma personalmente ritengo che il presidente non possa che portare a compimento la legislatura secondo l’impegno preso con gli elettori».
— E se lo chiedesse lui?
«Anche se non ne abbiamo mai parlato son sicuro che il presidente condivide questa mia impostazione».
— Cosa glielo fa pensare?
«Ha avviato un cambiamento profondo che richiede tutto il tempo della legislatura. Quel mandato forte che gli elettori hanno affidato a lui personalmente non si vede come possa essere immediatamente trasferito ad altri».
— Il giudizio sull’azione di Soru?
«Resta decisamente positivo».
— Malumori e dissensi non mancano.
«Come tutti i processi riformatori, certo anche l’azione di Soru non può non mettere in conto reazioni e resistenze. Ma nonostante i prevedibili e previsti addendi negativi, il saldo resta ampiamente positivo».
— Sfumato l’accordo con voi, il Psd’Az si è accordato con la Lega. Come lo giudica?
«E’ un esito che mi ha provocato sofferenza e lavorerò con determinazione perché non sia irreversibile».
— Sono due forze compatibili?
«Non riesco a riconoscere la storia gloriosa del Psd’Az in questa scelta. Per quel tanto che ogni sardo è anche sardista ad ogni sardo risulta inaccettabile che il sardismo sia associato
alla Lega Nord e incomprensibile come un dirigenti di origine sardista possano presentarsi in Sardegna sotto quelle insegne».