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2 Aprile 2010

LA LINEA DI BERSANI E’ INCOMPRENSIBILE

Autore: Roberta D'Angelo
Fonte: Avvenire

Ha perso Bersani, ma
hanno perso tutti, Lega compresa. Ha perso il Pdl ma «ha vinto Berlusconi».
Arturo Parisi, l’ex ministro del Governo Prodi,  grande ideatore del Pd, guarda agli 8 milioni
di astenuti come a un «record storico che può annunciare sciagure, su cui
bisogna riflettere. “Dentro questo contesto vanno letti i dati che riguardano
tutti partiti», dice. «Ma – spiega impietoso – gli elettori che
abbandonavano il centrodestra non hanno individuato nel Pd quella proposta
alternativa che corrispondesse alla delusione nei riguardi del governo».

Bersani è il terzo segretario del Pd che esce
sconfitto.Neanche la sua linea va bene?

La responsabilità non è solo di Bersani. È di tutto il
gruppo dirigente del partito, anche se il segretario è sempre il primo. Ma
tutte le linee che si sono contrapposte nel Pd sono partecipi della stessa
difficoltà.

Cioè?

Hanno perso tutte e tre le linee. Sia quella che in nome di
un “avanti tutta” spinse Veltroni a sciogliere la coalizione di
centrosinistra, sia quella dell’”indietro tutta” che
D’Alema ha sempre sostenuto con l’obiettivo del ritorno al
proporzionale e di un’alleanza con l’Udc, sia quella di Bersani che
ha cercato una posizione intermedia, approdando in un’unione di fatto
tenuta da quell’antiberlusconismo che si voleva archiviare, dopo la
caduta di Prodi.

Il partito non decolla? O bisogna darsi «una
mossa» come dice Bersani?

Il problema non è di “passo” ma è di mèta. E
ammesso che sia possibile ripartire, perché il motore si ingolfa, bisogna
riconoscere che ci siamo fermati. Serve una riflessione più accorta sui dati da
parte di Bersani. Riconosca che il partito è fermo. Riconosca l’origine
nell’assenza di una linea e di una meta e si svolga quella scelta che non
c’è stata. Assistiamo a un partito fermo che attende sulla riva del fiume
che passi il cadavere dell’avversario. Ma anche se c’è una crisi
della leadership di Berlusconi, noi abbiamo bisogno di mettere in campo
un’iniziativa alternativa.

Le primarie e il Congresso sono già da
rifare?

Il punto è che il Congresso non c’è mai stato. Questo
è l’esito di primarie che hanno avuto come oggetto ossessivo la scelta di
una persona ma non di una linea. Perché se avessimo alle spalle un Congresso,
avremmo una linea messa alla prova nel confronto tra posizioni diverse. Noi
sappiamo chi ha vinto, ma non la linea.

In Puglia le primarie hanno
funzionato.

In Puglia Vendola ha interpretato l’alternativa al
governo. Le primarie hanno fatto di Vendola il candidato di tutti. Quello che
non è successo nel Lazio, dove la Bonino è stata una candidata di partito. Ha
vinto la coalizione che disponeva di un leader della coalizione. In Puglia
c’era un leader di tutti.

E il laboratorio del Piemonte?

È stato il desiderio di estendere al massimo la quantità.
Una linea, quella dall’Udc a Di Pietro, che non ha avuto il riscontro.

Bersani si è rivolto ai
circoli…

Ripartire dalla base è una tentazione, perché se i leader
servono a qualcosa servono a formulare una proposta e a indicare una meta
intorno alla quale la base viene mobilitata.

Il punto resta dove dobbiamo
andare.