Si’
ricordo anch’io, come Padellaro, quel pomeriggio
all’inizio d’agosto,
il lungo colloquio con lui e Travaglio
per chiedere il sostegno del
Fatto al referendum per
l ‘abrogazione del Porcellum che in quel momento
era stato
abbandonato da troppi dei suoi iniziali sostenitori.
Almeno
600mila firme da raccogliere in 30 giorni, in luogo dei 3
mesi
previsti dalla legge, da preparare per di piu’ in una
settimana invece
dei 3-5 mesi di gestazione dei casi
precedenti. Ricordo anch’io tutte le
incertezze sul suo
esito. Ricordo il mio, prima ancora del loro
scetticismo.
Ci sono tuttavia momenti della vita e passaggi della
storia
dove la disperazione rende tutto piu’ semplice. Anche
nella
politica dove i professionisti, prima di fare un passo, vogliono
sapere cosa’ succedera’ dopo e soprattutto
succedera’ alle loro persone.
Rivendicando magari la
superiorita’ dell’etica dei risultati su quella
dei
principi. Anche nella politica, quando la casa brucia, puo’
capitare
di decidere che e’ meglio rischiare di morire
buttandosi dalla finestra
invece di bruciare con essa. Ci
sono momenti nei quali le cose vengono
fatte semplicemente
perche’ debbono essere fatte. Era quello appunto
il
momento.
Allora come ora sentivamo che la casa della
nostra
democrazia, il sistema di regole e istituzioni che
chiamiamo
Repubblica era a rischio. Sentivamo che sul campo
riarso dalla calura
della disperazione andava alzandosi il
maestrale. Sarebbe bastato un
cerino. Basterebbe un coccio
di vetro a fare da lente per i raggi del
sole. Il momento
migliore per gli incendi. Di questo appunto parlammo.
Su
questo concordammo. Per questo ci incontrammo.
Potevamo
lasciare i
cittadini sempre piu’ accalorarsi per lo
spettacolo di immoralita’ e
degrado che viene dal Palazzo,
mentre infuria la tempesta economica e
finanziaria, privi
non solo nell’oggi, ma anche nel domani
della possibilita’
di trasferire i loro sentimenti e le loro proposte
ad un
Parlamento “loro” perche’ le traducesse in decisioni?
Potevamo
lasciare che la democrazia si riducesse a tumulto,
i cittadini a folla,
le istituzioni a piazza? Perche’
questo era appunto quello che era
successo e va purtroppo
succedendo. Di fronte ad un governo
commissariato
dall’estero costretto a legiferare sotto dettatura
da
poteri e meccamismi privi di qualsiasi legittimita’
democratica, sta
un Parlamento percepito e dileggiato come
una casta separata perche’
appunto separato dal Popolo,
attraverso la separazione degli eletti
dagli elettori e la
loro trasformazione in nominati.
Potevamo lasciare
il Paese
privo della istituzione che in ogni democrazia rappresenta
il
Popolo? Potevamo lasciare i cittadini nell’alternativa
di cedere al
furore distruttore dell’antipolitica, o
sperare ancora nella capacita’
del Parlamento di
autoriformarsi senza la pressione, il pungolo
dell’arma
estrema che la Costituzione mette nella mani dei
cittadini,
come appunto era stato appena sostenuto perfino
dal
principale partito della opposizione che con un voto al 96%
aveva
deciso “che non si possa sostenere contestualmente la
modifica della
legge in vigore da parte del Parlamento e la
presentazione di un
referendum in materia”? Da questo la
decisione disperata dell’inizio di
agosto.
Son passati due
mesi, eppure sembra un secolo. Se tutto e’
cambiato e’
proprio grazie al 1.210.644 “basta!” che ieri 30
settembre
abbiamo depositato in Cassazione, e alle decine di
migliaia
che la Posta e i Corrieri continuano a recapitare ad
ogni
consegna da ogni parte del Paese. Ad oggi un milione e
mezzo
di “basta! con le porcate, con il porcellum, con i
porcelli”. Un milione
e mezzo di “basta” tuttavia politici,
democratici, istituzionali,
moderati di cittadini che in
fila hanno riempito i moduli e sottoscritto
educatamente la
loro rabbia e la loro speranza nel rispetto delle
forme
della legge. Altro che antipolitica! Se questo non fosse
avvenuto
entro il 30 settembre del 2011 tutto sarebbe
continuato come prima
almeno fino alla prossima
legislatura.
Se questo non fosse avvenuto
nella misura che
Morrone ha definito giustamente un miracolo chi
avrebbe
potuto mai immaginare dichiarazioni come quella di Alfano,
il
segretario del primo partito della maggioranza, che, con
sei anni di
ritardo si e’ affrettato a riconoscere che i
cittadini erano stati
derubati del loro principale diritto?
Chi avrebbe mai immaginato che
Maroni, Ministro
dell’interno del secondo partito di maggioranza si
sarebbe
affrettato ad annunciare con sei mesi di anticipo lo
svolgimento
del referendum e la necessita’ che comunque il
Parlamento gia’ oggi
lavori nel solco dei quesiti? Che
lezione! ha titolato giustamente
Padellaro pensando a
quella di ieri. Ben altra sarebbe tuttavia la
lezione
riservata domani a chi non riuscisse ad apprenderla oggi.