22 Marzo 2011
LIBIA: PARISI, GIUSTO INTERVENIRE MA ALLA PARI
Autore: Filippo Peretti
Fonte: La Nuova Sardegna
In pochi mesi l’Italia è passata dai tappeti rossi
per Gheddafi all’intervento militare in Libia. Questo cambiamento ha
creato sorpresa nell’opinione pubblica. Come lo spiega?
Mesi? Forse e’ meglio dire settimane. Se non avessimo
esagerato in passato, il fondamento della azione attuale sarebbe piu’
comprensibile. Se non ci fossimo compromessi oltre misura, avremmo
potuto agire con piu’ liberta’ evitando di confondere la Libia con
Gheddafi, e dimenticando che una cosa e’ un regime, un’altra uno Stato e
un Popolo. Invece rischiamo di passare da un eccesso ad un altro. Come
dimenticare che a quello che definiamo ora un tiranno sanguinario si era
pensato di conferire a Sassari la laurea honoris causa in diritto nella
stessa facolta’ nella quale io mi sono laureato. Dobbiamo essere grati
ai docenti che allora si misero di traverso.
Lei è favorevole all’intervento militare. Quale
differenza con il caso Iraq?
Per come si son messe le cose, a questo punto e’
inevitabile esserci. Esserci alla pari per decidere alla pari.
Partecipare alla decisione per poter tenere l’azione all’interno di un
solco compatibile con la nostra Costituzione. La differenza con l’Iraq
sta tutta nella risoluzione dell’Onu che in questo caso precede e non
segue l’intervento. A questo punto la questione non e’ se partecipare ma
come. Importante e’ che a guidarci sia l’obiettivo indicato dall’Onu,
la difesa dei civili. Privati del fondamento di legittimita’ delle
Nazioni Unite e del rispetto rigoroso dei suoi atti finiremmo presto in
una guerra permanente.
Quanto ha pesato nella scelta del centrosinistra
il fatto che oggi gli Stati Uniti sono guidati da Obama e non da Bush?
Prima di guardare a chi guida l’America ora, conviene
dare un occhio alla carta geografica che definisce la nostra posizione
da sempre. Prima che da partiti di opposizione, dobbiamo ragionare da
italiani.
Non c’erano alternative all’intervento militare?
Se oltre che con Gheddafi avessimo mantenuto un
rapporto con la Libia forse saremmo potuti intervenire con piu’
tempestivita’. Avremmo distinto meglio in ognuna delle fasi i fatti
dalla propaganda, e Bengasi da Tripoli. Invece siamo finiti travolti
dagli eventi privandoci della possibilita’ di dare tempestivamente un
altola’ a Gheddafi e svolgere una iniziativa di contenimento e
interposizione, magari in unione con Paesi come la Turchia che avrebbero
potuto condividere con noi obiettivi convergenti.
Quale deve essere il ruolo dell’Italia nell’attuazione
della risoluzione dell’Onu? Mettere a disposizione solo la basi, come
dice Berlusconi?
Piuttosto che strisciare i piedi in azioni fuori dal
nostro controllo, e’ meglio impegnarci alla pari ma controllare le
azioni. Non possiamo limitarci ad azioni ausiliarie o di supporto. Che
gli aerei della coalizione siano nostri o altrui, quello che conta e’
che partono dalle nostre basi. E, se partono dalle nostre basi debbono
muoversi all’interno del nostro stesso mandato. Prima che delle azioni
della coalizione quello che come opposizione dobbiamo percio’ chiedere
al governo e’ che cosa l’Italia ha chiesto e ottenuto al tavolo della
coalizione.
Tra le opinioni di Berlusconi e quelle della Lega e
quelle di altri settori, il governo italiano è diviso e su questo non
ha una maggioranza parlamentare. Questo indebolisce il ruolo
dell’Italia?
Se Berlusconi confonde spesso il Mondo con i
governanti di turno, la Lega sembra agire come se il Mondo non
esistesse. Guidata, come all’inizio tutti i secessionisti, da una
ispirazione isolazionista la Lega scopre il Mondo solo quando il Mondo
irrompe disperato nel cortile di casa. Continuando cosi’ saremo sempre
piu’ deboli. Lo dico al Governo che ha certo le responsabilita’
maggiori, ma non dimentico neppure la mia parte. Dobbiamo crescere tutti
e crescere assieme.
C’è il rischio che su questa vicenda l’Europa si
trovi a seguire le scelte degli Stati Uniti?
Lasciamo stare l’Europa che nei rapporti
internazionali ancora deve dimostrare di esistere. Per quel che riguarda
l’Italia il nostro rischio e’ finire sempre al rimorchio di qualche
altro. Anche quando parliamo della Nato o di organismi nei quali si
decide all’unanimita’, e quindi il nostro voto e’ determinante, ci siamo
abituati a dire “la Nato ci ha chiesto”, come se il nostro destino
fosse solo quello di dire si’, e la Nato non fossimo anche noi. Alla
stagione del se stare o non stare nella Nato e nella altre
organizzazioni di sicurezza collettiva deve seguire quella del come
starci. E noi dobbiamo starci in piedi. Decidendo sui mezzi e prima
ancora sugli obiettivi.
Come giudica l’atteggiamento della Francia?
Certo non ci ha aiutati a dire “noi”. Persino alla
vigilia della riunione nella quale l’Europa doveva decidere cosa fare,
la Francia ha operato in modo unilaterale, quasi a dire che sarebbe
andata avanti da sola, comunque. Una cosa che, da europeo, considero
grave. É sembrato a molti che col suo protagonismo di oggi Sarkozy
voglia far dimenticare di essere stato ieri il riferimento privilegiato
di troppi regimi autoritari dell’Africa. Spero che la nostra
partecipazione sia guidata dalla determinazione a rivendicare la
possibilità di far sentire la nostra voce. Non vorrei che alla nostra
subalternita’ a Gheddafi segua una subalternita’ a Sarkozy.
L’uso della base di Decimomannu espone la Sardegna al
pericolo di ritorsioni?
Non credo. Ma anche se capisco che ci si interessi del
Mondo solo quando il Mondo si interessa a noi, utilizzerei questa
occasione per studiare con piu’ attenzione la carta geografica. Basta
leggere i giornali. La gittata dei missili. La velocita’ e l’autonomia
degli aerei. La sicurezza delle rotte che ci legano al resto del mondo.
Gli approvigionamenti energetici. C’e’ molto da imparare.
C’è il rischio che il Mediterraneo torni a essere
infiammato da un conflitto più grande?
Piu’ conflitti di quelli
che ci sono stati? Piu’ rischi di quelli che si vedono? Basta ripassarsi
gli ultimi ventanni. Basta scorrere col dito le coste del “mare
nostro”.