Non solo Mario Segni. Anche Arturo Parisi, ex ministro della Difesa del secondo Governo di Romano Prodi, che proprio insieme a Segni nella prima metà degli Anni ’90 è stato uno dei promotori del Movimento per le riforme istituzionali, boccia senza mezzi termini il cosiddetto Rosatellum bis, la legge elettorale di marca Pd in discussione alla Camera. Definendolo addirittura “peggio del Porcellum”. A questo punto, dice Parisi parlando con La Notizia, “lascerei le due leggi prodotte dalla Consulta. Una brodaglia nella quale c’è di tutto. Ma c’è anche un pezzo di carne”.
Professore, a ridosso delle elezioni, com’era già successo cinque anni fa senza successo, siamo ancora qui a discutere di legge elettorale. Non è che anche stavolta, come si dice, la montagna rischia di partorire un topolino? Se non peggio?
Quello che è avvenuto cinque anni fa preferirei dimenticarlo. Se mi fosse possibile. A cominciare dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale rigettò in gennaio – dicono con un solo voto di maggioranza – la richiesta di 1 milione e 200 mila cittadini che in 50 giorni si affollarono disperati attorno ai nostri tavolini per chiedere un referendum che consentisse di tornare al Mattarellum. Per finire alla resa con la quale le segreterie dei principali partiti – a cominciare dal mio – convennero a dicembre che era meglio tenersi il Porcellum che lasciava la scelta dei parlamentari nelle proprie mani. Non ne venne fuori nulla. Neppure un topolino. La verità è che quell’esito era per troppi quello migliore. Vedrà che prima o poi quella storia la ricostruiremo. Con nomi e cognomi.
La scorsa settimana, proprio a La Notizia, Segni – uno che lei conosce bene – ha definito il Rosatellum bis “l’ennesimo pasticcio”, dicendo di sentire puzza di Porcellum. Condivide?
Potrei dire perfino peggio. Almeno il Porcellum produceva una maggioranza. Una maggioranza che per poter raggiungere la vittoria costringeva a sommare pere e mele in nome dell’avversario occasionalmente comune. Ma prima del voto e sotto gli occhi degli elettori. Ma il guaio è ormai alle nostre spalle. Più che il ritorno al proporzionale il disastro dell’ultimo referendum ha prodotto il ritorno della logica proporzionalistica. Ognuno dice: “mettiamo intanto a verbale quanti sono i miei voti per potermi sedere al tavolo, poi di queste deleghe deciderò io cosa farne. Dopo il voto”.
Sempre Segni: “Per l’ennesima volta i partiti hanno pensato più a garantire l’ingresso in Parlamento dei fedelissimi dei leader che ad altro”. Insomma, un cane che si morde la coda…
Non più al 100% del Porcellum ma pur sempre per almeno i due terzi.
La soluzione potrebbe e dovrebbe essere il ritorno al Mattarellum? O a suo avviso ce sono di migliori?
Purtroppo il Mattarellum è ormai alle nostre spalle. A questo punto lascerei le due leggi prodotte dalla Consulta. Una brodaglia nella quale c’è di tutto. Ma c’è anche un pezzo di carne. La possibilità per chi raggiunga il 40% di ottenere almeno alla Camera il 54%. Non credo che oggi lo raggiungerebbe nessuno. Ma dopo un voto nullo potrebbe tornare utile per il domani. Magari in nuove elezioni ravvicinate.
Veniamo all’aspetto “rivoluzionario” di questa legge, rispetto all’Italicum sia chiaro: la possibilità di formare le coalizioni. Lei ha auspicato che si dia vita a “una coalizione vera, non un accrocchio”. Il rischio, ha avvertito, è che “non andiamo da nessuna parte”. Ma fra chi? Non è che alla fine ci ritoccano cinque anni di larghe intese?
Quale rivoluzione? Queste sono coalizioni pensate soltanto per spartirsi qualche seggio di più senza l’obbligo di un programma di governo comune né di un capo della coalizione.
Pisapia dice che la sua prospettiva è l’Ulivo, ponendosi però come “sfidante” del Pd. Come finirà?
L’Ulivo nacque come una proposta per il governo. Ma la necessità di avanzare agli elettori una proposta di governo fu figlia del passaggio alla regola maggioritaria. Una regola che metteva direttamente nelle mani dei cittadini, la scelta di un programma di governo, di una coalizione che si impegnava a sostenerlo, e di un leader che ne guidava la realizzazione. Un’altra epoca.
Un’ultima domanda su Renzi, molto precisa: secondo lei ha ancora forza e capacità di correre per Palazzo Chigi o è meglio che salti un giro, lasciando spazio ai vari Gentiloni e Minniti?
Nel nuovo quadro non è previsto che si corra per Palazzo Chigi. Ci si può arrivare, ma non correre. Come nella prima repubblica.