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7 Luglio 2008

In piazza perchè nel Pd c’è un vuoto di democrazia

Autore: Arturo Parisi
Fonte: Corriere della Sera

Caro Direttore,

Panebianco scrive sul Corriere di ieri che “La manifestazione dell’8 luglio avrà Berlusconi come nemico ufficiale e Veltroni come nemico vero”. Di certo una cosa esagerata, ma non del tutto infondata.

E’ per questo che abbiamo dissentito dal tono aggressivo di Flores verso Veltroni e, difronte al rafforzarsi di una prospettiva che lo assumeva a bersaglio, abbiamo sentito la necessità di distinguerci da voci populiste e qualunquiste che non condividiamo.

Chi mi segue sa che a partire dalle elezioni vado svolgendo assieme ad alcuni amici una linea di nitida ed aperta opposizione alla segreteria e al gruppo dei capicorrente che, con e contro Veltroni, dirige il partito. La stessa opposizione che gli ulivisti hanno manifestato fin da quando Veltroni un anno fa decise di scendere in campo come candidato premier dietro le apparenze di candidato segretario, con tutti i corollari che da questo sono derivati.

Non le abbiamo mandate a dire e continueremo ad attenerci a questa regola. E anche difronte alla manifestazione dell’8, la freddezza e ostilità della segreteria del Pd, non ci ha impedito di dire e ripetere più volte che di essa riconosciamo l’opportunità e la tempestività e soprattutto i suoi obiettivi di fondo. Opporsi al tentativo di tornare all’antica confusione tra l’agenda personale del “principale esponente dello schieramento a noi avverso” e quella del “Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana”.

E tuttavia non possiamo dimenticare che il Pd è il nostro partito e Veltroni resta il nostro Segretario ed anzi che conduciamo questa opposizione proprio perchè consideriamo il Pd il nostro partito.

Per questo motivo la lealtà e la condizione stessa di oppositore mi ha impedito di considerare la possibilità di essere tra i promotori di una manifestazione che vede tra gli organizzatori altri partiti, ed è per di più aperta al rischio che abbia proprio il nostro partito come vero bersaglio.

Ma, come non chiedersi tuttavia come mai tanti nostri elettori si riconoscano nella manifestazione nonostante il rischio che essa si indirizzi contro il vertice del partito?

Due sono a mio parere le risposte. La mancanza di luoghi dove far sentire con efficacia la propria voce. La mancanza di modi per elaborare il proprio disagio difronte alla contraddittoria girandola di posizioni del partito.

Non bastano le istituzioni, dice qualcuno, dove già gridano le persone abilitate a gridare, nei tempi, nei modi previsti dai regolamenti? Ma i “non abilitati”? Dico io. Cosa dovrebbero fare i non abilitati, detti altrimenti cittadini comuni. Basta la delega ai parlamentari nominati dai vertici del Partito democratico perchè li rappresentino in questa legislatura? Possono, mentre attendono per il 2013 “il diritto alla rivincita”, limitarsi a sfogarsi in famiglia o con colleghi e amici, o scatenarsi sulla “rete”? Perchè questo è il problema. Come manifestare il rifiuto di una democrazia intermittente che consente ai cittadini di esprimersi solo ogni cinque anni e per di più con una efficacia calante? E’ per questo, non per offrire la possibilità di assistere ad un altro talk show in una festa d’estate, o per partecipare ad un dibattito accademico del quale qualcuno farà poi quel che vorrà, che abbiamo dato vita al Partito Democratico. Ma per costruire luoghi dove confronti appassionati, attraverso regole democratiche, potessero concludersi in decisioni impegnative.

Non è quello che è successo? Dei 12.092.998 cittadini nostri elettori, 3.554.169 sono i cittadini che 9 mesi fa hanno preso sul serio l’offerta di partecipazione delle primarie. Un dato del quale ci vantiamo mentre dovremmo invece vergognarci. L’Assemblea nata da quel voto per discutere e decidere quello che ai cittadini non era stato possibile si è trasformata infatti pian piano in una beffa. Senza grande sopresa, sotto gli occhi di tutti, i 2858 membri della Assemblea si sono
riuniti in Assemblea per tre volte solo per acclamare qualcuno o qualcosa, riducendosi piano piano in quella di quindici giorni fa a poco più di 500. Come meravigliarsi che la meravigliosa sirena delle primarie sia finita perciò in una coda di pesce rappresentata da una direzione di 200 persone nominate dai capicorrente?

Il riepilogo è d’obbligo per spiegare come le cose siano quindi, semmai, esattamente all’opposto di quel che pensa Panebianco. Veltroni non è infatti il vero bersaglio della manifestazione dell’8, ne è il suo principale organizzatore. E’ infatti il vuoto di democrazia che abbiamo chiamato “partito” che è all’origine del pieno di partecipazione che chiamiamo “piazza”. A chi chiede “perchè mai manifestare nelle piazze”, la risposta è: e allora dove? nelle assemblee di partito? E a chi chiede “perchè gridare”? la risposta è: e allora come? aggiungendo una firma ai cinque milioni già preventivati?

Ed ora un cenno solo un cenno alla nevrosi, alla sofferenza causata alla base democratica dalla contraddittoria girandola crescente nelle posizioni del vertice. Credo che un nome basti: “Di Pietro”. Leggo che Veltroni avrebbe ieri invitato i socialisti a non considerare Di Pietro un nostro “nemico assoluto”. Quanta strada in così poco tempo! Non son neppure tre mesi che ci presentammo agli elettori con Di Pietro nelle vesti non di “non nemico assoluto” (manco fosse Hitler!) ma addirittura di “amico assoluto”, l’unico scelto ad incarnare l’eccezione alla regola dell’andare da soli, l’unico compatibile col “prima i programmi dopo le alleanze”, l’unico compagno col quale condividere un cammino guidato dalla determinazione “di metter fine ai quindici anni di odio” verso il “principale esponente etc.” Tutto si può rimproverare a Di Pietro fuor che l’incoerenza. Una follia!

E’ per questo che penso esagerate ma non del tutto infondate le affermazioni di Panebianco di oggi.

E’ per questo che martedì non sarò tra i promotori, non esporrò la mia voce al rischio che venga confusa con quella di chi persegue scopi diversi da quelli ufficiali, ma sarò tuttavia tra i cittadini e in particolare tra i democratici per ascoltare la loro voce, parlare con loro, e condividere la loro protesta e il loro disagio.