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5 Agosto 2003

Intervista ad Arturo Parisi

Autore: Federico Orlando
Fonte: Europa

Federico Orlando – Ti ho cercato a telefono e mi hanno detto che stavi presiedendo l’unità di crisi della Margherita. Ne possiamo parlare, o è top secret?
Arturo Parisi – No secret. Anzi, siccome la denominazione è un po’ altisonante, ho proposto di abbandonarla. Si tratta di un Comitato per le crisi internazionali, di cui fanno parte, con me e Rutelli, gli ex presidenti del consiglio da De Mita a Dini, gli ex ministri degli esteri e dell’interno Mancino, Enzo Bianco, il responsabile del dipartimento esteri Pistelli, i capigruppo parlamentari Castagnetti e Bordon, e insomma non farmi fare l’elenco.


Orlando – Quindi crisi della guerra, crisi dell’Europa, crisi dell’Ulivo…
Parisi – Aggiungi crisi del governo italiano e del nostro ruolo in ambito Onu, nell’Unione europea, nella credibilità complessiva. Ma non è audace dire che la vicenda dell’Europa ha alcuni tratti in comune con la vicenda dell’Ulivo.


Orlando – Magari ne parliamo dopo, dimmi le conclusioni del Comitato.
Parisi – Abbiamo messo a fuoco quattro punti: 1) riconfermata la netta contrarietà all’azione militare in corso in Iraq; 2) sottolineata la sconcertante inadeguatezza del governo italiano nella gestione della crisi, nella definizione di una linea politica coerente, chiara; 3) confermata la vocazione europea e “multilateralista” della Margherita, cioè rafforzamento dell’Onu, unica organizzazione legittimata all’uso delle armi; 4) netta separazione tra la sciagurata linea politica dell’amministrazione Bush e l’antiamericanismo presente in parti del movimento pacifista, ma non certo nella Margherita.


Orlando – Quindi, Onu, Europa, Ulivo: tre principi aggreganti.
Parisi – L’Onu è da ricostruire, l’Europa e l’Ulivo sono da costruire. Due costruzioni che hanno tratti in comune. Nel senso che la domanda di Europa come la domanda di Ulivo sopravanzano l’offerta. E’ un gap che va colto nella sua  potenzialità positiva: le rivoluzioni nascono quando la domanda cresce e la risposta è inadeguata. Uso un’immagine che ho già usato: abbiamo tirato il pallone molto avanti e fatichiamo a riprenderlo.


Orlando – Ma è stato positivo lanciare il pallone in avanti, sono cinque decenni che invochiamo l’Europa e un decennio che chiediamo l’unità  delle forze riformiste di centrosinistra.
Parisi – In Italia l’idea d’Europa è penetrata nell’opinione pubblica come lama nel burro. Non altrettanto in Francia e soprattutto in Inghilterra. Il nostro governo lo sa, ma non è un governo europeista: sta qui la radice di tutte le sue furberie e contraddizioni. E’ antieuropeista in  un paese europeista.


Orlando – Guarda caso, lo stesso discorso vale per la pace.
Parisi – Questo governo è arrivato a sostenere d’aver promosso nell’interesse dell’Europa quella iniziativa degli Otto che si schieravano a fianco di Bush, in contrapposizione a Francia e Germania. Non era promotore di niente, perché era solo gregario; e non era europeista, perché era solo un accodamento all’amministrazione Bush.


Orlando – Era anche goffo, con quella storia del ponte fra le due rive dell’Atlantico. Essere al tempo stesso europeista e filobush.
Parisi –  Non poteva esserlo, non può esserlo perché questo governo è culturalmente subalterno all’amministrazione Bush.


Orlando – Ha detto il tuo collega politologo Saverio Vertone, nostro collaboratore, che l’amministrazione Bush, con tutto l’intreccio di interessi personali in essa rappresentati, che stanno arraffando gli appalti della ricostruzione in Iraq, sembra essersi assunto il compito di rendere plausibile la semplificazione di chi definì il governo delle democrazie come il comitato d’affari del capitalismo.
Parisi – Quest’amministrazione Bush è totalmente estranea all’ispirazione liberale che s’è incarnata nel sogno  americano. Noi invece vogliamo riconoscerci in quella che ancora chiamiamo la rivoluzione americana. Noi rifiutiamo Bush in nome della nostra amicizia per l’America, della sua  tradizione che ce la fa riconoscere come maestra dei nostri valori e come nostra liberatrice dall’oppressione fascista. Potrei dire che è “da americani” prima ancora che “da europei” che esprimiamo un giudizio negativo su Bush, al tempo stesso in cui riaffermiamo la nostra amicizia per il popolo americano.


Orlando – Insomma, come  nel giorno delle Due Torri, siamo tutti americani. Ma,stavolta, contro Bush. E’ la condizione per costruire l’Europa.
Parisi – Esattamente, perché l’Europa che vogliamo costruire non nasce in antagonismo con l’America, che è parte integrante della civiltà europea. L’ho detto al Comitato e lo ripeto: il sogno americano è stato sognato in Europa e realizzato in America dai Padri pellegrini. Noi ci sentiamo eredi di quei Padri non meno che dei padri fondatori dell’Europa unita, De Gasperi, Adenauer, Schumann. E nemmeno dimentichiamo che essi furono in sei, e in sei rimasero per molti anni.


Orlando – Vuoi dire che non ti meraviglia più di tanto se Prodi benedice l’iniziativa  di quattro dei sei, Francia, Germania, Belgio e Lussemburgo, in favore di un esercito europeo integrato, e invece l’inglese lord Robertson, segretario della Nato, irride, parlando di “tigri di carta”.
Parisi – Voglio dire questo: all’Inghilterra, che non è ancora entrata  nell’euro e nemmeno nel patto di Schengen, e ad altri paesi che non sono ancora entrati nell’Unione, non posso chiedere la stessa maturità europeista dei paesi fondatori. Purtroppo il governo Berlusconi ha allineato l’Italia alle posizioni dei paesi che non sono ancora nell’Unione E’ questo che fa dire al tedesco Fisher «A noi è mancata l’Italia». Kohl mise a rischio il credito di cui godeva fra i tedeschi, e si chiamava marco, per tenderci la mano: sapeva che l’Europa, nemmeno l’Europa monetaria, poteva nascere senza di noi,  sul solo asse franco-tedesco.


Orlando – La guerriglia del nostro governo contro l’Europa è cominciata da prima  della  scelta di pace o guerra in Iraq che ha diviso l’Europa. Mi pare che contro la Convenzione, contro la Carta della nuova Unione, sia in atto un sabotaggio italiano, di cui non si parla abbastanza.
Parisi – La Convenzione è sotto tiro da parte di questo governo, la cui iniziativa antieuropea si è svolta contemporaneamente su scenario mondiale e italiano. Gli emendamenti di Fini hanno mirato a frenare lo slancio di integrazione comunitaria e a trattenere l’Europa in un sistema intergovernativo. L’idea che all’immigrato venga riconosciuta mobilità solo nell’ambito del paese d’immigrazione, la dice lunga.


Orlando – Al tempo di Mussolini si chiamava passaporto interno. E’ con queste pietre al collo che arriviamo alla guida del semestre europeo.
Parisi – Difficile immaginare come l’Italia possa guidare il semestre muovendo dalle posizioni più antieuropeiste che essa abbia mai conosciuto.Che Berlusconi pretenda di firmare a Roma il secondo Trattato dell’Unione, guidato da un’ispirazione opposta a quella dei padri che firmarono il primo, denuncia una concezione televisiva della politica: fondali di cartone come a Pratica di Mare, dove l’immagine fa premio sui contenuti. Ciò detto, non ci iscriviamo al partito del tanto peggio tanto meglio, perché nelle questioni internazionali questo governo è il nostro governo, ahimé, e i suoi errori vengono imputati a tutti gli italiani.


Orlando – Nel parlamento europeo le forze politiche si sono divise sulla guerra: conservatori, popolari e comunisti da una parte, socialisti, liberali e verdi dall’altra. L’avvenire dell’Europa passa anche per la rifondazione delle sue forze politiche. Il tuo intervento sulla rivista Italianieuropei ha rilanciato l’idea della casa comune di tutti i riformisti.
Parisi – L’Europa ha bisogno, non meno dell’Italia, di una democrazia dei cittadini. Il governo dell’Europa deve essere legittimato da un voto dei cittadini europei, non più (come oggi la Commissione) dai governi nazionali. Alle prossime elezioni europee i partiti dovranno dire agli italiani cosa vorrà  fare nel parlamento di Strasburgo. E i partiti debbono entrare in questo lungo processo, che sfoci in soggetti politici continentali.


Orlando – Ma in Italia questi soggetti politici unitari non sono ancora nati, vedi Ulivo.
Parisi – E’ vero, ma sappiamo che se non trasferiamo in Europa la domanda di governo e di unità che ci interpella in Italia col nome di Ulivo, le divisioni che sopravvivono nell’Unione rischiano di frantumare quel tanto di unità che siamo riusciti a costruire, anche in Italia. Per parafrasare una vecchia formula, nessuno pensi di poter costruire l’Ulivo in un paese solo.


Orlando – Cioè, l’unità dei riformisti, che s’è immaginata in Italia, postula e presuppone l’unità dei riformisti a livello europeo. C’è una traccia, per arrivare alla costruzione del partito nuovo, in Italia e in Europa?
Parisi – La premessa è la consapevolezza che si tratta di un processo lungo e impegnativo, che dev’essere guidato dall’impazienza nel cominciare, dalla pazienza nel continuare. Per questo ogni giorno è giusto per iniziare, sapendo che non sarà il giorno conclusivo. Sapendo, è perfino banale ricordarlo, che la politica è passaggio dalla pluralità all’unità. E pluribus unum, come sta scritto nello stemma degli Stati Uniti. E quindi, far coesistere la pluralità, insita nella natura politica del progetto ulivista, con meccanismi che interpretino e soddisfino la domanda di unità. Da questo punto di vista, la costruzione dell’Ulivo è assolutamente analoga alla costruzione dell’Europa.


Orlando – Anche i meccanismi della costruzione sono analoghi.
Parisi – Anche quelli. Possiamo elencarli, ricordandone l’evoluzione: 1) il parlamento, che rappresentava gli Stati e ora rappresenta i cittadini che lo eleggono; 2) la commissione, che è ancora designata dai governi ma già si pone come un soggetto che li supera e anticipa l’unità dell’Europa; 3) la moneta. L’euro dell’Ulivo è la parola, il concetto, la categoria, il riferimento comune; 4) la mobilità, che in Europa è da frontiera a frontiera e nell’Ulivo da partito a partito, senza più passaporto.


Orlando – Per questo volevi che Moro fosse commemorato dall’Ulivo, come suo  riferimento comune, piuttosto che dai soli dc?
Parisi – Moro, Einaudi, Turati, Cattaneo: perché riconoscerli ancora come icone delle singole chiese? Così per la Commissione, così per l’Ulivo: quel che conta è che strutture, ruoli, gruppi dirigenti siano riconosciuti come comuni. E soprattutto un progetto di società, prima ancora che un programma di governo, che sia il cemento unificante della coalizione


Orlando – Con quali regole?
Parisi – Essenzialmente due: 1) superamento delle decisioni a unanimità, almeno su alcune materie, e quindi abbandono del diritto di veto in testa alle singole forze politiche; 2) approvazione di norme essenziali che ci consentano di riunirci e decidere in comune le cose comuni.


Orlando – Il tutto in un imminente Forum del programma?
Parisi – Il Forum del programma non è un appuntamento organizzativo, ma il luogo in cui, con le modalità più libere e il coinvolgimento più ampio, sia possibile a tutto il popolo dell’Ulivo di incontrarsi al di là delle appartenenze e delle provenienze. E in funzione di  un’idea di futuro. I “quadri” non c’entrano. Ogni giorno che passa senza che questa impresa inizi, è un giorno perso.