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25 Marzo 2010

La sicurezza ha bisogno delle armi nucleari?

Segretariato permanente del Summit permanente Premi Nobel per la Pace - Parlamentari per la non proliferazione e il disarmo nucleare
Autore: Arturo Parisi

All’analisi puntuale e alla riflessione rinnovata che abbiamo appena ascoltato
da Hans Blix, guidata come sempre dal pessimismo della ragione accompagnato
dall’ottimismo della passione, il compito mio e di Giorgio La Malfa
e’ innanzitutto quello di ripetere, (forse in una giornata sbagliata, ma
certo nel posto giusto) la convizione che due anni fa affidammo ad un documento
sottoscritto con Fini, D’Alema, e Calogero.
 
La sostanza
dell’appello che due anni fa condividemmo superando le appartenenze
di schieramento e di partito, e’ riassunto bene nel titolo: “Per un
mondo senza armi nucleari”.
 
Un mondo libero da armi nucleari
e’ doveroso. Un mondo libero da armi nucleari e’ possibile.
 
E
soprattutto: non andare avanti significa tornare indietro.
 
Il
disarmo di chi e’ gia’ armato e’ la condizione prima della non proliferazione
degli armamenti.
 
“Se i Paesi che dispongono di armi
nucleari e soprattutto i due principali tra essi non prendono
l’iniziativa di avviare un processo tendente alla loro
eliminazione, diventera’ sempre piu’ difficile impedirne l’acquisizione
da parte di altri Paesi, con il rischio che prima o poi queste
armi vengano usate con esiti catastrofici per il mondo.”
 
Come
si puo’ chiedere agli altri comportamenti che non siamo disposti a chiedere
a noi stessi?
 
Questa e’ la proposizione del documento
nella quale piu’ mi riconosco e, per questo motivo ho voluto
rileggerla.
 
Il resto viene di conseguenza.
 
Poiche’ i
firmatari di quel documento erano accomunati dalla condizione di ex
ministri, come peraltro della condizione di ex ministri erano
accomunati i firmatari di un documento di qualche mese prima che
aveva in calce le firme di Kissinger e Shutz, ex Segretari di Stato
di Presidenti repubblicani, nonche’ di Perry e Nunn esponenti del
campo democratico, qualcuno potrebbe leggere in quel documento una
ulteriore espressione del “senno di poi”, una testimonianza rivolta
al passato.
 
Per questo motivo voglio ora ripetere nel
presente pensando al futuro che col tempo quella convinzione e’
diventata ancora piu’ forte. Ma sono qua anche per riconoscere che
il “dovere” e il “potere” che sembravano allora lontani si sono in
qualche modo avvicinati. Grazie soprattutto alla successiva
elezione alla Presidenza di Barack Obama la prassi instauratasi alla
fine della guerra fredda, sembra aspirare a diventare dottrina esplicita
affermando che “solo il disarmo puo’ rendere credibili le richieste
di non proliferazione”.
 
Ne da’ proprio in questi giorni la
prospettiva della sottoscrizione dello Start 2, ad un anno dal
discorso di Praga che ha raccontato per voce di Obama il sogno
comune di un mondo liberato dal nucleare.
 
Sembra percio’
avvicinarsi la prima delle condizioni che indicavamo nel documento:
“il miglioramento effettivo dei rapporti tra le due principali potenze
supernucleari che detengono tuttora oltre i nove decimi degli armamenti
nucleari del mondo”.
 
Mentre ci rallegriamo oggi per il cammino
che si e’ raccorciato, debbo tuttavia aggiungere oggi, come due
anni fa, la nostra convinzione “che il cammino che ci separa dalla
meta e’ ancora lunga, anzi lunghissima”.
 
Lungo o breve che sia,
nessun cammino e’ tuttavia possibile se non si fa il primo passo.
 
Ma
noi questo passo stentiamo a farlo. Ecco perche’ e’ preziosa, urgente, indispensabile
l’iniziativa dei “parlamentari per la non-proliferazione nucleare e
il disarmo” che assieme ai “premi Nobel per la pace” hanno organizzato
questo incontro.
 
Quando dico infatti che “noi” questo passo
non lo abbiamo fatto penso soprattutto all’Italia.
 
Chi mi
ha seguito nella mia fatica di ministro della difesa forse ricordera’
la mia ricorrente denuncia della carenza anzi della assenza nel nostro
Paese di una cultura della difesa. Una assenza che talvolta qualcuno ha
letto come la dimenticanza delle tematiche relative al personale militare,
o alla ignoranza delle problematiche relative ai mezzi. La scarsa considerazione
delle risorse delle competenze e dei meriti che garantiscono al
paese il quadro sicurezza, quel quadro di sicurezza senza il quale la convivenza
non e’ pensabile. Certo anche queste tematiche sono rilevanti, anche
su queste la nostra cultura politica ha steso un velo di intenzionale ignoranza.
Ma questo e’ accaduto per l’assenza del nucleo centrale della cultura
della difesa che e’ la riflessione sui fini dell’uso della forza legittima,
e in connessione con questo della rivendicazione da parte dello Stato
del suo monopolio.
 
Ebbene, cedendo ad un gioco di parole si
puo’ dire che la disponibiilita’ e l’uso del nucleare e’ oggi il
nucleo centrale di questa riflessione.
 
Se l’uso esclusivo della
forza e’ il corollario principale della statutalita’, il rifiuto o
l’accesso al nuclerare, in forma individuale o condivisa rischia
di essere pensato da troppi come un corollario della pienezza della
sovranita’.
 
Come molti anche io penso che non tutti i
cittadini debbano essere informati su tutti i temi che come
parlamentari siamo stati delegati ad affrontare. Ma, se c’e’ un
tema del quale tutti dovrebbero essere investiti, nonostante
qualcuno potrebbe pensare l’opposto, questo e’ proprio quello delle
scelte relative all’armamento nucleare. Ed e’ chiaro che in
questo caso non parlo del rapporto tra non proliferazione, disarmo e genericamente
il mondo o alcune superpotenze, ma del nostro armamento e del nostro
disarmo nucleare, dell’armamento nucleare che garantisce il quadro di
sicurezza del nostro Paese.
 
Si’. Perche’ questo e’ il tema
che dobbiamo riuscire ad affrontare e affrontarlo finalmente tutti
assieme, e soprattutto affrontarlo in pubblico, superando le
censure e i taboo che finora lo hanno impedito. E penso a questo
proposito ad ieri perche’ e’ il giorno prima di oggi. Mi riferisco
al dibattito confuso che e’ stato alimentato ieri dalla risposta ad
una domanda rivolta al sottosegretario Crosetto circa la presenza nel nostro
Paese di testate nucleari. Un confronto aperto sulle agenzie dalla imbarazzata
risposta del sottosegretario che ha “ribadito che l’Italia non ha
armi mucleari” e “non ha percio’ problemi di disarmo perche’ in Italia non
ci sono testate nucleari”. Un confronto chiuso in serata dalla imabrazzante
precisazione che “dire che l’Italia non ha testate nucleari e’ cosa
ben diversa dal dire che in Italia non ci sono testate nucleari” e, quindi,
come scrivono le agenzie “confermando implicitamente la presenza delle
testate nucleari nel nostro Paese”. Lo ricordo con comprensione per il
sottosegretario solo a dimostrazione della difficolta’ di affrontare in pubblico il tema. Quanto al futuro penso all’appuntamento
prossimo che ci attende in occasione della revisione del Concetto
strategico Nato che e’ a questo proposito l’appuntamento piu’
vicino. Direi anzi troppo vicino. Basti a questo proposito le
affermazioni contenute nell’ultimo Concetto strategico del 1999
ancora vigente per il quale “l’Alleanza continuera’ a mantenere nel
futuro prevedibile un’adeguata combinazione di forze nucleari e
convenzionali con base in Europa ed a tenerle aggiornate ove necessario, ma comunque al livello minimo sufficiente” (par.46, cosi’ come i
parr.62,63 e 64).
 
E’ di questo che dobbiamo riuscire a
parlare. Non credo che sia possibile saltarlo.
 
Un Paese
che non riesce a discutere dei fini della difesa non e’ un Paese sovrano,
un Paese che non e’ capace di discuterne in pubblico non e’ un paese
democratico
 
Hic Rodus. Hic salta. Avrebbero detto gli antichi.
E’ bene che ci prepariamo a saltare.