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13 Ottobre 2004

5 anni dopo: quali erano i nostri obiettivi, quali sono i risultati ottenuti

Argomento:
Onorevoli parlamentari,

tra pochi giorni si concluderà un percorso che ci ha visto camminare insieme per cinque anni.
Cinque anni caratterizzati da forti cambiamenti politici e istituzionali e da grandi eventi accaduti in Europa e nel mondo.

Voglio ricordare la situazione dell’Unione Europea nel 1999.

In campo istituzionale, erano in molti a voler limitare la riforma ai cosiddetti “left-overs” di Amsterdam, proponendo un’agenda istituzionale molto limitata e non certo all’altezza delle nuove sfide che l’Unione aveva innanzi.

In un momento economico non favorevole, i timori, i dubbi, lo scetticismo sulla reale possibilità di introdurre fisicamente l’euro erano molto forti.

Altrettanto forti erano le incertezze sia su quando realizzare l’allargamento che sul numero dei paesi da coinvolgere nella prima fase. Molti spingevano per un allargamento limitato al massimo a 6 paesi, non vi era un orizzonte temporale definito né regole certe ed erano forti i timori della stampa e dell’opinione pubblica.

Ancora più forti, poi, erano i rischi che la situazione balcanica faceva pesare sul Continente in assenza di una chiara e convincente strategia europea in quella regione.

Infine, la Commissione era in crisi, scossa dagli eventi del 1998 e 1999.
La sua credibilità e la sua autorevolezza erano ridotte ai minimi termini ed era necessario rilanciare l’immagine dell’istituzione avviando un riforma seria e profonda della struttura amministrativa, trascurata per più di 20 anni.

Onorevoli parlamentari,

Posti di fronte a questa situazione noi abbiamo raccolto la sfida.

Insieme a voi, abbiamo proposto all’Europa un’agenda ambiziosa.

Il perno di questa agenda, l’elemento unificante che ha dato impulso e coerenza alla nostra azione è stato l’allargamento.

L’allargamento

L’unificazione continentale, attraverso l’allargamento a 10 nuovi paesi, un chiaro calendario agli altri paesi candidati e una concreta prospettiva di piena integrazione a tutti i paesi dei Balcani rappresentano il più grande contributo che l’Unione potesse dare alla stabilizzazione e alla crescita politica, economica e culturale dell’intero continente europeo.

Per vincere la sfida dell’allargamento, dovevamo trovare un giusto equilibrio: non potevamo andare troppo lentamente, rischiando di perdere la spinta verso l’Europa che era molto forte nei paesi candidati; ma non potevamo neppure andare troppo forte, senza assicurarci il consenso dei cittadini dell’Unione.
Abbiamo accompagnato e sostenuto con forza i processi di riforma in corso nell’Europa centrale e orientale e, allo stesso tempo, ci siamo fatti carico delle preoccupazioni espresse dagli europei, legate ai costi dell’allargamento, ai movimenti delle popolazioni, ai rischi ambientali, alla sicurezza nucleare, alla corruzione.

L’adesione dell’opinione pubblica dei nuovi paesi membri è stata entusiastica, come indicato dai successi dei vari referendum.

Abbiamo dimostrato che il negoziato e il dialogo, anche se a volte difficili, complicati e dettagliati, sono l’unico modo democratico di esportare la democrazia e la stabilità.

Allo stesso tempo, l’ambizione di un allargamento che rispondesse alla domanda di libertà, di sicurezza e di democrazia di una metà del nostro continente imponeva di affrontare con altrettanta ambizione il tema della revisione del nostro assetto istituzionale.

La riforma istituzionale

Per questo, dapprima isolati, poi sorretti da un consenso continuamente crescente, abbiamo spinto per una riforma all’altezza dei bisogni di governo di un’Europa a 25 e più stati membri.

Durante questi cinque anni, abbiamo così vissuto un negoziato istituzionale permanente: attuazione del trattato d’Amsterdam, conferenza di Nizza, primo No irlandese al nuovo trattato, Convenzione europea, trattato Costituzionale.

Grazie agli sforzi congiunti del Parlamento e della Commissione, il metodo della Convenzione si è finalmente affermato come una realtà, che apporta più democrazia e più trasparenza in Europa.

Eppure, lo scetticismo attorno a questa proposta, che ho difeso sin dalla notte di Nizza, era molto forte.

Mai come in questo periodo, infatti, si sono scontrate due visioni dell’Europa: un’Europa più forte, politica, all’altezza delle sfide globali che abbiamo innanzi; un’altra più debole, intesa come semplice spazio di prosperità, di stabilità e di regolamentazione e non come vero soggetto politico.

Del resto, l’Europa è molto cambiata rispetto agli anni 80 e 90 e sono molto cambiati anche gli atteggiamenti e le politiche dei vari governi rispetto all’Europa.

In questi anni, le alleanze tra governi sono state molto spesso ad hoc, pragmatiche, legate a proposte specifiche o alla congiuntura politica interna ed internazionale né vi sono stati gruppi di paesi che hanno coerentemente spinto per una maggiore integrazione.

Da parte nostra, abbiamo sempre lottato per rendere la nostra Unione più forte, più democratica e più efficace.

Abbiamo presentato proposte molto innovative (si pensi ad esempio al ministro degli affari esteri dell’Unione) sia alla Convezione europea sia alla conferenza intergovernativa che è seguita.
Siamo ora arrivati alla fine dell’opera.
Tra pochi giorni, a Roma, verrà firmato un trattato Costituzionale che rappresenta senza dubbio la realizzazione di un grande evento per l’Europa, portando più democrazia, più semplicità e più trasparenza anche se presenta altri aspetti meno soddisfacenti (si pensi ad esempio ai casi in cui rimane il voto all’unanimità).
Ed è un’opera alla quale noi e voi, onorevoli parlamentari, abbiamo apportato un contributo fondamentale.

Onorevoli parlamentari,

vi ho parlato di allargamento, di riforma istituzionale, di politica per la crescita e per la pace : niente di tutto questo sarebbe stato possibile se, mentre procedevamo su tutti questi campi, non avessimo ridato ordine, forza, prestigio e orgoglio alla nostra istituzione, alla Commissione Europea.

La riforma della Commissione

Nessun cambiamento politico, infatti, è possibile senza un’approfondita riforma delle strutture e degli apparati amministrativi.
In vari settori, come ad esempio il controllo finanziario decentrato o i programmi di aiuto esterno, sono già tangibili i primi effetti positivi.
Ma la riforma conteneva soprattutto forti messaggi politici e mirava a far recuperare legittimità, indipendenza ed efficienza alla Commissione. Basti citare l’esempio del sistema di rotazione dei direttori generali, dopo che per lunghi anni alcune direzioni generali venivano regolarmente affidate a funzionari della stessa nazionalità, le regole di nazionalità relative ai Commissari e ai loro gabinetti o, infine, la decisione di portare i commissari fisicamente vicini ai servizi da loro dipendenti.

Più di ogni altro, c’è, pero’, un elemento che ha caratterizzato la mia Commissione e del quale sono particolarmente fiero : la Collegialità.

Ho potuto contare su una squadra coesa, altamente professionale, che ha lavorato in grande armonia.
Oggi, alcuni membri di questa Commissione occupano già posti di grande rilievo nei governi e nei parlamenti nazionali; e nella Commissione del mio successore, il presidente Barroso, al quale vanno i miei sinceri auguri di buon lavoro, altrettanti numerosi le donne e gli uomini con esperienza di governo al più alto livello.

Mi sembrano anche questi segni concreti, forti, del rilancio e della crescita dell’istituzione che ho avuto l’onore di presiedere per più di cinque anni.

L’Europa nel Mondo

Onorevoli parlamentari,

il processo di unificazione continentale rappresenta una grande occasione per estendere la stabilità e la prosperità dell’Unione in tutta la regione che la circonda.

Per questo, noi non ci siamo limitati a spostare la divisione, il “Muro”, qualche centinaio di chilometri più a Est o a Sud.

Per anni si è parlato delle frontiere dell’Europa, senza che nessuna proposta specifica, operativa, venisse avanzata.

Noi abbiamo proposto una nuova visione delle frontiere dell’Unione, attraverso la politica di vicinato, volta a realizzare una vera e propria relazione speciale con tutto l’arco di paesi che va dalla Russia al Marocco. La stessa Costituzione europea prende atto della necessità, da noi segnalata con forza, di stabilire un rapporto nuovo tra l’Unione e il suo ambiente circostante.

In un periodo in cui tutti parlano di “scontro di civiltà” – mentre sono convinto che si tratti soprattutto di uno “scontro tra ignoranze” – abbiamo dato anche un forte impulso a favore del dialogo interculturale e della conoscenza reciproca, in particolare nell’area euromediterranea.

A proposito del Mediterraneo, ricordo bene le critiche feroci che mi furono indirizzate al momento della mia apertura alla Libia del Colonnello Gheddafi. Due giorni dopo la revoca delle sanzioni contro la Libia, quei momenti sembrano veramente molto lontani. Eppure, si tratta solo di 4 anni di lavoro discreto, costante e intenso, che ha permesso di avviare dei cambiamenti importanti in quel paese ed ha aperto la via alla sua riammissione nella Comunità internazionale.

Abbiamo poi compiuto una scelta molto chiara a favore del multilateralismo.
Più governance mondiale e regionale, un partenariato più stretto con le Nazioni Unite e meno disparità tra Nord e Sud sono stati gli obiettivi che hanno ispirato la nostra azione.
Non abbiamo semplicemente “parlato” di multilateralismo: lo abbiamo messo al servizio dei nostri obiettivi e delle nostre scelte politiche.

Cito solo alcuni esempi:

– abbiamo unito l’obiettivo della liberalizzazione degli scambi alla necessità di tenere in maggior considerazione le legittime richieste avanzate dalla società civile e dai paesi in via di sviluppo;
– abbiamo svolto un ruolo centrale nell’allargamento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, per favorire una più efficace governance mondiale;
– abbiamo orientato i nostri programmi di cooperazione e sviluppo e umanitari soprattutto sulla riduzione della povertà;
– abbiamo rafforzato i legami con altre regioni del mondo, come l’America latina o l’Asia ed ispirato nuovo processi d’integrazione regionale, come la creazione dell’Unione africana.
– ed abbiamo apportato un contributo concreto ad una più forte relazione transatlantica.

Dopo la guerra in Irak, infatti, furono in molti ad affermare che il divario tra i due continenti era ormai incolmabile.
Non ho mai creduto a tale tesi, convinto che nei settori in cui l’Europa esiste veramente, in cui non è paralizzata dal veto nazionale, si possano raggiungere risultati importanti assieme a Washington.
Abbiamo quindi lavorato duramente, e con efficacia, con i partner americani su questioni concrete di grande importanza, sia nel settore della sicurezza e della lotta contro il terrorismo che in alcune aree del mondo, come ad esempio i Balcani.
L’ho detto e lo ripeto.
In questo mondo difficile, spesso tragico, l’Europa è stata capace, è stata l’unica capace di esportare democrazia.

L’euro e la nuova agenda economica e sociale

In campo economico, l’euro è stato senza dubbio il protagonista del nostro mandato.
L’euro doveva essere sin dall’inizio la pietra angolare della nuova Europa.
Per questo, abbiamo sin dall’inizio interpretato l’euro come un grande progetto politico e non solo economico, un progetto di responsabili politici e non solo di banchieri centrali.
Un progetto che ha bisogno di visione, di autorità e di coordinamento
Per tutta la durata del mandato, abbiamo insistito sulla necessità di rafforzare la governance economica, poiché é ancora troppo alto il costo della non Europa in questo campo.
A tal fine, abbiamo formulato varie proposte per adattare il Patto di Stabilità e di crescita alle nuove esigenze e alla nuova realtà economica europea, aprendo finalmente un dibattito invocato da più parti ma che nessuno aveva il coraggio di lanciare.
Vi confesso di avere sorriso quando, dopo tante critiche sulla mia posizione, un noto quotidiano francese ha scritto che, con le sue recenti proposte, la Commissione rendeva il patto più “intelligente”…

Abbiamo poi apportato, con costanza, il nostro contributo alla Strategia di Lisbona e presentato le varie proposte necessarie per raggiungere l’obiettivo di fare dell’Unione l’economia più competitiva e dinamica al mondo entro il 2010.

Pensate, per citare solo alcuni esempi, allo spazio europeo della ricerca, all’accento messo sull’innovazione delle imprese e sulla società dell’informazione, ai nuovi programmi per l’istruzione e la formazione durante tutto l’arco della vita, all’apertura delle nostre università al mondo.

La stessa riforma della politica della concorrenza rappresenta uno dei nostri contributi più significativi in favore di una più forte competitività.

In campo sociale, la “agenda per la politica sociale” ha costituito il quadro di riferimento per tutta una serie di interventi nel campo dell’occupazione, della protezione sociale, della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, delle pari opportunità e per l’inclusione sociale.

E come non ricordare l’ampio dibattito e il nuovo approccio che abbiamo proposto in materia di servizi d’interesse generale, per dare un contenuto concreto ad una certa idea di cittadinanza europea e per meglio tutelare le prerogative degli utenti?
In questo campo, tuttavia, molti obiettivi sono stati mancati.

Soprattutto, non abbiamo raggiunto quegli obiettivi per i quali non si poteva ricorrere al metodo comunitario e che erano vincolati dal voto all’unanimità.
L’esempio delle difficoltà incontrate nel caso del brevetto comunitario, ripetutamente bloccato per ragioni linguistiche, é forse uno dei più eloquenti.
Se gli Stati membri non cambiano i propri comportamenti, la stessa strategia di Lisbona è a rischio.

Una migliore qualità della vita per tutti

Sono numerosissimi, poi, i risultati ottenuti e le proposte presentate per realizzare lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, per migliorare la protezione dell’ambiente, per i settori energetico e dei trasporti e per rafforzare la tutela della salute e la protezione dei consumatori.

Pensate all’attuazione dell’agenda di Tampere e allo sforzo compiuto per rispondere alle nuove sfide del terrorismo internazionale dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.

Pensate alla strategia di sviluppo sostenibile di Göteborg, al summit di Johannesburg e all’azione europea in favore del protocollo di Kyoto. In tali settori, abbiamo assunto veramente la leadership mondiale, dimostrando in modo concreto o il valore aggiunto dell’azione europea in un contesto multilaterale. Le recenti evoluzioni positive di Mosca proprio sul Protocollo di Kyoto dimostrano l’influenza che l’Europa puo’ esercitare se agisce unita e sulla base di un progetto coerente.

Abbiamo combinato scelte strategiche di grandissima importanza per il futuro dell’Unione ­ come il sistema europeo di navigazione satellitare Galileo o la strategia globale per il “cielo unico europeo” ­ a pronte reazioni a situazione di necessità, come i naufragi dell’”Erika”, nel 1999 e del “Prestige”, nel 2002.

All’inizio del nostro mandato, vi era un altro settore in cui era fondamentale ristabilire la fiducia dei consumatori, dopo la crisi della “mucca pazza”: il settore alimentare.
La strategia integrata “dalla fattoria alla tavola”, accompagnata da strumenti come l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, sono state le nostre risposte.
Anche riforma della politica agricola comune è volta a rispondere alle nuove sfide, interne e mondiali, mirando ad una strategia più sostenibile e più attenta allo sviluppo rurale. E lo stesso va detto per la riforma che abbiamo voluto nel settore della pesca.
La preparazione del futuro: le nuove prospettive finanziarie 2007 – 2013

Infine, abbiamo presentato il nostro progetto politico, la nostra visione, per l’Unione del dopo-allargamento, con le nostre proposte per le nuove prospettive finanziarie.

Un progetto politico volto a realizzare concretamente una vera cittadinanza europea, per un’Unione con dimensioni ormai continentali, che deve farsi carico di nuove responsabilità nei confronti dei suoi cittadini, e assumere le proprie responsabilità sulla scena internazionale.

Perché anche questa è stata la nostra ambizione: fare dell’Europa un protagonista sulla scena mondiale, permettere all’Europa di far sentire la propria voce e di agire in favore di un mondo di pace, di sicurezza, di sviluppo equilibrato.

La Commissione e il Parlamento

Onorevoli parlamentari,

per concludere vorrei parlare di un’altra questione che, credo, debba essere messa sul conto dell’attivo di questa Commissione e del Parlamento europeo. Essa riguarda la stipula di un accordo quadro fra le due Istituzioni per l’intera durata della legislatura.
Il nostro accordo ha valorizzato le iniziative condivise (penso, per esempio, alla pratica di comunicare in priorità e solennemente al Parlamento europeo le grandi iniziative della Commissione) e ci ha permesso di trattare i conflitti sulla base del loro merito e non sulla base di procedure non condivise.
Questa situazione, nuova rispetto alle relazioni passate fra le due Istituzioni, è un accordo che ha rafforzato il legame politico fra la Commissione e la base della sua legittimità democratica che risiede in grande misura nel Parlamento europeo. Si tratta di un progresso democratico innegabile al quale tengo molto.

Vorrei infine rilevare la grande intesa fra il Parlamento europeo e la Commissione in materia legislativa. Le situazioni di conflitto si possono contare sulle dita di una sola mano. Ce ne dobbiamo rallegrare; è uno dei grandi meriti della procedura di codecisione e delle correttezze con cui le tre istituzioni coinvolte l’hanno gestite.

Sono molto soddisfatto dello sviluppo dei rapporti fra Commissione e Parlamento e spero, e credo che questi potranno proseguire nel futuro.

Se sarà così, vorrà dire che la Commissione uscente non ha solo sviluppato il rapporto col Parlamento europeo, ma ha anche posto le premesse per un rafforzamento ulteriore della democrazia in Europa.

Sono infatti fermamente convinto della necessità di avere ancora più Europa e ancora più “Unione” in Europa.

Dobbiamo aderire pienamente al progetto politico europeo e portarlo avanti con forza, convinzione e coraggio.

Noi lo abbiamo fatto in questi anni.

Grazie.