Lei voterà alle primarie del 25 ottobre?
Si, a votare andro’ sicuramente. Mi sono battuto da sempre per la democrazia dei cittadini, che affida direttamente agli elettori, almeno le decisioni piu’ importanti. Mi sono battuto con convinzione per le primarie. Ora che il partito mette, di fatto per la prima volta, la scelta della sua guida nelle mani dei cittadini, come potrei essere assente?
Sa gia’ per chi?
Purtroppo no. Votare e’ importante di per se’. Soprattutto se penso ai partiti con un uomo solo al comando. Ma bisogna anche capire su che cosa si vota. Certo questa volta il risultato non e’ tutto scritto. Ma mentre scegliamo una persona, dovrebbe essere chiaro anche in che strada vuole portarci per uscire dal disastro nel quale siamo finiti come partito e come Paese.
Perché tanta fatica a scegliere? E’ un problema di qualità delle persone in campo?
Se fosse una questione di persone, considerata le qualita’ dei candidati, potrei anche tirare a sorte. Diciamo pure che candidati mi vanno tutti bene, delle linee proposte nessuna, non foss’altro perche’ non riesco a intravedere le differenze. Certo abbiamo capito che Franceschini vuole anche per il futuro un partito che scelga il segretario con le primarie, Bersani forse no. Ma, nonostante l’importanza che do a questo tema, da questa sola differenza si capisce troppo poco.
Dopo le candidature disse:conosciamo i nomi, aspettiamo di conoscere le idee. E’ cambiato qualcosa?
Certo qui’ e li’ i candidati hanno parlato di molto, forse di tutto. Ma un congresso e’ una occasione per trasformare i monologhi in confronto, e i confronti in scelte. Usciamo da due anni di sconfitte sulla cui origine non abbiamo ancora una risposta comune. In questi mesi nel Paese abbiamo visto poi di tutto. Dall’attacco alla unita’ nazionale all’aggravarsi della vicenda afghana. Dalla crisi economica alla esplosione della crisi morale. Ma di tutto questo il congresso e’ stato appena lambito. Prima che strumenti per selezionare e legittimare i capi i partiti e quindi i congressi debbono essere luoghi di formazione della volonta’ collettiva.
Quando fu eletto Franceschini, lei fu praticamente l’unico a pronunciarsi contro nell’assemblea nazionale. Stavolta invece non ha neppure partecipato alla convenzione di Roma. Perché?
L’unico a pronunciarmi? A quella assemblea io mi candidai a Segretario. E lo feci solo per costringere ad un dibattito, dopo che era stata respinta la proposta di fare subito le primarie e non lasciare il partito a bagnomaria per tanto tempo. Ma i maggiorenti del partito, da Marini a D’Alema, preferirono starsene tutti zitti in prima fila, senza neppure provare a cambiare nell’Assemblea quello statuto che prima avevano approvato all’unanimita’ e ora invece cannoneggiano. E, nonostante questo, alla Convenzione, domenica, ci sarei pure andato. Non foss’altro che per capire. Nei circoli ci siamo invece applicati solo ad una conta di chi sta con chi, rinviando il dibattito sui problemi. Ho sentito addirittura dire: “E’ meglio discuterne dopo che gli iscritti hanno votato. Potremmo turbarli!”. Invece! Avevamo eletto mille delegati per mandarli a Roma. In 160 minuti, dopo tre bei monologhi senza alcun contradditorio, ognuno ha applaudito il suo candidato e tutti assieme un deliberato precotto che delegava a sua volta ad altri. Una “convenzione lampo! in tempo per il telegiornale dell’una”. Proprio come avevo letto sull’Unita’ quando avevo gia’ le valigie in mano!
Lei ha sempre attaccato la gestione Veltroni-Franceschini. Ma allora cosa le impedisce di riconoscersi nella mozione Bersani? Il ruolo di D’Alema?
Guardi che sulla linea sostenuta dal cosiddetto ticket, la firma l’hanno certo messa Veltroni e Franceschini, ma il testo l’ha scritto assieme l’intero gruppo di maggioranza, forse non del tutto “d’amore” ma certamente tutti “d’accordo” in ogni passaggio cruciale di questi anni, dal Lingotto alla sostituzione di Veltroni con Franceschini. Per votare Bersani ci si dovrebbe quindi affidare a ragioni di simpatia o, come dice D’Alema, di incommensurabile credibilita’. A me farebbe invece piacere sentire cosa i diversi candidati dicono della linea che D’Alema propone per il nostro futuro, l’unica linea riconoscibile svolta con continuita’ e coerenza, e riconoscibilita’. Una linea alla quale si dice faccia riferimento la maggioranza del partito. Una linea dalla quale dissento profondamente, ma della quale da qualche parte dovremmo pure discutere.
Non teme che queste posizioni ipercritiche isoleranno le vostre istanze nel partito?
Ipercritiche? Diciamo pure “di lana caprina”. Capisco che in un tempo nel quale i parlamentari sono nominati e non piu’ eletti, consentendo a Berlusconi che ha cambiato la legge elettorale di proporre di far votare solo i capigruppo. Capisco che in un tempo nel quale le istituzioni non valgono piu’ nulla, e si puo’ dire vile al Capo dello Stato, o minacciare di pulirsi il sedere con la bandiera, chi pone problemi del tipo di quelli che ho posto sembra destinato all’isolamento. Ma sento che molti non la pensano cosi’. Son sicuro che si faranno sentire.
Sui quotidiani nazionali, dopo la sua polemica sulla convenzione, si è ipotizzata persino una sua uscita dal Pd. Possibile?
L’ho gia’ detto. Il Pd ha promesso di essere un partito, un partito nuovo, e un partito democratico. Son promesse fatte ai cittadini. Chi ci crede deve spingerlo a mantenerle.
In Sardegna gli ulivisti sostengono Silvio Lai, ma senza “associarsi in pieno”. Che cosa significa?
Significa che, dopo tutto il gran parlare di autonomia, non e’ accettabile, che lo si possa votare perche’ e’ il candidato di Bersani, ne’ Bersani il candidato di Lai. Domande distinte richiedono risposte distinte. Fino alla fine io spero che i candidati ci consentano di sceglierli per le proposte sul futuro. Altrimenti per quel che riguarda la scelta nazionale, come ho gia’ fatto nel mio circolo, potrei votare di nuovo scheda bianca. Quanto al livello regionale, chi vota Lai lo deve fare perche’ ritiene che la risposta che ha dato a cosa fare del Pd sardo sia quella piu’ chiara sul disastroso passato che abbiamo alle spalle, e, per il futuro, quella piu’ capace di riportare ad unita’ la difesa delle molte eredita’ positive della Presidenza Soru, e, allo stesso tempo, del rifiuto della pulsione monarchica e accentratrice che ha segnato quella esperienza nel partito e nel governo regionale.