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18 Dicembre 2008

In democrazia chi perde si mette da parte

Autore: Paola Milanesio
Fonte: Il Mattino

Nonostante i casi giudiziari di questi giorni vedano
coinvolti soprattutto esponenti del Pd, la questione morale non
riguarda solo la sinistra ma sembra legata a un progressivo scollamento
tra una dimensione etico-civica e l’attività politica quotidianamente
esercitata. Perché?

Se i casi sono giudiziari lasciamoli ai magistrati,
per rispetto degli indaganti, degli indagati e delle indagini. Se la
questione é invece morale é bene che siano le persone a fare
ognuna per se l’esame della sua coscienza evitando di battere il mea
culpa sul petto del vicino. E allora ce n’é per tutti. Ci vorrebbe pure
che la morale facesse questione solo per la sinistra. Se morale é
innanzitutto per sé e non si riduce col fare la morale agli altri,
dovendole parlare soprattutto di me, non avrei difficoltá a riconoscere
nell’abitudine e nella professionalizzazione della politica l’origine
prima di quello che lei chiama lo scollamento tra la vocazione e
l’azione. Come sanno tutti i professionisti, dagli avvocati ai preti,
se la chiamata che ci portó dove siamo non viene ogni giorno rinnovata,
la antica voce si indebolisce e si perde il senso della nostra azione.
Figuriamoci cosa succede se questa voce non c’é stata neppure
all’inizio.
 
Il Pd è destinato a sgretolarsi o, nonostante le
divisioni interne, è in grado di affrontare la situazione? E come se ne
esce? devono farsi da parte gli inquisiti?
Che c’entrano gli inquisiti! Innanzitutto i fatti
inquisiti si riferiscono quasi sempre ad un tempo passato. Ma
soprattutto, come vado ripetendo da molto prima della tempesta
giudiziaria, la crisi del Pd é essenzialmente una crisi politica. Dopo
aver detto che intendevamo non solo fondare un nuovo partito ma un
partito nuovo, non siamo riusciti a spiegare ai cittadini in cosa
consisteva questa novitá. Ma, quel che é peggio, ci rifiutiamo di
capire che é proprio a causa di questo che i cittadini non ci hanno
premiati, ed ora vanno abbandonandoci. E’ che abbiamo detto troppe
parole alle quali non sono seguiti fatti politici coerenti.
Quali le cause di questa difficoltà del partito. Non sarà solo colpa di Veltroni?
Certamente no. Ognuno di noi, ha la sua parte di
responsabilitá, a cominciare da me. Veltroni, come ogni guida di turno,
si trova tuttavia a dar conto del cammino lungo il quale ha guidato il
partito. Nelle democrazie moderne, a cominciare da quella americana che
tanto piace a Veltroni oltre che a me, le democrazie che affidano ai
capi un potere forte e personale, si é affermata tuttavia la regola che
chi perde passa la mano. Semplicemente senza troppe discussioni. Solo
cosí si puó chiudere con le recriminazioni sul passato e riaprire la
prospettiva del futuro.
 
Si è chiesto perché solo questo interesse della magistratura per la sinistra?
La fiducia che tutti i cittadini hanno nella
magistratura mi porta ad escludere che ci possa essere un disegno.
Penso che le coincidenze siano nella percezione e nella comunicazione
piuttosto che nella realtá
 
Veltroni parla di innovazione non sufficiente. Lei
ritiene che l’innovazione passi anche attraverso un cambio totale del
vertice del Pd?
Non condivido l’idea che la distinzione tra il
vecchio e il nuovo sia di natura penale e ancor meno morale, ma, come
ho detto, politica. Come in ogni camo, anche in politica nuovo é chi
sostiene la necessitá di cambiare e vecchio chi ritiene che sia meglio
continuare come prima. Anche se Veltroni é stato sconfitto, considerato
che ha ritenuto che per il Pd fosse arrivato il tempo di fare da soli,
Veltroni é certo piú nuovo di me che ritenevo e ritengo ancora valida
l’esperienza dell’Ulivo. Non per questo i nuovi possono vantare una
moralitá superiore o un maggiore rispetto delle regole.