La vicenda relativa al rispetto del Patto di stabiltà porta ad evidenza quanto sia stretto e critico il passaggio ora difronte all’Europa e quali siano i rischi ai quali è esposto il progetto di costruzione dell’edificio europeo. È ormai chiarissimo a tutti che se non si va avanti verso un assetto federale guidato da una ispirazione comunitaria si richia di tornare indietro verso una Europa degli Stati guidata da una linea intergovernativa: cioè a dire nel caso della politica economica e monetaria verso il disastro.
A chi insisteva o ancora insistesse a fondare la proposta di una lista unitaria su calcoli di convenienza interna dovrebbe a questo punto apparire come incontrovertibile il motivo, la necessità e l’urgenza che chiama i riformatori europeisti a unirsi in nome dell’Europa presentandosi assieme difronte agli elettori in occasione delle prossime elezioni europee. È per questo motivo che i riformatori per l’Europa debbono immediatamente spiegare ai cittadini il progetto, le speranze e le preoccupazioni che li tengono insieme e allo stesso tempo li contrappongono alla maggioranza di centrodestra che pur divisa su tutto sembra accomunata proprio dalla linea di europeismo anticomunitario portata avanti dal suo governo.
La crisi del patto di stabilità: le resistenze alla applicazione delle sue regole e delle sanzioni conseguenti alla sua trasgressione, mette in evidenza che nessuna regola può fare a meno di una autorità che la garantisca difronte e al disopra degli interessi delle parti. Nè una regola meccanica e rigida i cui limiti hanno giustamente indotto ad accusarla per alcuni versi di stupidità. Ma ancor più bisogno di una Autorità europea di governo forte e riconoscibile ha quella regola selettiva, flessibile e intelligente che molti auspicano.
È per questa Autorità europea di governo forte e riconoscibile che i riformatori europeisti scendono in campo. È in nome di questa Europa forte e autorevole che gli europeisti del campo riformatore si sono uniti.
Il tempo nel quale per un italiano era difficile “non dirsi europeista”, il tempo dell’Europa facile, delle scelte condivise senza una adeguata consapevolezza o subite senza resistenza, è finito. Viene ora il tempo nel quale la nostra idea di Europa è chiamata a sottoporsi alla prova del consenso, alla prova dei costi che ogni vera scelta inevitabilmente comporta. Il tempo della revisione dei fondi strutturali a causa dell’allargamento a nuovi paesi più poveri di noi, il tempo nel quale le inadempienze del governo e gli egoismi corporativi vengono scaricati sulla introduzione dell’euro, il tempo in cui la politica economica nazionale deve fare duramente i conti con i patti europei.
Prodi ha voluto collocare il suo messaggio sull’Europa tra “il sogno e le scelte”. La secchiata di acqua fredda che ci arriva dalla riunione dell’Ecofin ci costringe a svegliarci e a riconoscere che il tempo che ci attende è ancora una volta “il tempo delle scelte”.