E’
pervenuto alla Commissione nazionale di garanzia un ricorso da parte
del sen. Mario Lettieri avente ad oggetto lo svolgimento dei lavori
dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico tenuta il 20 giugno
u.s.
In
particolare, il sen. Lettieri lamenta la mancata applicazione delle
procedure previste dall’art. 44 dello statuto per l’approvazione di
alcune modifiche statutarie votate in tale sede e segnatamente il
mancato raggiungimento delle maggioranze qualificate ivi previste.
Tali obiezioni erano in parte già emerse nel corso del dibattito sviluppatosi il 20 giugno e, in risposta ad esse, la Presidenza
dell’Assemblea aveva sostenuto non essere applicabili le maggioranze
prescritte dal citato art. 44, bensì la regola della maggioranza dei
presenti (maggioranza semplice), in base alla normativa già utilizzata
dall’Assemblea Costituente Nazionale per l’approvazione delle
disposizioni statutarie.
Nel
ricorso del sen. Lettieri viene altresì contestata la decisione della
Presidenza di richiedere, per la presentazione di eventuali liste di
candidati per la Direzione nazionale, la sottoscrizione di almeno il 10 per cento dei delegati dell’Assemblea.
La Commissione ha dapprima acquisito il verbale dell’Assemblea del 20 giugno 2008.
Quindi, su richiesta dell’interessato, la Commissione ha provveduto ad audirlo in data 16 luglio 2008.
La Commissione
ha inoltre audito in data 23 luglio 2008 la sen. Anna Finocchiaro,
nella sua qualità di Presidente dell’Assembla nella seduta del 20
giugno 2008.
Successivamente,
in data 4 agosto, a sostegno del suo ricorso il sen. Lettieri ha
trasmesso alla Commissione un “parere pro-veritate” redatto dal prof.
Giovanni Guzzetta, dell’Università “Tor Vergata” di Roma.
In
data 9 settembre 2008 è infine pervenuto alla Commissione, da parte
della segreteria nazionale del PD, il parere del prof. Andrea Giorgis,
dell’Università degli Studi di Torino.
Validità dell’Assemblea e delle sue deliberazioni
Preliminarmente
va rilevato che l’Assemblea Costituente Nazionale era stata eletta il
14 ottobre 2007 sulla base del “Regolamento quadro per l’elezione delle
Assemblee costituenti del PD”, il cui art. 2 stabiliva fra l’altro che:
“L’Assemblea nazionale… approva il Manifesto e lo Statuto nazionale del
Partito ed assolve ad ogni altra funzione attribuitale dalle norme transitorie e finali dello Statuto”.
Anche
sulla base di tale disposto, le “Norme transitorie e finali” dello
Statuto approvato dalla stessa Assemblea, all’art. 45, stabiliscono
che: “L’Assemblea Costituente Nazionale eletta il 14 ottobre 2007 assume le funzioni attribuite dal presente Statuto all’Assemblea Nazionale”.
È innanzi tutto necessario sottolineare che l’Assemblea Costituente Nazionale è l’unico organo per il quale il richiamato Regolamento quadro
attribuiva già il compito di svolgere ulteriori funzioni dopo
l’approvazione dello Statuto (attribuzione invece implicita per il
Segretario nazionale, la cui elezione era strettamente legata a quella
dell’Assemblea). Pertanto, a differenza degli altri organi che
l’art. 45 dello Statuto ha stabilito di assimilare a quelli eletti o
nominati ai sensi delle rispettive disposizioni, l’Assemblea
Costituente Nazionale aveva ricevuto in quanto tale il mandato a svolgere ulteriori funzioni che le disposizioni transitorie dello statuto le avrebbero attribuito.
Per
tale ragione, mentre tutti gli altri organi disciplinati dal richiamato
art. 45 dello Statuto traggono unicamente da questo la disciplina delle
funzioni che oggi sono chiamati a svolgere (sebbene siano stati eletti
o nominati con modalità in parte diverse), l’Assemblea continua ad
essere in parte disciplinata dalle vecchie disposizioni che ab origine
le avevano attribuito una funzione anche nella fase successiva
all’approvazione dello Statuto, proprio in considerazione della sua
specialissima legittimazione popolare.
Si deve pertanto desumere che l’Assemblea Costituente Nazionale possa continuare ad operare in quanto tale, con proprie regole di funzionamento, anche dopo l’approvazione dello Statuto.
Ciò
è tanto più evidente per quanto attiene alla funzione precipua per la
quale l’Assemblea Costituente Nazionale era stata eletta:
l’approvazione delle disposizioni statutarie, quali sono anche quelle
approvate il 20 giungo u.s.
Occorre
inoltre sottolineare che non è dato rinvenire alcuna disposizione
interna all’ordinamento del Partito ovvero alcun deliberato di
qualunque organo che preveda o abbia previsto il venir meno, per
l’Assemblea, della prerogativa di approvare le disposizioni statutarie
sulla base del mandato originariamente ricevuto dagli elettori e
secondo le procedure adottate in tale contesto.
È
altresì importante evidenziare che il citato art. 45 dello Statuto
assume, per sua natura, un carattere dichiaratamente speciale e
transitorio. Esso deve quindi essere interpretato in modo restrittivo,
senza che sia possibile enucleare all’interno del suo portato normativo
disposizioni nello stesso non espressamente contenute, quale sarebbe
l’obbligo di utilizzare ‑ nello svolgimento delle funzioni attribuite
all’Assemblea Costituente Nazionale ‑ anche le procedure che lo Statuto
prevede debbano essere utilizzate dall’Assemblea Nazionale di cui
all’art. 4 dopo che sia conclusa la fase transitoria.
Al
riguardo, con riferimento alle regole di funzionamento dell’Assemblea
Costituente Nazionale Assemblea, ed in particolare alle maggioranze
necessarie per l’approvazione delle disposizioni statutarie, si deve
inoltre evidenziare che il richiamato “Regolamento quadro per
l’elezione delle Assemblee costituenti del PD” non conteneva alcuna
disposizione specifica in proposito, e ciò per una precisa valutazione
in ordine alle possibili difficoltà che sarebbero potute insorgere nel
raggiungere una maggioranza qualificata all’interno di un organismo
composto da un numero particolarmente elevato di persone.
Ciò posto, non si può negare che, in assenza di una espressa previsione di una maggioranza qualificata, debba essere applicata la regola della maggioranza dei presenti (maggioranza semplice).
Questa è altresì l’impostazione seguita dal Regolamento
per la presentazione degli emendamenti e l’esame delle proposte di
Statuto, Manifesto e Codice etico da parte dell’Assemblea nazionale,
utilizzato dall’Assemblea per l’approvazione dello Statuto nel febbraio
2008 e da nessuno contestato. Esso prevede infatti che gli articoli
dello statuto, come pure i relativi emendamenti, debbano essere votati
“per alzata di mano a maggioranza dei presenti” (art. 3, comma 1).
Si
rammenta che, nel febbraio 2008, sulla base del regolamento appena
citato, si è proceduto all’approvazione dello Statuto senza calcolare
alcuna maggioranza qualificata, senza che alcuno abbia contestato tale
procedura.
In
questo quadro, infatti, non appare ragionevole il ricorso ad
automatiche trasposizioni di concetti o istituiti come il numero
legale, il quorum strutturale o funzionale, o le maggioranze
qualificate, che sono entrati nella tradizione dei partiti politici
solo in via del tutto eccezionale e per espressa previsione normativa,
ma che non costituiscono la norma dei comportamenti nella vita interna
dei partiti stessi.
Oltre
che da quanto appena richiamato, la non immediata applicabilità delle
regole interne che lo statuto ha previsto per l’Assemblea Nazionale di
cui all’art. 4, si giustifica e si spiega nell’ambito del disegno
normativo che ha voluto definire i passaggi costitutivi inerenti
l’organizzazione complessiva del Partito nella delicata fase della sua
nascita, ed in particolare nella struttura degli organi ai quali si è
deciso di dare vita.. Non sarebbe infatti ragionevole ‑ in mancanza di
una espressa disposizione in tal senso ‑ applicare ad un organismo
composto da oltre 2800 persone (l’Assemblea Costituente Nazionale) le
stesse regole previste per un organismo numericamente molto più
limitato (l’Assemblea Nazionale di cui all’art. 4 dello Statuto),
essendo ovviamente molto più complesso il raggiungimento in seno alla
prima delle diverse maggioranze costitutive e deliberative.
Per quanto sopra esposto,
di Garanzia respinge il ricorso presentato dal sen. Lettieri con
riferimento alla validità dell’Assemblea del 20.6.2008 e delle
modifiche statutarie da essa deliberate.
* * *
Presentazione delle candidature per l’elezione della Direzione nazionale.
Riguardo
alla seconda osservazione contenuta nel ricorso, attinente alla
richiesta della sottoscrizione da parte di almeno il 10 per cento dei
componenti l’Assemblea delle eventuali liste di candidati alla
Direzione Nazionale, si deve preliminarmente rilevare che tale
previsione non risulta dal richiamato Regolamento per la
presentazione degli emendamenti e l’esame delle proposte di Statuto,
Manifesto e Codice etico da parte dell’Assemblea Nazionale, né da
altre disposizioni, né dal verbale della seduta del 20 giugno risulta
che la norma in argomento sia stata preliminarmente sottoposta
all’approvazione dell’Assemblea.
Pertanto,
considerato che tale limite attiene all’esercizio di un diritto
fondamentale dei componenti l’Assemblea, quale è sicuramente
l’elettorato passivo, si deve ritenere che tale limitazione non potesse
operare come impedimento a presentare liste alternative per i soggetti
che eventualmente avessero voluto farlo.
Constatato
però che, né dal verbale né dalla registrazione della seduta, risultano
essere state avanzate contestazioni riguardo a tale punto nel corso
dell’Assemblea, e considerato che non sono state presentate liste di
candidati alternative a quella votata dall’Assemblea medesima,
eventualmente sottoscritte da un numero di componenti inferiore alla
citata soglia del 10 per cento, e ritenuto prevalente il principio teso
ad assicurare la continuità nell’operato degli organi del Partito, si
ritiene che
Tuttavia,
qualora in occasione della prossima Assemblea, dovesse concretamente
manifestarsi la volontà di proporre una lista di candidati per
nazionale, alternativa a quella votata il 20 giugno, anche se
sottoscritta da un numero di componenti l’Assemblea inferiore al 10 per
cento degli stessi, la medesima lista dovrà essere dichiarata ammessa,
con conseguente necessità di ripetere la votazione effettuata il 20
giugno.
Né
si ritiene ammissibile che altre eventuali limitazioni dell’elettorato
passivo possano essere poste in essere in assenza di esplicita
approvazione di specifiche norme in proposito.
* * *
Le
questioni sottoposte a questa Commissione e sopra esaminate evidenziano
talune carenze normative che non traggono origine dall’Assemblea del 20
giugno u.s., ma dalla fase costituente ed in particolare dalle prime
sedute dell’Assemblea Costituente Nazionale, la quale non procedette ad
approvare un organico regolamento per il proprio funzionamento, ma si
limitò ad utilizzare il richiamato Regolamento per la
presentazione degli emendamenti e l’esame delle proposte di Statuto,
Manifesto e Codice etico da parte dell’Assemblea Nazionale.
Ebbene,
come si desume anche dal fatto che alcune delle disposizioni di tale
regolamento erano destinate ad una sola applicazione (si veda in
particolare l’art. 1, nel quale si fa espresso riferimento agli orari e
alle date nelle quali si è tenuta l’Assemblea che ha approvato lo
Statuto), è necessario che l’Assemblea si doti di un insieme di norme
volto a disciplinare in modo organico le funzioni che l’Assembla
medesima sarà chiamata a svolgere fino all’elezione della prima
Assemblea nazionale ai sensi dell’art. 9 dello Statuto, “entro la
domenica successiva al secondo lunedì di ottobre
A
tal fine, l’Assemblea potrà naturalmente stabilire di adottare in tutto
o in parte le disposizioni dell’emanando regolamento di cui all’art. 4,
comma 4 dello Statuto, eventualmente a seguito di opportuni adattamenti
richiesti dalla diversa composizione dell’organo. Ciò per fugare ogni
possibile dubbio sulle disposizioni applicabili durante questa fase
transitoria, anche con riferimento alle eventuali ulteriori modifiche
statutarie che possano essere sottoposte al voto dell’Assemblea nel
prossimo futuro.
Solo
in tal modo sarà possibile garantire l’ordinato svolgimento delle
importantissime funzioni attribuite all’Assemblea fino al 2009 ed
insieme assicurare la piena controllabilità delle procedure interne da
parte di tutti i componenti della stessa come pure dall’opinione
pubblica, così da mantenere la massima trasparenza sulla vita interna
del Partito Democratico, secondo uno dei valori irrinunciabili ai quali
lo Statuto ha inteso ispirarsi.
* * *
Quanto
sopra induce ancora una volta ad evidenziare come la valutazione della
disciplina di un partito politico, e significativamente del Partito
Democratico, deve rapportarsi al fondamento costitutivo del partito
stesso e quindi essenzialmente all’art. 49 della Costituzione.
Qualunque ricorso ad altre fonti esterne al partito, riferite
all’ordinamento generale, ed in particolare al codice civile, pone in
essere questioni assai delicate di possibile interferenza esterna, che
possono snaturare la funzione e la natura dell’adesione volontaria al
partito, previste dalla stessa Costituzione.
In
particolare, la previsione costituzionale statuisce un forte intreccio
fra la natura libera e volontaria dell’adesione al partito e della sua
vita interna, e le finalità stesse del partito e della sua
organizzazione, che è quella di concorrere e determinare la politica
nazionale (ancora una volta, il riferimento è all’ art. 49 Cost.).
L’essenza
del partito politico è pertanto determinata dalla sua funzione
costituzionale che ne caratterizza il rilievo pubblico: quella di
un’associazione che non esaurisce la sua natura nel ritmo e nella vita
di una comunità fine a se stessa, di un organismo che consuma la sua
esistenza nella sola libertà formale e nell’attività puramente interna.
Viene al contrario determinato un intreccio stretto fra le regole
democratiche e libere interne (essenziali) e la proiezione esterna
della sua funzione. In altri termini, il modo più efficace di garantire
i diritti dei singoli risiede nella capacità di assicurare che
l’organizzazione nella quale gli stessi singoli hanno scelto di
esercitare i medesimi diritti sia in grado di raggiungere le proprie
finalità democratiche.
Un
partito libero non può non farsi carico dei rischi di inattività, di
paralisi, di vuoto di potere che potrebbero eventualmente derivare da
una particolare interpretazione delle proprie regole interne. Così come
potrebbe appunto accadere nel caso in cui si subordinasse l’operatività
di alcuni suoi organi principali al raggiungimento di requisiti o
soglie previste da regole di funzionamento difficilmente conciliabili
con la loro intrinseca natura.
Roma, 15 settembre 2008
Virginio Rognoni
Luigi Berlinguer
Giuseppe Busia
Graziella Falconi
BiancaLucina Trillò
Il segretario
Giampietro Sestini