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3 Luglio 2007

Il Walter che serve al paese

Autore: Arturo Parisi
Fonte: La Stampa

Caro direttore,
Veltroni mi chiede cosa pensi del suo
discorso di Torino che non avevo ancora avuto la possibilità di ascoltare al
momento del colloquio con L’’Espresso. Che Veltroni condividesse con noi le
stesse idee e usasse le nostre stesse parole non ne ho mai dubitato. È anche
per questo che, come lui ha ricordato, gli avevamo chiesto e – io aggiungo –
gli richiederemmo di candidarsi alla guida del Partito democratico.

C’è tuttavia il rischio che non si dia peso adeguato a ciò che Veltroni
ha veramente detto a Torino considerato che, nell’era della televisione, il
mezzo è il messaggio. Così pure la lettura di un testo non può prescindere
dal contesto o, per dirla all’antica, ogni predica è segnata dal pulpito dal
quale viene. È per questo che, a chi appare rivolgersi a noi a nome dei
vertici dei partiti, o comunque dopo averne, assieme a Dario Franceschini,
acquisito previamente il sostegno organico, a chi ci parla di programmi
elettorali piuttosto che di partito mentre all’ordine del giorno è la

fondazione di un partito, a chi si porta ai blocchi di partenza come se
fosse già sul podio del vincitore, non possiamo non chiedere dei chiarimenti
sul diverso peso che egli dà ai singoli punti e sull’ordine nel quale li
dispone. Ma è evidente che questo può essere chiesto, può essere chiarito
solo nel confronto e nell’’approfondimento. Ma questo anche in politica è
possibile solo se all’interno di una competizione.

È per questo che
il Walter che serve al Paese, quello al quale abbiamo proposto e proporremmo
ancora di candidarsi non è un Walter ecumenico perché sostenuto da un voto
unanime attraverso un plebiscito nel quale sia possibile dire solo sì o no.
È per questo che il Walter che serve al Paese, quello al quale abbiamo
proposto e proporremmo ancora di candidarsi, non è il Walter candidato alla
premiership del governo in elezioni che dovrebbero svolgersi tra quattro
anni, ma un Walter candidato alla leadership di un partito nuovo, del quale
dobbiamo ora decidere il profilo in vista dell’appuntamento elettorale che
tra quattro anni ci attende, ma anche in vista degli appuntamenti
successivi.

È per questo che il Walter che serve al Paese non si limita
a dire che, se la legge elettorale non si farà, il referendum potrà essere
utile, ma un Walter che, mentre si spende perché la legge cambi in
Parlamento, si adopera anche perché il referendum, che rischia di non avere
dalla sua le firme delle quali ha bisogno, le raccolga o almeno disponga
della sua personale sottoscrizione. È per questo che il Walter che serve al
Paese non si limita a dire che chi si vuole presentare come candidato si
presenti ma, poiché le regole sono ancora in corso di definizione, un Walter
che si impegna personalmente perché questo sia possibile non solo sul piano
teorico ma anche attraverso garanzie che escludano l’intervento delle
macchine partitiche a favore della propria candidatura.

È per questo
che il Walter che serve al Paese promuove attivamente, a sostegno della sua
candidatura, un’aggregazione che permetta a quanti si riconoscono nella sua
piattaforma politica di mescolare le proprie storie e le proprie speranze,
liberi da ogni appartenenza presente e a prescindere da ogni provenienza
passata. Un’aggregazione che si impegni quindi a rappresentare questa
visione nella prossima Assemblea costituente e a tradurla coerentemente
nello statuto del partito nuovo. Ha detto benissimo Walter a Torino che se
«gli italiani provano ad avvicinarsi alla politica è più facile che si
imbattano nella richiesta di aderire ad una corrente o a un gruppo di
potere, piuttosto che a una idea, ad un progetto».
Ha risposto bene
dicendo che le proposte debbono avere un senso politico, altrimenti
finirebbero per coprire «la costituzione di componenti e di correnti», e a
dichiarare tutto il suo rifiuto sia di liste di partito che di una sola
lista «fondata sull’accordo preventivo di Ds e Margherita». Ha fatto bene a
dichiarare il suo favore per «liste già mischiate, contaminate, meticciate».

Ma tutto questo ha, ripeto, una precisa, stringente conseguenza: il rifiuto
di offrirsi come riferimento di una pluralità di liste collegate non a
partire da una precisa proposta politica, ma in modo strumentale quale
espressione delle famigerate correnti da lui condannate; siano esse passate
o future o, peggio, passate e allo stesso tempo protese a riprodurre il
passato nel futuro.

Se, alleggerito dalle reti unificate, dall’abbraccio
corale della stampa e dal sostegno dei partiti che dovevano sciogliersi,
Walter ci consentirà di capire meglio la sua proposta, soprattutto per quel
che riguarda la sua idea di Pd; se all’interno del Comitato promotore
nazionale egli si impegnerà attivamente, nei prossimi giorni, per una
competizione plurale, leale e paritaria; se si spenderà personalmente per il
referendum; se si farà promotore di un’aggregazione accomunata dalle sue, e
sottolineiamo sue, idee politiche per rappresentare nella prossima Assemblea
costituente la sua visione del Pd in competizione trasparente con le altre
proposte politiche, potremo dire che, grazie a lui, è veramente iniziata una
stagione nuova. Ne saremmo sinceramente felici, rassicurati nel vedere
confermata la condivisione di un progetto finalmente a portata di mano. Solo
l’amore per quel progetto, di un Pd inteso come sviluppo e compimento
dell’’Ulivo, ci induce ad essere esigenti, come si conviene con le persone
che si stimano.