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15 Giugno 2001

I Democratici – Sesta Assemblea delle Regioni

Argomento:


Parisi rimette il mandato


“Questa assemblea conclude una fase importante del nostro Movimento. La vicenda dei Democratici sarà tutta interna al nuovo soggetto politico”.


 


”Oggi la decisione cruciale di questa riunione – ha spiegato Parisi – e’ l’ esame e l’approvazione della proposta di promuovere a luglio l’ assemblea costituente della Margherita come nuovo soggetto politico.


Questa assemblea conclude una fase importante del nostro movimento perche’ e’ evidente che a valle delle decisioni prese in luglio all’ assemblea della Margherita, la vicenda dei democratici sara’ tutta interna al nuovo soggetto politico. Percio’ – ha aggiunto – rimetto il mio mandato, rinviando l’esame delle mie dimissioni ad una prossima assemblea che si terra’ all’ indomani di quella della Margherita”.


Con queste parole Arturo Parisi annuncia le sue dimissioni da presidente dei Democratici durante l’assemblea delle regioni, massimo organo dirigente del movimento. Parisi ha precisato poi che rimarra’ in carica fino a luglio: il 14 ci sara’ l’assemblea costituente della Margherita e dopo quella data l’assemblea delle regioni dei Democratici tornera’ a riunirsi per prendere le decisioni conseguenti che rientrano in un processo di costituzione della nuova formazione politica.


”Vogliamo dare all’ Asinello – ha spiegato Parisi – un campo piu’ ampio perche’ corra con liberta’ e forza verso gli obiettivi che ci siamo dati da sempre: la costruzione e il rilancio dell’ Ulivo, e all’ interno dell’ Ulivo la costruzione della Margherita”.


Ma allora i Democratici si scioglieranno gli chiedono: ”Prenderemo le decisioni che saranno imposte dalle scelte che assumeremo comunemente in luglio” ha risposto Parisi. “E’ evidente che la vicenda dei Democratici e’ legata a quella delle altre forze. E quindi, le forme e i tempi del futuro del nostro Movimento sono legati a quelli degli altri. Oggi siamo chiamati – ha concluso – a rendere testimonianza della nostra decisione iniziale: non aggiungere un nuovo partito, inevitabilmente un partito, a quelli gia’ troppo numerosi sulla scena; e lavorare per l’aggregazione crescente di tutte le forze del campo riformista dell’Ulivo”. (Ansa)


 


Ci muoviamo per l’Ulivo tramite la Margherita


“Questa assemblea chiude una fase perche’ l’ Asinello non puo’ restare a scalciare all’ infinito e ancor di piu’ nel piccolo cerchio all’ interno della Margherita”.


 


”Questo e’ un momento cruciale, bisogna andare avanti velocemente o il rischio e’ quello di andare indietro”: Arturo Parisi, in uno dei passaggi del suo intervento all’assemblea dei Democratici, si sofferma sul passaggio importante che stanno vivendo i partiti della Margherita in vista dell’ assemblea costituente che si terra’ a luglio’. I Popolari possono permettersi di restare fermi, perche’ sono un partito costituito e quindi non hanno di fronte a se’ delle scelte obbligatorie all’interno delle quali debbono collocarsi. Hanno una organizzazione e una struttura, mentre noi siamo un movimento e non ci siamo dati una struttura organizzativa. In questo momento – aggiunge Parisi – noi siamo costretti a scegliere se andare avanti e andare velocemente avanti, oppure, qualora questa scelta non dovessimo farla, saremo inevitabilmente costretti a tornare indietro assumendo quelle scelte classiche dei movimenti che diventano partiti: promuovendo una campagna di adesione, creando strutture sul territorio a livello locale, dandosi gli organi di stabilizzazione tipici dei partiti”. Parisi chiarisce dunque di non avere il timore che i Popolari stiano fermi: ”noi e loro – spiega – siamo diversi e io ho richiamato l’ attenzione sulla natura diversa dei soggetti che hanno promosso questa iniziativa della Margherita”.


E ai delegati dei Democratici, Parisi lancia un messaggio: ”Non abbiamo scelta. Dobbiamo muoverci per l’ Ulivo tramite la Margherita. Per noi i problemi sono piu’ leggeri anche perche’ siamo facilitati dalla capacita’ di guida di Rutelli”.


Parisi sottolinea che ”questa assemblea chiude una fase perche’ l’ Asinello non puo’ restare a scalciare all’ infinito e ancor di piu’ nel piccolo cerchio all’ interno della Margherita.Siamo riusciti a evitare di diventare un partito – conclude – non diventeremo un partitino”.


“Dopo il 15 luglio inizia una nuova storia ed e’ per segnare l’ irreversibilita’ di tale passaggio che sento il bisogno di rimettere il mandato affidatomi 16 mesi fa a Venezia. L’ assunzione di responsabilita’ di Rutelli alla guida della Margherita e dell’ Ulivo ci consente di tornare in campo aperto. Vi chiedo di convocare una prossima riunione dell’assemblea regionale con all’ ordine del giorno le mie dimissioni e le decisioni da assumere dopo l’ assemblea costituente della Margherita”. (Ansa)


 


Rifiutiamo la categoria dell’egemonia


”Il leader della coalizione va scelto non a partire dagli uffici ricoperti in precedenza ma in base alla capacita’ di interpretare l’ unita’ dell’ Ulivo”.


 


”Rifiutiamo la categoria dell’egemonia perche’ bisogna puntare a scegliere le persone in relazione alla loro capacita’ di interpretare l’ unita’ della coalizione e farla crescere”: cosi’ Arturo Parisi, a margine dell’ assemblea dei Democratici, spiega un passaggio del suo intervento in cui si riferiva alle affermazioni di D’Alema sulla testa che deve avere l’ Ulivo.


”Il leader della coalizione – osserva Parisi – va scelto non a partire dagli uffici ricoperti in precedenza, o dal fatto che uno e’ espressione di una forza politica o dell’ altra, oppure che fa riferimento ad un’ internazionale piuttosto che ad un’altra. Ma va scelto in base alla capacita’ di interpretare l’unita’ dell’ Ulivo”.


Parisi giudica poi ”insoddisfacente” la teoria delle due gambe: ”E’ una visione statica – precisa – perche’ se si vuole proprio usare la metafora delle due gambe, e’ importante che siano gambe che camminano”. Secondo Parisi, ”quando le gambe camminano, una volta e’ prima una, una volta l’ altra e segnalano che la coalizione poggia su due punti e non su uno solo”. Parisi propende per una”visionedinamica:crediamo – spiega – che non sia di nessuna utilita’ ripartire il territorio per dire: ‘fino a qui tu, da qui in poi io’, perche’ la politica e’ il luogo del dinamismo, non delle spartizioni”.


Il leader dei Democratici fa anche riferimento agli interventi nel dibattito aperto nei Ds in vista del congresso:”Abbiamo sentito in tutti gli interventi un riferimento all’ Ulivo – osserva – che per noi e’ una grande soddisfazione perche’ questo un tempo era un fattore divisivo. E’ importante che nell’ Ulivo le diverse forze mantengano i contatti senza farsi imprigionare da ripartizioni di territori sociali, come riferimento al lavoro dipendente o autonomo. Si mette in moto un confronto che relativizza le categorie”.


Anche rispetto alla Margherita, Parisi sostiene che ”la categoria di centro o del centrismo in un sistema bipolare perde il suo significato, al massimo puo’ evocare il passato, me e’ un ingombro inutile.Anche in alcuni interventi dei Ds – prosegue – ho sentito rifiutare la definizione di sentirsi di sinistra e la rivendicazione di una qualifica che li identifica come centrosinistra, quella che noi ugualmente vorremmo attribuire a noi stessi”.


Il dato importante e’ la pluralita’ delle posizioni interne all’ Ulivo: ”Abbiamo visto Folena sostenere tesi diverse da Fassino – afferma Parisi – e Fassino tesi diverse da quelle di D’Alema. E’ doveroso riconoscere che c’ e’ un pluralismo crescente, cosa che una volta veniva considerata con fastidio. Quando espressi delle obiezioni a D’Alema, subito venni accusato di attaccare i Ds. Ma in un dibattito che si fa plurale, posso esprimere una distanza da un esponente, senza che percio’ venga coinvolto tutto il partito”.(Ansa).


L’Ulivo


Sconfitta ma non disfatta, una grande rimonta fondata sull’unità


La misura e la natura della nostra sconfitta ci consentono di proclamare Ad alta voce che l’Ulivo è stato sconfitto ma non disfatto. L’Ulivo non solo è stato ricostituito in questi 28 mesi ma esce rafforzato, più unito al suo interno e più esteso per quello che riguarda il rapporto con gli elettori. La prospettiva della disfatta era di origine interna, nella resa alla ineluttabilità della sconfitta. Perciò abbiamo fatto sentire la nostra voce contro chi parlava di “onorevole sconfitta”.


Per noi si batte con onore solo chi si batte per la vittoria, e oggi possiamo dire che grazie alla nostra azione e alla guida misurata e positiva di Francesco Rutelli ci siamo battuti per vincere. Se non abbiamo vinto, tuttavia siamo consapevoli che ci siamo andati vicini. Rispetto al 1996 siamo cresciuti per consensi, e nel maggioritario abbiamo ridotto a 400 mila unità un distacco che sembrava incolmabile.


Ma soprattutto ci sentiamo sconfitti ma non disfatti perché questa grande rimonta è fondata sull’unità. Al 35 per cento che è la somma dei partiti promotori, fa riscontro il 43.7 raccolto dall’Ulivo nel maggioritario, mentre la Casa delle Libertà ha tatto esattamente l’inverso perdendo strada facendo più do un milione e mezzo di voti.


E’ grazie a questa accresciuta forza e unità che noi abbiamo potuto riprendere il cammino subito, a due giorni dalle elezioni, dimostrando capacità e unità di iniziativa con la leadership riconosciuta di Francesco Rutelli, registrando la grande vittoria nei ballottaggi del 28 maggio, e promovendo l’assemblea ulivista del 2 giugno.


La Margherita


Un suo insuccesso avrebbe comportato la crisi e la fine dell’Ulivo


Il riconoscimento degli elettori ne ha fatto in molte regioni il riferimento primo. Quale sarebbe stato lo scenario se per caso non potessimo disporre di un dato di questo tipo? La crisi e la fine dell’Ulivo. Il destino dell’Ulivo era affidato ai dati del proporzionale, e il dato della Margherita fa piazza pulita di un dibattito che si era incartato in alternative che erano state eccessivamente stereotipate. L’Ulivo ne esce come una coalizione plurale e paritaria, in cui sono bandite propensioni all’egemonia e propensioni alla subalternità.


Interrogandoci sul dato elettorale della Margherita dobbiamo chiederci quale sia la linea interpretativa del responso degli elettori : c’e’ chi vorrebbe una lettura centrista, e chi la vorrebbe ulivista. Gli elementi e i dati della nostra analisi confermano come più plausibile la lettura ulivista, la percezione da parte degli elettori che Margherita e Ulivo erano uniti dalla stessa ispirazione, dallo stesso patto innovativo, nonché dallo stesso leader.


Tre dati in particolare confermano questa lettura. Innanzi tutto la provenienza dei voti, conquistati a tutto campo e non solo al centro. In secondo luogo le perdite, vale a dire i voti in uscita, sono state tanto maggiori quanto più si era lontani dal baricentro della Margherita. La perdita era inversamente correlata alla natura centrista della Margherita. Per quanto riguarda i Democratici, percentualmente tanto abbiamo preso e tanto abbiamo dato ai Ds, ma con un saldo per noi assolutamente positivo. E sul versante Di Pietro non abbiamo perso praticamente nulla. Infine, un dato geografico. Dal nord a scendere fino alla Sardegna, per ogni 100 voti raccolti nel complesso dai quattro partiti promotori nel 1999 ne sono stati presi 156.7. Al sud invece ci si è fermati al 72.1.


La dinamica che ha messo in moto il risultato porta tutto intero il nome di Francesco Rutelli. Ma porta anche il nostro contributo, la nostra battaglia perché la Margherita non fosse confondibile come alleanza centrista, la nostra costruzione di una prospettiva unitaria, la nostra ostinazione che ci portò a cercare a corda tesa di portare l’iniziativa sulle nostre posizioni, senza pregiudizi ma senza fare sconti.


Ora dobbiamo andare con rapidità a un passaggio che era stato considerato come eventuale, ma che dopo il voto è inevitabile. Su questo sfondo dobbiamo avviare una riflessione sulla natura della Margherita assieme agli altri. Va respinta la teoria delle due gambe, se esprime una concezione inevitabilmente affidata a uno schema statico guidato dalla preoccupazione di ceti politici do ripartirsi degli spazi. Noi dobbiamo puntare a una dinamica in cui le gambe siano in movimento, e in questo contesto noi Democratici abbiamo il compito di tenere aperta la frontiera.


Per quanto riguarda i riferimenti internazionali, noi vogliamo portare in Europa l’unità che costruiamo in Italia, e non importare in Italia le divisioni europee. La prossima scadenza elettorale, fra tre anni, sarà costituita dalle elezioni europee, e dovremo affrontare prima di allora con respiro questa tematica attraverso una riflessione politica e culturale.


Occorre creare un soggetto unito, forte e aperto, con la consapevolezza delle difficoltà che abbiamo di fronte, puntando a un ricambio generazionale e a mescolare le persone. Su questo i Democratici, con la loro storia di contaminazione tra gente con storie diverse, possono dare un grande contributo.


 


 


I Democratici


Raddoppiata l’incidenza della presenza nella coalizione


Dopo due anni in cui il nostro certificato di morte è stato stilato molte volte, un numero considerevole di esponenti dei Democratici, o da noi sostenuti, entrano in Parlamento nella prima consultazione elettorale generale dalla nostra nascita. Un terzo dei parlamentari della Margherita è espressione dei Democratici, raddoppiando l’incidenza della nostra presenza nella coalizione.


Se senza la Margherita l’Ulivo non sarebbe ripartito perché ridotto di fatto a una formazione monopartitica, senza la nostra presenza la Margherita sarebbe stata una variante del partito popolare. Certo, i popolari pur ampiamente ridimensionati restano quantitativamente la componente più numerosa. Ma senza i Democratici la Margherita non sarebbe stata in parlamento quella che è chiamata ad essere.


C’e’ stata, in precedenza, la durissima stagione delle candidature. In quel periodo abbiamo dovuto subire e infliggere delle prove che avremmo voluto evitare. Mi assumo in prima persona la responsabilità delle scelte. Per introdurre le primarie occorrono due condizioni, un soggetto il più unitario possibile, e una data certa delle elezioni, e in assenza dei presupposti e delle primarie è inevitabile una qualche manipolazione oligarchica e verticistica. Ma solo una cabina di regia centrale poteva riuscire a combinare la difesa dell’equilibrio coalizionale con le espressioni territoriali. Senza di quella avremmo avuto i popolari egemoni della vicenda successiva della Margherita.