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2 Febbraio 2005

Cos’è «Governareper»

Autore: Arturo Parisi

Il mondo si è messo in movimento. Anche se il racconto incalzante dei media sembra rendere questa considerazione sempre più banale; anche se nella quotidianità, nelle piazze così come sui fronti di guerra, lo scontro tra le paure e le speranze non consente a nessuno di ignorare questo movimento, è questa la verità dalla quale dobbiamo ogni giorno riiniziare. Il mondo si è messo in movimento. Un movimento alimentato dalla prospettiva, dal sogno di libertà delle persone, un movimento che alimenta una crescente domanda di liberazione. Un movimento che nasce dalla crisi delle forme, delle strutture e dei soggetti di governo del passato, un movimento che chiede nuove strutture, nuove forme, nuovi soggetti di governo.


Il mondo si è messo in movimento. Un movimento nel quale si cambiano e si scambiano cose, si affrontano e si confrontano idee, si scontrano e si incontrano persone. È dentro questo movimento che la politica, come arte e come scienza, deve cercare oggi la sua vocazione. È dentro questo movimento che i politici sono chiamati ad esercitare la propria professione. È dentro questo movimento che ogni persona è chiamata a svolgere la propria cittadinanza. Liberare le persone, governare il mondo: liberare le persone per governare il mondo, governare il mondo per liberare le persone, può essere il motto che descrive oggi il nostro orizzonte e sintetizza la nostra ambizione. Dentro questo orizzonte va ricollocata la nostra vicenda nazionale con la consapevolezza che nulla può restare come prima. Dentro questo orizzonte va ripensato il nostro futuro: dalla demografia alla geografia, dalla economia alla ecologia. Dentro questo orizzonte va ripensata la nostra politica: dalle regole ai soggetti.


A dieci anni esatti da quando il segno dell’Ulivo è apparso sulla nostra scena politica, come ebbe a scrivere Romano Prodi a conclusione di una indimenticata riflessione sulla situazione del Paese, la consapevolezza che questo è il «tempo delle scelte» è più di allora forte e diffusa. Il tempo innanzitutto della scelta per l’Europa come via della nostra partecipazione al governo del mondo. Il tempo della scelta del futuro come il punto dal quale guardare al presente e valorizzare il passato. Il tempo della scelta di una politica guidata dalla ossessione di costruire e governare il futuro, e non più prigioniera della funzione di rappresentare l’esistente e spesso solo l’esistito.


Mondo, futuro, governo. Dentro questo perimetro siamo chiamati a pensare un progetto di lunga durata, che guidi l’Italia lungo le legislature a rinnovarsi profondamente, sapendo che l’oggi è certo «il tempo delle scelte» ma che il loro rilievo epocale non ci consente di considerare l’oggi sufficiente a contenere la loro realizzazione.


È a questo progetto di lunga durata che fu associato fin dall’inizio il segno dell’Ulivo. Un progetto che consentisse all’Italia di affrontare le sfide del ventunesimo secolo attraverso una profonda azione di riforma della società e delle istituzioni: una riforma consapevole e gelosa dell’eredità a noi affidata dal compimento della prima stagione della nostra democrazia repubblicana. Un compimento che chiede a quanti vogliono conservare i valori della economia sociale di mercato di ripensare profondamente gli istituti che avevano dato fin qui ad essa concretezza. Un compimento che chiede a quanti vogliono conservare l’ispirazione democratica della nostra costituzione repubblicana di portare finalmente al suo termine la costruzione di quella democrazia governante resa possibile dalla definitiva ridefinizione del nostro sistema partitico nella forma bipolare avviata dal movimento per le riforme istituzionali dell’inizio degli anni novanta.