L’invenzione più sorprendente della campagna per il 14 ottobre è firmata, manco a dirlo,
Arturo Parisi, sostenitore entusiasta di Rosy Bindi: perché non candidare a sostegno del
ministro della Famiglia una squadra con tutte capoliste donna? Quattrocentosettantacinque
donne da far correre in tutto il territorio nazionale: una carica rosa, una cosa mai vista,
altro che quote, roba da far impallidire perfino il regolamento elettorale del Pd che prevede
l’assegnazione di metà dei posti in lista al sesso femminile. Per il ministro della Difesa
è un punto fermo, convinto com’è che dalla presenza femminile nella politica si misura
il tasso di democrazia interna nei partiti e la loro capacità di innovazione: fu lui, tre
anni fa, a proporre che alle elezioni europee la lista dell’Ulivo schierasse cinque donne
capolista. Non riuscì nel proposito, ma portò a casa almeno la candidatura di Lilli Gruber.
Ora ci riprova, in tandem con la Bindi, che ha dato un carattere fortemente femminile alla
sua scelta di candidarsi in alternativa al ticket Veltroni-Franceschini. “Le donne non
possono più aspettare, la mia candidatura è un incoraggiamento per tutte le donne ad impegnarsi
in prima persona”, spiega il ministro. La coppia Bindi-Parisi è una miscela esplosiva che
agita il Pd: “Rosy può raggiungere il venti per cento: nessun personaggio nel centrosinistra
è popolare quanto lei”, pronostica il deputato Francesco Saverio Garofani, amico di Dario
Franceschini. In grave imbarazzo le donne ds, che per mesi hanno caldeggiato una candidatura
di Anna Finocchiaro, salvo doversela rimangiare in nome dell’unità del partito: le amiche
di Rosy, le ministre Livia Turco, Barbara Pollastrini e Giovanna Melandri hanno fatto gli
auguri alla collega, con una punta di invidia. Preoccupato anche il terzo incomodo, Enrico
Letta. Sarebbe catastrofico arrivare dopo Walter e soprattutto dopo Rosy. M.D.