PADOVA
Professor Arturo Parisi, il premier Letta ha rassegnato le dimissioni al Presidente della Repubblica: lei che ne pensa di questa crisi extraparlamentare. Ci dev’essere un voto di sfiducia in Parlamento?
«Purtroppo per Letta il voto che conta lo ha già dato la direzione Pd, lo stesso organo che a suo tempo lo aveva indicato per la guida del governo al Presidente della Repubblica. A differenza dei governi nati dal voto degli elettori, la culla di questo governo era tornata ad essere l’accordo tra partiti, promosso da forze che si erano presentate al voto in radicale contrapposizione tra loro. Penso che per contenere la crisi nel più breve tempo possibile il giudizio sul governo che chiude finirà per coincidere con quello sul governo Renzi che inizia».
Gira il suo nome tra i candidati più autorevoli al ministero della Difesa: lei ha fatto parte del governo Prodi…
«Sono cose che capitano alla vigilia della formazione di ogni governo. Lo leggo nient’altro che come un segno di stima per il lavoro che ho fatto alla Difesa. E per questo non posso che essere grato a chi non lo ha dimenticato. Nient’altro che questo».
E che pensa del caso dei due marò prigionieri in India?
«Che fino a quando non riusciamo a riportarli a casa ogni italiano non può che sentirsi prigioniero con loro. Non è per turismo che sono finiti là, ma per difendere contro i pirati la sicurezza nei mari non solo nel nostro interesse ma nell’interesse di tutta la comunità internazionale, a cominciare dall’India».
Matteo Renzi vuole portare l’Italia fuori dalla palude: lei ritiene che ce la possa fare?
«Ce la deve fare. Spero proprio che l’energia e l’entusiasmo del quale Renzi ha già dato prova alla testa di una generazione nuova sia contagioso, così come quell’ ambizione smisurata alla quale ha invitato tutto il Paese per reagire con orgoglio alla crisi».
Patto di stabilità, fiscal compact e tetto del 3% del debito pubblico: si può aprire il negoziato con l’Ue?
«Quello di cui ci è bisogno non è di un negoziato speciale riservato all’Italia, ma di un ripensamento di iniziative nuove e di regole più intelligenti che valgano per tutti. Se proprio un modello speciale deve essere rimesso in discussione è quello che lavora nei fatti a favore della Germania».
Nuova legge elettorale, riforme istituzionali con la fine del bicameralismo e riforma del titolo V della Costituzione: ci sono le condizioni per un accordo bipartisan?
«C’erano fino a ieri. Sarebbe paradossale se proprio ora venissero meno. Quello che so di certo è che non sarà una passeggiata. Per questo bisogna riprendere il cammino con la stessa energia e col ritmo impresso da Renzi all’inizio del mese scorso. Non vorrei che la ridefinizione dell’agenda con un orizzonte più lungo ci rilassasse riportandoci al minuetto passato, quando la riforma costituzionale serviva per rinviare la legge elettorale, e viceversa».