Questo
è l’intervento di Arturo Parisi tenuto all’Assemblea nazionale del Pd a
Roma lo scorso 20 giugno 2008. L’intervento richiama all’ordine
procedurale e al rispetto dello Statuto del partito. Arturo Parisi si
riprometteva di fare successivamente un intervento politico, ma le
condizioni date non lo hanno consentito.
Debbo dire che dopo la relazione
densa e compiuta di Veltroni è sempre faticoso intervenire come io
intendo intervenire sull’ordine dei lavori. Era mia intenzione
rivolgere una domanda alla presidenza, ho già avuto una risposta ed è
quindi con questa risposta che è sottoforma di proposta che io mi
confronto. La proposta e la linea che è stata formulata dal gruppo
dirigente perché è chiaro che la presidente se n’e’ fatta semplicemente
portatrice, ha un contenuto che è a tutti evidente: formalmente
compatibile con lo statuto che per la prima volta ci troviamo ad
applicare, essa mette capo ad un assetto del partito che rischia di
definirne il dna da questo momento in poi. Lo dico a partire da un
ragionamento, lo dico a partire dall’esperienza. E’ evidente che quella
proporzionalità che compone la lista unica che viene annunciata come da
sottoporre ad un voto di assemblea, che non corrisponde esattamente
alla categoria dell’elezione, cosi come la si potrebbe dedurre
dall’articolo 8 dello statuto, evoca infatti una proporzionalità
nascosta che non corrisponde purtroppo alla preoccupazione appena
evocata dal segretario in ordine all’inopportunità che il partito nasca
costruito su un sistema di equilibrio di correnti. Io so che di queste
cose, probabilmente, avremo difficoltà a parlarne in pubblico. E già
questo sta ad indicare quello che è lo stato di salute del partito.
Credo che sia difficilmente accettabile confrontarsi con un appello
ulteriore alto da parte del segretario. Leggere con parole che non
posso non far mie, ieri sui giornali, attribuito a D’Alema o a Bettini,
vi era l’invito a mescolarsi a partire dalla politica e a superare ogni
tentazione di corrente, per di più che nasca non più nella forma delle
correnti alla fine del loro percorso da gruppi ideali, ma da gruppi di
difesa del ceto politico. Come riconoscere in queste preoccupazioni la
proposta che ci viene sottoposta? Un partito che nasce dovrebbe avere
il coraggio di aprire un largo dibattito. Perché solo a partire dal
dibattito dal confronto delle scelte le persone si possono riaggregare
in termini nuovi, in riferimento alle domande che diamo nel presente
per il futuro. E non in riferimento alle aggregazioni che noi
raccogliamo dal passato. E’ una preoccupazione che sottopongo alla
presidenza e all’assemblea nel momento in cui con una proposta della
quale vengo a conoscenza in questo momento, che è in distribuzione tra
i banchi da parte di responsabili dell’organizzazione sento proporre
questa assemblea come l’ultima assemblea, un’assemblea che conferisce e
trasferisce i suoi poteri alla direzione, un’assemblea che confermando,
ahimè, la prima e la seconda assemblea associa con difficoltà al nome
di partito l’aggettivo democratico, l’unico al quale ci siamo
aggrappati non sapendo definirci altrimenti. Per questo motivo
formulando una proposta io chiedo che oggi si consenta un dibattito e
si trasferisca ad un’assemblea successiva la decisione sul proprio
scioglimento e sull’elezione della direzione.