11 Ottobre 2005
Legge elettorale. ‘E’ notte’, veglia antiproporzionale con tango
Fonte: DIRE
ROMA – “Tristango”, di Giancarlo Caporilli, perche’ il momento e’ triste, rischia di venire abbandonato il maggioritario. “Addio”, di Astor Piazzola, perche’ bisogna resistere al pericolo, dire addio per sempre al proporzionale.Tango, solo tango come note musicali. Accompagnamento sonoro di una “veglia” in piazza, fuori dal Parlamento, da parte di chi rispetto al Parlamento e’ abituato a stare dentro. Veglia per tutta la notte, anche se gia’ ora “E’ notte”. Notte della democrazia, per intenderci. Sotto il gazebo bianco, davanti alla Camera dei deputati, ci sono un po’ tutti quelli che 12 anni fa, nel ’93, erano i propugnatori del referendum sul maggioritario: Arturo Parisi, Mario Segni, Achille Occhetto, Augusto Barbera, Willer Bordon.
Di nuovo insieme, attorniati da una cinquantina di manifestanti, per lottare contro “un vero e proprio colpo di mano” (Parisi), contro una “legge canaglia” che passa sopra alla volonta’ popolare (Segni), contro “i poteri forti che vogliono fare i burattinai come una volta”, e lo dimostra il fatto che ora Confindustria e Montezemolo “e’ passato dall’altra parte” (Occhetto).
Si sono dati appuntamento alle 17,30. Ma non e’ che l’inizio.Si andra’ avanti, come recita il manifesto, “dal tramonto di lunedi’ all’alba di martedi’”. Tramonto e alba, sia chiaro, non solo temporali. Il valore simbolico dell’iniziativa e’ tanto, e lo spiega per tutto il diellino Franco Monaco: “Abbiamo titolato la manifestazione ‘E’ notte’, ed e’ una metafora intenzionale, perche’ il passaggio a cui potremmo assistere e’ drammatico”. E si stara’ in piazza fino all’alba, “perche’ questo e’ l’elemento di speranza per la sorte della democrazia”.
Domani, nell’aula di Montecitorio, inizia l’appuntamento con il voto. Percio’ una veglia che, scandisce Parisi, “e’ una iniziativa che viene dall’esperienza religiosa ma anche da quella militare: la sentinella che attende l’aurora…”.
Questo, insomma, e’ “il tempo della resistenza, non della resa”. Il pensiero, di conseguenza, e’ rivolto “a quei molti che domani, con la loro mano sul pulsante, emetteranno il verdetto nel segreto del voto. Molti, tra questi, condivisero la speranza di cambiamento”. E allora, esorta Parisi, “speriamo, preghiamo -chi vuole-, che la mano sia guidata dalla loro
coscienza e non da interessi di parte o interessi di partito”.
Proprio ai deputati della maggioranza, pochi minuti dopo, si rivolgera’ anche il leader dell’Unione, Romano Prodi. Un’esortazione, un ammonimento, un monito: “Si ricordino, coloro che votano questa legge: non si ritroveranno in Parlamento la prossima volta”.
Ma il monito e’ anche, e lo dice chiaramente Occhetto, a quei parlamentari che anche nelle fila dell’opposizione sono favorevoli al proporzionale. Questo “colpo di mano, questo colpo di Stato” non deve passare anche perche’, lo grida quasi il fondatore del Pds, “bisogna avere la consapevolezza che la battaglia non e’ tra maggioritario e proporzionale”.
No, lo dimostra il fatto che nel ’93 “Confindustria e i grandi giornali erano con il maggioritario. Perche’ oggi Montezemolo e’ dall’altra parte”. La risposta di Occhetto non lascia dubbi: “Il maggioritario ha reso evidente ai poteri forti che devono fare i conti con lo schieramento che ha vinto.
Oggi i poteri forti- scandisce- vogliono diventare i burattinai come una volta e per questo servono governi deboli”.
C’e’ “emozione” in piazza Montecitorio, confessano sia Parisi che Segni. Emozione a ritrovarsi dopo 12 anni a difendere una battaglia incassata nel ’93 “grazie a 28 milioni e 936 mila voti favorevoli degli italiani”, snocciola Segni riportando in piazza alcune delle bandiere bianche e color salmone “Comitato referendum maggioritario” della campagna elettorale di
allora. L’Italia “rischiava di crollare, era corrosa dal debito pubblico, paralizzata dalla partitocrazia. La sfida era di cambiare la politica, non una persona, e le regole”.
A questa sfida hanno risposto si’ “L’82,7 per cento dei votanti contro solo 6 milioni e 74 mila no. Mai un referendum nella storia italiana abbe cosi’ ampi consensi”. Nonostante questo, “oggi si ha non dico il coraggio, ma l’impudenza di voler cambiare una legge senza un nuovo vaglio popolare e con un dibattito parlamentare di poche settimane”. Certo, ammette, “non c’e’ nessuna norma a tutela dell’esito di un referendum, ma ci sono i principi. Se la legge passera’- dice- sara’ un vulnus grave. La volonta’ degli italiani non contera’ nulla”.
Ma, garantisce il paladino del maggioritario abbracciando Prodi appena giunto sotto il gazebo, “finche’ avremo un briciolo di energia, la battaglia la faremo. Questo ve lo garantiamo”. Non solo. Bisogna guardare anche piu’ in la’. Se la proposta diventera’ legge, conclude il presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra, “dobbiamo impegnarci fin da ora: questa legge, quando le elezioni le vinceremo noi, la dobbiamo abrogare”.